Grazie a Las Vegas Edizioni, ho potuto leggere questo libro così particolare e coinvolgente, che mi ha lasciato molto più di quello che mi aspettavo.
Onda lunga è una storia che spiazza sin dalle prime pagine, con protagonista una balena, Blues, dotata di coscienza, parola e una straordinaria lucidità emotiva. Attraverso il suo sguardo insolito, Mariano Rose costruisce un racconto che esplora la fragilità dell’esistenza, la solitudine, le emozioni e l’importanza delle scelte individuali.
La struttura del romanzo, basata su flashback e interrogatori, mette in evidenza come ogni fase della vita di Blues – infanzia, adolescenza ed età adulta – influisca sulle sue emozioni e sulle sue scelte. L’infanzia sotto osservazione scientifica, l’adolescenza segnata da tradimenti e limiti imposti da altri, l’età adulta con responsabilità globali sono strumenti narrativi che approfondiscono la riflessione filosofica e morale del romanzo.
Sin dall’inizio, la voce di Blues ha il tono di chi ha visto troppo: “Viaggiai a ritroso fino alla mia nascita, al giorno in cui realizzai la mia coscienza, quando decisi di farla finita perché sopraffatto dalla realtà, dai pensieri, dalla confusione che la vita genera.”
L’incipit chiarisce immediatamente come il romanzo non sia una semplice favola ecologista, ma una riflessione sull’identità e sulla responsabilità derivante dalla consapevolezza.
Le emozioni occupano un ruolo centrale nella narrazione, e il romanzo riesce a farle percepire con un’intensità rara. Blues non è solo un osservatore del mondo, ma un essere che sente, soffre e si innamora.
“Non bastavano i pensieri frenetici che mi vorticavano in testa, ora avevo a che fare anche con emozioni… complesse. Qualcosa di nuovo e terrificante.”
Attraverso questo passaggio, Mariano Rose riesce a rendere l’esperienza interiore del protagonista umana e destabilizzante, anche se il personaggio è una balena. Le emozioni diventano, così, un ponte tra lettore e protagonista, permettendo di comprendere la solitudine, il dolore e la meraviglia di Blues.
L’amore di Blues per Carla affonda le sue radici proprio negli anni trascorsi al Centro S.T. Bernard, una baita trasformata in polo scientifico dove la balena arrivò subito dopo la sua “nascita” coscienziale. Da quel momento, il dolore fu il suo primo e costante compagno: capire di essere diverso, di sentire e pensare come un umano, era per lui un’esperienza lacerante. Carla era una delle ricercatrici incaricate di seguirne il caso, perché la notizia aveva già fatto il giro del mondo: una balena aveva parlato. Eppure, dopo quelle prime parole, Blues scelse il silenzio.
Al centro, per anni, gli scienziati cercarono di comprendere se avesse davvero capacità linguistiche e di apprendimento. C’era chi gli insegnava musica, chi gli mostrava film, chi discuteva con lui di filosofia: nel frattempo Blues assorbiva tutto, in silenzio, senza concedere una sola sillaba. Fino al giorno in cui, ascoltando Muddy Waters e John Lee Hooker, pronunciò le prime parole dopo anni: “Blues”. Voleva semplicemente continuare ad ascoltare il blues, dopo che una delle sue “lezioni” musicali era stata interrotta. Non chiedeva un nome, ma un genere musicale. Da lì nacque il suo nome, e da quel momento si consolidò anche il legame con Carla, che non lo aveva mai considerato un esperimento, ma un essere vivente in cerca di un modo per sopravvivere al proprio dolore.
Il suo amore per lei crebbe lentamente, in modo silenzioso: accanto a Carla si sentiva capito, al sicuro. Un’umana aveva la capacità di scatenare in lui un fremito mai provato prima. Le sue emozioni divampavano, nonostante fosse consapevole dell’impossibilità del loro rapporto: oltre a essere un essere umana, Carla era sposata con Eugene, un altro dei ricercatori. Tra controversie, segreti e screzi, il legame con lei finirà per incrinarsi, fino a trascinarlo allo sbaraglio: una vita fatta di distrazioni, alcol e droghe, nel tentativo di anestetizzarsi dal dolore continuo, che non gli dava pace.
Uno dei messaggi chiave del romanzo riguarda l’importanza delle scelte. Blues, ultimo esemplare della sua specie in un mondo devastato dalla guerra, deve confrontarsi con la sua esistenza e con il desiderio di porvi fine. La narrazione esplora come le decisioni possano cambiare il corso della vita, portando a consapevolezza, crescita o distruzione.
All’inizio del romanzo Blues si chiede: “[…]perché sono vivo? Era l’unico interrogativo che prendeva forma dal dolore che avevo dentro. Oh, sapevo perfettamente cosa mi avesse reso vivo e cosciente, qual che mi chiedevo era perché.”
Nonostante i temi drammatici, Mariano Rose utilizza l’ironia come strumento di coinvolgimento. Permette di alleggerire momenti intensi e di invitare il lettore a riflettere su scelte individuali e collettive in un mondo complesso.
Passaggi come la storia del “Black Ink” o le missioni diplomatiche di Blues combinano leggerezza e critica sociale, mostrando la capacità dell’autore di rendere accessibili anche concetti complessi senza banalizzarli:
“Black Ink, signori, inchiostro nero. Liquami tossici scaricati in mare… sostanze tossiche che per qualche scherzo della natura mi incontrano e mi donano il raziocinio… Nessun miracolo, nessuna divinità incarnata. Solo una delle più trite e ritrite backstory da supereroe.”
Il finale è potente e doloroso. L’epilogo drammatico rafforza il tema della responsabilità e del valore delle scelte, mostrando quanto l’esistenza di un singolo possa influire sul mondo, e quanto sia fragile la vita quando gli esseri umani e la natura sono in conflitto.
Onda lunga riesce a parlare di noi attraverso ciò che umano non è. È un romanzo che combina emozioni profonde, riflessioni sulle scelte, ironia e critica sociale, creando un’esperienza di lettura coinvolgente e significativa per adulti e giovani adulti.

Mathilde Modica Ragusa
Nata nel 2003 a Modica, cresce lontana dagli stereotipi (mare incluso). A Parma studia Scienze Gastronomiche e riscopre sé stessa: non tra i fornelli, ma tra parole e sapori. Scrivere di cibo – storie, cultura, curiosità – è il suo modo per farlo vivere a 360°. La chiamano Math, legge più di quanto cucini (anche se ama farlo) e combatte i luoghi comuni a colpi di penna. La felicità per lei? Cose buone, da mangiare o da raccontare.


