Silenzi e parole in un bar qualunque
Cos’è il Third Place?
Gran parte del nostro tempo si divide tra casa e lavoro, ed è per questo che nasce il bisogno di un altrove: un luogo in cui evadere, staccare dalla routine. È proprio qui che entra in gioco il concetto di Third Place: uno spazio sociale informale dove le persone possono incontrarsi, riconoscersi e costruire comunità.Durante il periodo del Covid, il concetto di “terzo spazio” ha acquisito ancora più rilevanza. Le case si sono trasformate in uffici, scuole e rifugi per le famiglie. In quel momento, è emersa con forza la necessità di trovare un luogo esterno, neutro, in cui sfuggire alla routine quotidiana e ristabilire una dimensione sociale1. Con la fine del lockdown, le persone ricominciarono a uscire normalmente, ma non con la stessa frequenza o con lo stesso obiettivo: si voleva ridurre lo stress accumulato durante la pandemia2. A questa richiesta rispondono vari luoghi, tra cui uno dei più “banali” a cui voi possiate pensare: il bar.
Cosa si intende per Bar?
Per comprendere l’essenza del bar moderno, bisogna prima fare un viaggio nel tempo, passando dall’antico Egitto, dove le “tavernette” erano spazi di incontro per discutere e bere; nell’antica Grecia, l’agorà ospitava taverne dove si consumava vino mentre si discuteva di politica e idee; nell’antica Roma, le tabernae erano botteghe-osterie dotate di banconi, dove si servivano vino e cibo, veri precursori dei bar.3 Nel Medioevo europeo, locande, osterie e alehouses inglesi si diffusero lungo le vie di pellegrinaggio e commercio, divenendo centri di socialità e scambio. Tra il XVI e il XVIII secolo, il caffè importato dal Medio Oriente raggiunse l’Europa: in luoghi come Vienna, Il Cairo e Istanbul sorsero le prime caffetterie, trasformando il bere in un rituale culturale. Questi spazi, poi replicatisi in città come Venezia – celebre per il Caffè Florian – diventarono centri di fermento intellettuale e sociale.4 Il Caffè Florian a Venezia “è il più antico Caffè nella storia ad aver mantenuto le sue caratteristiche, attraversando più di tre secoli!” .
Fu fondato da Floriano Francesconi nel 1720 e per secoli ha accolto un clientela variegata – offrendole una vera e propria esperienza ricca di storia. Il concetto di “bar” ruota attorno al bancone, non al locale intero: inizialmente si faceva riferimento alla “barriera” – la sbarra fisica che separava il cliente dal servizio – e, secondo alcune teorie alternative, nel 1898 a Firenze si inaugurò il primo locale chiamato BAR, acronimo di Banco A Ristoro, aperto da Alessandro Manaresi.Da quella svolta, il bar cessò di essere esclusivo e si trasformò in un luogo di incontro quotidiano, accessibile a tutte le classi sociali.5

Nel corso del XX secolo, il bar si inserì in modo stabile nel tessuto urbano italiano: diventò scenario della colazione, della pausa caffè, dell’aperitivo e dell’happy hour – quest’ultimo introdotto in Italia negli anni ’90, su modello anglosassone ma adattato con buffet illimitati durante una fascia oraria predestinata. In parallelo, nascono nuove formule di consumo come l’american bar – un locale dedicato a cocktail, spesso in hotel, con bancone circolare e personale altamente specializzato, che si diffuse in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale.6 Oggi, il bar assume molteplici funzioni: è rituale, socialità, consumo e comunità. In un’epoca frammentata, resta un punto saldo: il bancone non è solo un mobile, è una “sbarra” simbolica attorno a cui si riconosce un vero e proprio stile di vita. Perciò, il bar non ha un’importanza solo per la sua storia, ma anche per il suo ruolo nella comunità collettiva.
Perché ci sono persone che passano intere giornate al bar? Cosa fanno? Cosa dicono? Per loro, cosa rappresenta questo luogo apparentemente semplice e scontato?
Le domande a questi interrogativi rappresentano l’emblema di questa realtà, ma anche la sua essenza.

Come vive il bar chi ci lavora?
Valentina è una ragazza giovane, che studia all’università. Da tre anni – nella stagione estiva – lavora nel bar della sua piccola città, Tizzano Val di Parma.
La scelta di questa intervista è stata dettata dalla voglia di raccontare l’intimità di una realtà quotidiana, dove tutti si conoscono e i clienti sono quasi sempre gli stessi. In questo contesto familiare si rivela, in modo autentico, il vero significato del Third Place.
Per chi ci lavora, il bar ha una duplice faccia: positiva e negativa. Da un lato, si instaurano rapporti che ti fanno sentire parte di una seconda famiglia. Valentina racconta: “I clienti vengono al bar per parlare con te, per esprimersi, per raccontare le loro storie. Tu ascolti ed entri a far parte di un gruppo famigliare.”
La clientela gioca un ruolo fondamentale nel rendere un luogo di lavoro più o meno piacevole.
In questo contesto, gli anziani del paese rappresentano i principali clienti abituali: sono una decina e, intorno alle 17, si ritrovano per giocare a briscola e raccontare storie. È una vera e propria routine.
Quando percepiscono l’interesse del barista nell’ascoltarli, i clienti mostrano il loro lato più umano: offrono da bere, fanno complimenti, scambiano sorrisi.
Questa situazione quasi fiabesca convive, però, con un lato più problematico: ci sono clienti che chiedono da bere senza riuscire a imporsi un limite. Alla domanda “Ci sono state delle volte in cui vi siete trovati a dover affrontare situazioni spiacevoli?”, Valentina risponde: “È capitato di dover allontanare clienti perché non volevano andarsene e non accettavano il fatto che non volevamo più dargli da bere. Sicuramente non una scena piacevole.”
Nonostante queste difficoltà, il bar resta un punto di riferimento importante per molte persone, specialmente per una categoria ben precisa di frequentatori.
I clienti che frequentano più assiduamente il bar sono spesso pensionati, che vivono da soli o con la moglie. Quello che li accomuna è il desiderio di leggerezza e compagnia, per spezzare la monotonia delle loro giornate. Si annoiano, non sanno come occupare il tempo, e trovano nel bar – e nel personale che ci lavora – una forma di distrazione. Nascono amicizie, si cerca un’atmosfera che spesso manca tra le mura domestiche: vogliono chiacchierare, ridere, scherzare, trovare qualcuno disposto ad ascoltarli.
Il Third Place è più di un luogo fisico: è una possibilità. È quello spazio sospeso tra dovere e intimità, tra casa e lavoro, dove possiamo ritrovare una parte di noi stessi che altrove resta silenziosa. In posti come un bar di paese, fatti di gesti semplici e presenze costanti, si costruiscono relazioni che danno senso al tempo che scorre. In un’epoca “accelerata”, il valore di questi spazi risiede proprio nella loro calma, nella loro umanità.
Note
- Withers World Wide, “The rise of the third space: post-pandemic, flexibility is key to the future of real estate.”24 November 2020 | Applicable law: Singapore
- 5 th International Conference of Contemporary Affairs in Architecture and Urbanism (ICCAUA-2022) 11-13 May 2022. “New Normal Third Places After COVID-19 Pandemic”.
- Barist, Tim Dam-Richards. “Giornata Mondiale del barista- origini dei baristi.” 24/02/2023
- Gambero Rosso, “Vienna, Venezia e il proibizionismo: come nasce il bar e perché si chiama così.” Michela Becchi, 05/11/2024.
- Federazione Italiana Barman, “L’origine della parola Bar.” Febbraio 2016.
- Speziology,Terry Monroe. “Breve storia del bar in Italia.” 08/04/2019.
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