Il 29 giugno 2024 ricorre il ventunesimo anniversario della scomparsa di Katharine Hepburn, un’occasione per riflettere sulla straordinaria evoluzione della sua carriera.
Negli anni ’30, Hepburn era una figura temuta dai produttori di Hollywood. Nonostante il talento indiscusso e una presenza scenica unica, veniva considerata “veleno al box office”1 a causa di una serie di film che non avevano ottenuto il successo commerciale sperato. Tuttavia, il tempo e le decisioni lavorative da lei prese hanno ribaltato questa percezione, consacrandola come una delle attrici più prestigiose nella storia del cinema.
Katharine Hepburn debuttò nelle sale con A Bill of Divorcement (1932), diretto da George Cukor, ricevendo recensioni positive e attirando l’attenzione degli addetti ai lavori. Nonostante il promettente inizio e il premio Oscar vinto nel 1934 per Morning Glory, Hepburn faticò a conquistare il pubblico. Film come Sylvia Scarlett (1935) non riuscirono a incassare quanto sperato, alimentando la sua reputazione di attrice poco redditizia. La situazione peggiorò con Bringing Up Baby (1938) e Holiday (1938), entrambi oggi considerati classici, ma che all’epoca furono dei flop al botteghino.
Il 1938 fu anche l’anno nel quale la carriera di Katharine Hepburn subì una svolta significativa, segnata da un cambio artistico che la fece passare dal cinema al teatro, un cambiamento che avrebbe contribuito a ridefinire la sua immagine pubblica e artistica.
Dopo che l’Independent Theater Owners Association pubblicò un’inserzione pubblicitaria sull’Hollywood Reporter, riferendosi a molte attrici del tempo (tra cui Hepburn) con la frase “poison at the box office”2, Katharine decise di tornare alle sue radici teatrali, cercando nel palcoscenico quella legittimazione artistica che Hollywood sembrava negarle. Fu in questo periodo che accettò il ruolo di Tracy Lord nella commedia di Philip Barry, The Philadelphia Story. Questa scelta si rivelò cruciale: la rappresentazione teatrale fu un successo strepitoso e le permise di dimostrare le sue straordinarie capacità recitative, lontano dalle convenzioni e dai limiti imposti dalle produzioni cinematografiche dell’epoca3.
Negli anni Trenta, infatti, il mondo del cinema era dominato dal sistema degli Studios, una struttura rigida che spesso limitava la creatività e l’individualità degli attori; veniva esercitato un controllo capillare sulle carriere di essi, imponendo contratti lunghi e stringenti, scegliendo i ruoli e modellando le immagini pubbliche in base a strategie di marketing e alle aspettative del pubblico. Katharine Hepburn, con il suo spirito indipendente e la sua personalità forte, spesso si trovò in conflitto con queste dinamiche4: i ruoli che le venivano offerti erano spesso stereotipati, confinati a tipologie ben precise che non le permettevano di esprimere appieno la sua versatilità e profondità artistica.
Il teatro le offrì una nuova dimensione per esprimere il suo talento eclettico, evidenziando la capacità di Hepburn di passare con agilità da ruoli comici a quelli drammatici e consolidando così la sua reputazione di attrice completa. Questo periodo le consentì di rigenerarsi artisticamente e di riconquistare la fiducia del pubblico e dei critici. Il trionfo teatrale di The Philadelphia Story non solo risollevò la sua carriera, ma le diede anche l’opportunità di acquisire i diritti cinematografici dell’opera, garantendosi così un ritorno trionfale sul grande schermo. Il film, che uscì nel 1940, fu un successo clamoroso e segnò l’inizio di una nuova era per Hepburn, che da quel momento in poi sarebbe stata riconosciuta come una delle attrici più talentuose e influenti del cinema.
È bene specificare che Katharine Hepburn, a differenza di molte sue colleghe, ebbe la possibilità di abbandonare temporaneamente il cinema per dedicarsi al teatro grazie alle sue radici: figlia di una una famiglia benestante5, cresciuta in un ambiente privilegiato, con un’educazione eccellente e il supporto di genitori progressisti e influenti, Hepburn non dovette affrontare le stesse pressioni finanziarie che spesso costringevano altre attrici a conformarsi alle richieste degli studios di Hollywood.
Il mondo del teatro le consentì di fare ritorno in quello del cinema a testa alta, salvando la sua carriera di attrice e il suo rapporto con il pubblico. Ciò non toglie che alcuni dei suoi primi film, all’epoca della loro uscita considerati dei veri e propri flop, con il passare degli anni sono stati rivalutati e oggi sono classici del cinema. Come è avvenuto, allora, questo cambiamento?
Io credo che la rivalutazione sia dovuta a diversi fattori che vanno dalla qualità intrinseca delle opere alla loro capacità di affrontare temi universali e duraturi.
Uno dei motivi principali per cui questi film sono diventati dei classici è la straordinaria qualità delle interpretazioni di Hepburn. La sua presenza scenica, la sua intelligenza e la sua versatilità nel passare da ruoli comici a drammatici hanno reso queste pellicole intramontabili.
Un esempio lampante è Bringing Up Baby, diretto da Howard Hawks e interpretato da Katharine Hepburn e Cary Grant. Al botteghino non ebbe successo, anzi, fu accolto tiepidamente sia dal pubblico che dalla critica.
L’iniziale insuccesso fu dovuto al suo approccio innovativo alla commedia. Bringing Up Baby è un esempio di screwball comedy, un sottogenere della commedia che si caratterizza per dialoghi rapidi, situazioni assurde e dinamiche di genere sovversive. Il pubblico del 1938 non era abituato a questo tipo di umorismo sofisticato e spesso caotico, e quindi non apprezzò pienamente la brillantezza della sceneggiatura e della regia, considerata disordinata e confusionaria. Inoltre, il personaggio interpretato da Hepburn, Susan Vance, era una donna forte, indipendente e intraprendente, caratteristiche che non corrispondevano all’immagine femminile tradizionale del periodo.
Con il tempo, tuttavia, Bringing Up Baby è stato rivalutato per diverse ragioni. Innanzitutto, la chimica tra Hepburn e Grant è stata riconosciuta come una delle più dinamiche e divertenti della storia del cinema; la loro interazione sullo schermo è frizzante e piena di energia, con dialoghi brillanti e tempistiche comiche perfette. Hepburn, in particolare, ha dimostrato una notevole abilità comica, rompendo il suo stereotipo di attrice drammatica e mostrando una versatilità che ha affascinato generazioni successive di spettatori e critici.
La regia di Howard Hawks è stata anch’essa rivalutata come un capolavoro di gestione del caos controllato. Hawks riuscì a bilanciare perfettamente il ritmo frenetico della commedia con momenti di sincera emozione, creando un film che, seppur caotico, ha una coerenza interna e una logica propria. Questo stile di regia ha influenzato molte commedie successive6, dimostrando l’innovatività del film.
I temi trattati nei primi film di Katharine Hepburn spesso precedevano i tempi. Le storie che esploravano l’indipendenza femminile, l’uguaglianza di genere e le dinamiche sociali erano avanti rispetto alla mentalità prevalente del periodo, ma risuonano profondamente con le sensibilità moderne. Pellicole come Holiday (1938), che esplorava il rifiuto dei valori materialisti in favore della ricerca della felicità personale, offrono riflessioni ancora oggi rilevanti.
Con il tempo, i critici hanno riconosciuto l’innovazione e l’audacia di queste opere, apprezzandone la regia, la sceneggiatura e l’interpretazione, che all’epoca potevano essere state trascurate. Il processo di riscoperta ha permesso a questi film di essere guardati sotto una luce nuova, ottenendo il riconoscimento che meritano.
La carriera di Katharine Hepburn rappresenta un viaggio straordinario di evoluzione artistica e personale. La sua capacità di attraversare e superare periodi di difficoltà con grazia e determinazione, senza mai compromettere la propria integrità artistica, l’ha resa un modello di ispirazione per generazioni di attori e attrici.
Hepburn ha dimostrato che il vero successo non è solo una questione di popolarità immediata, ma di lasciare un’eredità duratura attraverso scelte coraggiose e innovative. La sua storia ci insegna l’importanza di perseverare nelle proprie passioni, di non temere i fallimenti temporanei e di credere sempre nel proprio valore. In un’industria spesso dominata da conformismi e pressioni commerciali, Hepburn ha saputo distinguersi per la sua autenticità e la sua visione, segnando profondamente il panorama cinematografico e culturale.
Note
- “Cinema: Dead Cats”, in Time.com, 16/05/1938, consultato in data 26/06/2024 all’indirizzo https://content.time.com/time/subscriber/article/0,33009,759735,00.html
- “veleno al botteghino”
- W. J. Mann, Catch her if you can in Kate: The Woman Who Was Hepburn,New York, Henry Holt and Company, 2007, xiii.
- ibidem
- ibidem
- Ne sono un esempio “Who’s that girl?” (1987) e “Une femme ou deux” (1985)

Alice Borghi
Sono nata nel 2002, ma misuro gli anni in quanti film riesco a guardare tra un Capodanno e l’altro. Mi piace scrivere e parlare, anche in inglese. Il mio magnum opus? Il mio diario. Quando non studio Scienze Umanistiche per la Comunicazione all’Università di Milano, sto probabilmente prendendo sul ridere qualcosa di serio, cercando di capire perché Alice Rohrwacher venga proiettata più all’estero che in Italia o imitando Francesca Fagnani per i miei amici.