Meno male che indietro non si può tornare […]
Meno male che il tempo non si può fermare1
Ultimamente mi capita più di frequente di pensare al mio passato. Lo immagino come un’entità nebulosa, fumosa, dai bordi sommari e sfocati. Non penso a episodi particolari e, soprattutto, non ci penso con nostalgia. Credo di aver sempre avuto questo rapporto alquanto distaccato col mio passato: che si tratti di momenti brillanti o dolorosi, non m’immergo mai nei loro meandri più profondi o più oscuri; è come se avessi l’impressione di stare sempre a galla. È come se, ad esempio, pensassi: «Okay, ho vissuto quest’esperienza, che è stata bella e di cui sono contento. Adesso ho cose più importanti a cui prestare la mia attenzione». Un ragionamento simile vale anche per le esperienze meno belle (cambiando leggermente le parole, naturalmente). Non riflettere morbosamente sul passato sarebbe un pregio meraviglioso, se mi portasse a concentrarmi sul presente invece che pensare morbosamente al futuro.

Senza una, senza una direzione
Sono il fiore della rosa dei venti
Mi sento una su un milione
E dopo poco mi faccio a pezzi2
È proprio questa perversione di arrivare immediatamente “in cima”, di vedere l’obiettivo ignorando tutta la fatica dietro, che mi distrae dalle tappe intermedie del sentiero. Qualche mese fa, ciò mi ha distratto per qualche settimana dalla stesura della tesi: invece di investire il mio tempo a fare ricerca e scrivere, mi tormentavo a cercare stage in aziende o istituzioni che non m’intrigavano più di tanto e per periodi in cui non sarei stato ancora “libero”. Questo misto di angoscia falsamente esistenziale e disonestà non mi permetteva di concentrarmi, a tal punto che mi sembrava di aver “rimosso” qualsiasi capacità di ricerca e scrittura accademica.
Un certo grado di stanchezza e insofferenza hanno contribuito a questo circolo vizioso: ero stanco di studiare, e il fatto che sopportavo a malapena l’ambiente universitario del primo anno di magistrale non aiutava di certo. Insomma, dopo cinque anni di studio ininterrotto, volevo sentirmi finalmente libero. Tuttavia, non avendo né una strada né un’idea ben definita, la libertà a cui anelavo si traduceva, nella mia mente, nelle profonde voragini dell’ignoto. La frenesia dell’afosa estate appena trascorsa mi ha fatto capire che, in fondo, non mi sarei mai liberato di quest’oppressione, di questo disorientamento distruttivo senza rispettare le tappe prestabilite del percorso. L’unica cosa fattibile, in quel momento, era fare un respiro profondo (anche più di uno), rimboccare le maniche e stringere i denti ancora per un po’.
Ma quanti sogni che mi fai fare
Ma non mi lasci mai lucida
Dimmelo tu cos’ho […]
Milano, baby, che mi vuoi ammazzare
Milano, baby, ma quante zanzare
Non mi porti mai al mare
Che cosa vuoi da me?3
Dopo un mese passato in Italia, ho avuto un’epifania, accompagnata da qualche lacrima versata silenziosamente nella mia stanza: mi mancava casa. Per un po’ di anni, ho avuto difficoltà a capire dove fosse “casa mia”. In tutta onestà, non ero nelle condizioni di capirlo davvero (o, probabilmente, non volevo capirlo) perché a diciannove anni m’interessava solo cambiare aria; sia per fortuna che per privilegio, l’ho potuto fare. Sebbene la conoscessi già abbastanza prima di trasferirmi, Milano è stata la boccata fresca che mi ha permesso di evolvere nella persona che sono oggi. La città meneghina è una parte talmente integrante della mia identità che non sarei io senza di lei, così come – sia ben chiaro a tutti – non sarei io senza le mie radici in Sardegna, diventate ben salde, ironicamente, durante questi anni lontano4.

Nonostante il mio amore incondizionato per quella città, non posso fare a meno di osservare come stia diventando sempre più spietata, tumultuosa, galoppante fino allo sfinimento. Milano offre ancora oggi innumerevoli opportunità sotto i più svariati punti di vista, ma a quale prezzo? Se non si sta attenti, si rischia di essere masticati fino allo sfinimento, per poi essere sputati in un cestino della spazzatura come una banalissima gomma. Sono della convinzione che iniziare la propria carriera a Milano, così come nel resto d’Italia, sia avvilente per i giovani qualificati. Questo contribuisce in maniera decisiva alla frustrazione per il mio futuro, perché mi ritrovo davanti a due opzioni subottimali, entrambe imperfette: restare all’estero per guadagnare uno stipendio dignitoso ma lontano dai miei cari, oppure tornare a Milano e fare chissà quanti tirocini a 500 euro al mese prima di raggiungere uno stipendio dignitoso (sempre che mi venga davvero offerto).
I 500 euro al mese non sono un’esagerazione: è un’offerta che ho ricevuto veramente nella mia casella di posta elettronica qualche mese fa e che, sino a poche settimane fa, mi faceva ribollire il sangue di sdegno. Indubbiamente, non sono in grado di poter cambiare da solo la realtà retributiva in Italia, ma, a differenza di molti altri, ho il privilegio e la fortuna di avere delle opzioni alternative a disposizione: dire di no a queste offerte è il mio potere. Se solo fosse così facile comprendere quale sia la mia priorità! I soldi o gli affetti? Non credo che, moralmente, ci possa essere un’opzione giusta o sbagliata: sarebbe decisamente peggio qualsiasi rinuncia a cercare il proprio equilibrio, qualsiasi rinuncia a decidere per paura di sbagliare. Solamente scegliendo e sbagliando si conosce sé stessi.
Quanto mi costerà sentire gli amici
Da sopra un altro van5
Alcune volte mi capita di sentirmi in una dimensione parallela rispetto ai miei amici di Milano. Non lo dico con superbia o gelosia, anzi, sono orgoglioso ed entusiasta di vederli crescere e realizzare le proprie ambizioni con grinta e carisma; sono estremamente fortunato ad essere circondato da persone buone e determinate come loro. Tuttavia, mi sento in una dimensione parallela perché non posso viverli con la costanza che vorrei, perché non posso vederli tutti i fine settimana per bere un calice di vino o mangiare una pizza assieme. In realtà, posso darmi una pacca sulla spalla per questo: tranne poche volte, sono sempre riuscito ad essere presente nei momenti più importanti. Ma è davvero abbastanza?
Ho paura che, col tempo, una presenza fisica così sommaria non sia più una dimostrazione di affetto, bensì un tentativo triviale di impedire che certi legami vengano inariditi dalla distanza. Eppure, non può essere la sola distanza ad incrinare dei rapporti, per quanto solidi siano: dando per assodato che è un ostacolo effettivo, attribuirle una qualche responsabilità sarebbe disonesto nei confronti di noi stessi e della nostra intelligenza. Se dei rapporti tra persone lontane fisicamente si inaspriscono o raffreddano, il problema non sta nella distanza fisica, ma in quella mentale. La presa di coscienza di quest’ultima è dirompente e dolorosa, ma è inevitabile. Inoltre, «non tutti i mali vengono per nuocere»: quando ce se ne rende conto, si vive in maniera più libera e serena.
Se ti dicessi da quanto non vedo una stella cadere
Il primo desiderio non lo faccio mai per me
Ma dal secondo, chiedo sempre cose irrealizzabili6
Chissà cos’ha in serbo la vita per i miei cari, per tutti noi. La mia speranza più grande è che il mondo non venga messo ancora a ferro e fuoco. Utopia o possibilità? Non ci resta che scoprirlo.
Illustrazioni di Maria Traversa
Note
- Brunori Sas, Il morso di Tyson, “L’Albero Delle Noci”, Island Records, 2025.
- Gaia, Rosa dei Venti, “rosa dei venti”, Columbia Records, 2025.
- Fabri Fibra, Milano Baby (feat. Joan Thiele), “Mentre Los Angeles Brucia”, Epic, 2025.
- In questo processo di riscoperta delle mie radici, una menzione d’onore va a Geppi Cucciari e alla sua Splendida Cornice. In particolare, mi sento di consigliare questa performance con Mahmood durante la puntata del 10 aprile 2025.
- Mahmood, COCKTAIL D’AMORE, “NEI LETTI DEGLI ALTRI”, Island Records, 2024.
- Mahmood, STELLA CADENTE, “NEI LETTI DEGLI ALTRI”, Island Records, 2024.
“L’altra faccia della Luna” è la nuova rubrica de L’Eclisse, una rubrica personale, in cui vogliamo mettere a nudo le ansie e la vita quotidiana di noi giovani.