La (vice)presidente brat
1° settembre 2024. Ricevo un messaggio da una mia carissima amica. Mi chiede cosa vuol dire essere brat. La domanda non è casuale: dopo un’intera estate all’insegna di meme sul cadere dalle palme da cocco, scritte nere in Arial su sfondo verde acido e le dirompenti canzoni di Brat (il sesto album in studio della cantante britannica Charli xcx), risultava effettivamente difficile definire con precisione questo concetto. L’artista stessa ha fornito sui suoi social media, attraverso un esempio, una definizione alquanto sommaria: «[Being brat is being] that girl who is a little messy and likes to party […] who feels herself but maybe also has a breakdown […] is very honest, very blunt, a little bit volatile»1.
A coloro che non bazzicano certe vie dell’Internet e del pop anglosassone verrà naturale chiedersi come mai, verso la seconda metà di luglio, Charli xcx ha appoggiato pubblicamente la candidatura a presidente di Kamala Harris, l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti, definendola come brat.

Alla luce della definizione citata in precedenza, infatti, Harris appare essere tutt’altro che brat – almeno nelle sue vesti di funzionaria pubblica. Tuttavia, se intendiamo la parola come definita dal Collins Dictionary, ossia «characterized by a confident [and] independent […] attitude»2, non solo l’endorsement della popstar appare più comprensibile, ma anche la scelta strategica di cavalcare quest’onda pop da parte della campagna della candidata democratica. Quelle quattordici battute virali spiegano perché Kamala HQ, l’account ufficiale della campagna elettorale, ha attuato un rebranding subito dopo il tweet di xcx, impostando come header del proprio profilo X un’immagine verde acido con la scritta “kamala hq”, un richiamo esplicito alla copertina di Brat.

In questa nuova strategia comunicativa possiamo riconoscere due scopi cruciali: far recuperare terreno a Harris in vista della campagna elettorale più corta nella storia americana (causata dal ritiro di Joe Biden, l’attuale presidente statunitense) e conquistare i voti della Generazione Z, la quale rappresenta circa il 21% della popolazione degli Stati Uniti. Raggiungere questi due obiettivi in sinergia non sarebbe mai stato possibile senza le idee e la destrezza del team di Kamala HQ, il quale è composto quasi interamente da persone sotto i trent’anni. Sarebbe da ingenuə pensare che l’età della gran parte dei membri del team non abbia giocato alcun ruolo: effettivamente, è proprio questo fattore ad aver permesso alla campagna di Harris di entrare genuinamente in contatto con il suo target, senza risultare fuori luogo o cringe (imbarazzante).
Un esempio calzante al riguardo sono la competenza e la creatività di Lauren Kapp, la gestrice venticinquenne dell’account TikTok di Kamala HQ che ha permesso alla campagna elettorale di rimanere al passo con i trend fulminei del social network, pubblicando dai sei ai venticinque contenuti al giorno. Contenuti che, facendo leva sulla cultura giovanile, mettono in risalto attraverso vari meme l’energia e l’entusiasmo dell’ex procuratrice distrettuale californiana per posizionarla come candidata valida, rilevante e ipercontemporanea, soprattutto per la Generazione Z. Appare dunque scontato osservare che Harris è stata in grado di immettere nuova linfa vitale nella campagna dei Dems, rinvigorendo le giovani elettrici e i giovani elettori che Biden rischiava di perdere. Basti pensare che, nelle quarantotto ore dopo che l’attuale presidente ha rinunciato al tentativo di rielezione e ha supportato pubblicamente la sua vicepresidente, 40.000 persone si sono registrate per votare e l’83% di questə elettorə hanno tra i 18 e i 34 anni.
Energia ed entusiasmo appaiono però inefficaci, se non addirittura inopportuni, di fronte ai problemi quotidiani della cittadinanza, senza un messaggio solido, motivante e incentrato sull’ottimismo. A differenza della retorica polarizzante di Donald Trump, il candidato repubblicano eletto nuovamente il 5 novembre scorso, la vicepresidente ha cercato di unire glə americanə promuovendo speranza e fiducia in un futuro prospero per tuttə, in un’America la cui forza è radicata nella propria diversità etnica, razziale e culturale. Al contrario, il messaggio trumpiano pare rifiutare tout court questa concezione degli Stati Uniti: basti pensare come glə immigratə, che rappresentano la diversità per eccellenza, vengono usati come capro espiatorio davanti alla complessità dei problemi (tra cui un costo della vita insostenibilmente alto) che la società americana si trova ad affrontare.

Un celebre esempio è, senza ombra di dubbio, la bufala secondo cui persone della comunità haitiana di Springfield (Ohio) avrebbero mangiato gli animali domestici deə loro concittadinə, riproposta da Trump durante il dibattito presidenziale del 10 settembre. Un’altra dichiarazione preoccupante del magnate newyorkese, in occasione di un convegno di gionalistə nerə lo scorso agosto, riguarda l’identità razziale di Harris: «[…] Non sapevo che fosse nera fino a qualche anno fa, quando è diventata nera e ora vuole essere conosciuta come nera. Quindi non so: è indiana o è nera? Io rispetto entrambe le identità, ma lei ovviamente no, perché era indiana fino in fondo e poi all’improvviso ha cambiato idea ed è diventata una persona nera».
In realtà, il background etnico-razziale di Harris (la quale è nera da parte di padre e indiana da parte di madre) non ha giocato un ruolo così rilevante come certə potrebbero immediatamente osservare: in un’intervista del 29 agosto alla CNN, emittente televisiva d’informazione via cavo, la candidata democratica ha risposto alle dichiarazioni squallide del suo rivale con un secco «Same, old, tired playbook» (in italiano, «il solito copione trito e ritrito»). Un argomento, invece, al cuore della comunicazione democratica è stato il diritto all’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG)3, garantita a livello federale dalla sentenza Roe v. Wade (1973) sino al 2022, anno in cui la Corte suprema l’ha ribaltata. Tale focus sull’accesso sicuro e legale all’IVG rappresenta non solo un continuum con le posizioni e le policy promosse coerentemente da Harris durante tutta la sua carriera, bensì anche uno dei tanti punti usati per attaccare l’avversario, il quale ha promosso, sia durante il suo primo mandato (2016–2020) che in campagna elettorale, politiche restrittive sull’aborto.

Nonostante difendere la democrazia e lo Stato di diritto sia brat come Kamala Harris (una candidata qualificata e preparata per la Casa Bianca) e la sua potente strategia comunicativa, la campagna ha risentito di limiti importanti: un messaggio troppo focalizzato sull’antitrumpismo, l’incapacità di Harris di creare una vera discontinuità con l’operato di Biden e di comunicare in maniera accattivante e accurata le politiche che non riguardassero i diritti riproduttivi. Un esempio lampante è la politica estera americana di supporto a Israele, con invio di fondi e armi nel contesto della guerra tra lo Stato ebraico ed Hamas in corso dal 7 ottobre 2023: la vicepresidente ha sicuramente mostrato più empatia per la popolazione palestinese (ad oggi, più di 40.000 civili nella Striscia di Gaza sono statə uccisə) e ha promosso più esplicitamente un cessate il fuoco rispetto all’attuale presidente. Tuttavia, ciò non è bastato per conquistare i voti della comunità arabo-americana, gruppo demografico chiave in Michigan (uno degli Stati in bilico di queste elezioni), disilluso dalle scelte di Biden di supporto al governo israeliano.
In tutta onestà, carə lettorə, mi sono illuso. Come ho detto durante la nostra diretta Twitch sulle elezioni americane, ho ritenuto la campagna comunicativa di Kamala HQ eccellente. Tuttavia, puntare su digitale, Generazione Z, ottimismo e diritti non ha portato all’elezione di Harris, una personalità politica seria sullo Stato di diritto, ma che non si prende troppo sul serio a livello personale. È questo che rende Harris brat: essere sé stessa, avere un ideale democratico in cui credere e promuoverlo con entusiasmo e sincera fiducia nel futuro.
Note
- «[Essere brat significa essere] quella ragazza un po’ caotica a cui piace fare festa […] che è sicura di sé ma che potrebbe anche avere un crollo nervoso […] è molto onesta, molto schietta, un po’ irascibile» [Traduzione mia, NdA].
- «Caratterizzatə da un atteggiamento sicuro di sé [e] indipendente […]» [Traduzione mia, NdA].
- Per precisione, è necessario osservare che la campagna di Harris ha parlato in realtà di «diritti riproduttivi» in generale, tra cui la procreazione medicalmente assistita (PMA). Tuttavia, nella comunicazione digitale ha avuto maggiore risonanza il dibattito sul diritto all’aborto, tema cruciale per una notevole fetta dell’elettorato.