Il 24 giugno 2022, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America (SCOTUS) ha ribaltato la storica sentenza Roe v. Wade del 1973, l’atto legislativo che rese l’accesso all’aborto un diritto federale. La decisione, con una sentenza di 6 voti favorevoli e 3 contrari all’annullamento del precedente, ha posto le basi affinché ogni Stato americano possa decidere autonomamente i parametri legali riguardanti l’aborto e il suo accesso.
Oggi, il diritto all’aborto stato reso illegale in diversi Stati americani attraverso le cosidette trigger laws o tramite leggi successive.
Ma che cosa è (era) Roe v. Wade? Il 22 Gennaio 1973, la Corte Suprema, decidendo sul caso Roe v. Wade, riconobbe che la decisione di continuare o interrompere una gravidanza spetta alla persona invece che al governo statale. Jane Roe (pseudonimo legale di Norma McCorvey) era una donna non sposata, la quale voleva semplicemente interrompere la sua gravidanza in modo sicuro e legale. Roe decise di contestare davanti alla Corte Suprema una legge del Texas che rendeva reato l’aborto a meno che la vita della donna non fosse seriamente a rischio. Cinquant’anni fa, la Corte Suprema decise di schierarsi dalla parte di Roe (e di tutte le donne negli Stati Uniti) e annullò la legge texana.
Per la prima volta, la Corte Suprema riconobbe, a livello federale, che il diritto costituzionale alla privacy fosse “abbastanza ampio da comprendere la decisione di una donna di interrompere o meno la gravidanza” (Roe v. Wade, 1973)1. Roe riteneva che il quattordicesimo emendamento, la garanzia di libertà, dovesse includere anche il diritto all’aborto prima della vitalità fetale. La Corte Suprema, da quel momento in poi, ha richiesto agli Stati federati di giustificare qualsiasi interferenza con il diritto di accesso all’aborto, dimostrando di avere un “interesse impellente” (compelling interest) e ha ritenuto che nessun interesse fosse abbastanza impellente da vietare l’aborto prima della vitalità fetale2.
Prima della sentenza del 1973, l’aborto non era mai stato riconosciuto a livello federale ed era quindi regolato singolarmente da ogni Stato federato: era infatti considerato un reato di common law, basato sui precedenti giudiziari. In almeno trenta stati era considerato illegale e non era quindi praticato in nessun caso. In altri tredici stati veniva considerato legale solo in certi casi come stupro, incesto, malformazioni fetali o pericolo per la donna incinta. Solamente in quattro stati l’unico requisito era la richiesta della donna. A seguito della sentenza, quasi tutti gli Stati federati eliminarono i divieti riguardanti l’aborto e resero i servizi abortivi più sicuri e accessibili per tutte le persone incinte. Inoltre, la sentenza ha creato un precedente per oltre venti successive sentenze alla Corte Suprema degli Stati Uniti relative al tema dell’aborto, respingendo – fino all’anno scorso – le argomentazioni riguardanti la personalità del feto.
L’annullamento della sentenza Roe v. Wade è avvenuta durante la decisione della Corte Suprema riguardante il caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization3. Siccome gli Stati Uniti sono uno stato in cui vige sistema di common law, i precedenti vengono utilizzati durante la decisione di casi giudiziari successivi. La Corte Suprema iniziò a lavorare nel dicembre 2021 rispetto alla costituzionalità della legge del Mississippi4, la quale aveva reso illegale l’aborto dopo le 15 settimane. Una bozza trapelata dalla Corte Suprema della decisione fu pubblicata da Politico5 a inizio maggio 2022, suscitando un grande dibattito nel Paese in quanto si temeva il reale rovesciamento di Roe. Il giudice John Roberts confermò l’annullamento della legislazione poco più di un mese dopo: ciò portò tredici Stati ad aver già preparato trigger laws – leggi contro l’aborto le quale sarebbero entrate in vigore immediatamente a seguito del rovesciamento – e altri sette Stati avevano preparato bozze di legge con il fine di vietare o restringere l’accesso all’aborto. Il giudice Roberts fu però l’unico dei sei giudici conservatori a scrivere una opinione dissenziente: pur ritenendo che la legge del Mississippi fosse costituzionale, però affermò come non vi fosse la reale necessità di rovesciare Roe in base al principio dello stare decisis, ossia la dottrina del precedente tipica dei paesi di common law. Il parere del giudice Samuel Alito – l’autore della bozza trapelata – affermava che «non c’era nemmeno bisogno di un’eccezione per l’incesto o lo stupro»6, togliendo così alle donne l’autonomia decisionale sul proprio corpo.
Quali sono quindi le conseguenze concrete di questa decisione? Dopo la sentenza, in molti Stati americani sono state introdotte leggi che criminalizzano le donne che cercano di abortire: questo perchè la decisione della Corte Suprema ha posto le basi, per ogni Stato, di decidere autonomamente i parametri legali in materia di aborto. Da giugno 2022, tredici Stati hanno emanato divieti quasi totali dal momento del concepimento (molto simili a quelle pre-Roe), il che si traduce in circa 22 milioni di donne in età riproduttiva e vivono in uno Stato che ha proibito l’aborto legale7. Altri cinque Stati hanno introdotto divieti dopo le 15 o 20 settimane di gestazione. Secondo Society of Family Planning, una associazione non-profit che si occupa di aborto e di contraccezione, tra giugno 2022 e marzo 2023 si è registrato una diminuzione di 24.290 aborti legali.
Secondo uno studio del Pew Research Center8, un think-tank con base a Washington D.C., il 61% degli adulti statunitensi ritiene che l’aborto debba essere legale. La decisione presa dalla Corte Suprema è quindi in netto contrasto con quelle che sono le opinioni della popolazione. Com’è quindi possibile che sia stata presa una tale decisione? La Corte Suprema è composta da nove membri eletti dal Presidente con il consenso del Senato: il loro ruolo è, quindi, in un certo senso soggetto alla maggioranza politica in Senato, la quale non è necessariamente rappresentativa della maggioranza della popolazione (il Senato americano è composto da due senatori per Stato federato indipendentemente dalla sua grandezza territoriale o dalla densità di popolazione). Lo studio suggerisce anche che la persona media che si professa contraria all’aborto ha le seguenti caratteristiche: Repubblicano, maschio, bianco e anziano (soprattutto la fascia 65+).
É passato poco più di un anno dalla decisione della Corte Suprema e quindi non possiamo ancora osservare un quadro completo di quelle che saranno le conseguenze di tale decisione, ma i racconti e i dati che abbiamo a disposizione non suggeriscono un futuro tranquillo.
Molte donne che hanno complicazioni in gravidanza negli Stati in cui l’aborto non è più legale sono state messe in pericolo di vita perchè strutture mediche e dottori non hanno potuto legalmente – seppur volendo – curarle adeguatamente. Altre persone sono state costrette ad andare in un altro stato rispetto a quello di residenza. Per esempio, in Texas, già prima dell’annullamento della sentenza vi era un divieto di aborto dopo le sei settimane: diverse persone quindi viaggiavano di notte per abortire in uno degli stati adiacenti per non dover chiedere giorni di ferie al lavoro, i quali si tradurrebbero in soldi tolti dallo stipendio – un lusso che non tutti si possono permettere. Ora, a seguito del rovesciamento di Roe, anche altri stati intorno al Texas come l’Oklahoma e la Louisiana hanno imposto il divieto e quindi per molte persone la clinica più vicina si trova a circa 1000 chilometri di distanza9.
Un altro elemento da prendere in considerazione quando si tratta di temi relativi ai diritti umani è il privilegio riguardante il loro accesso. Vietando l’aborto, l’accesso all’assistenza sanitaria è diventato difficile soprattutto per chi è emarginato: parliamo quindi di persone nere, latine e proveniente da altre minoranze. Gli Stati che hanno vietato o imposto i più stringenti divieti si trovano nel sud degli USA, luoghi in cui gran parte della popolazione non è bianca. L’accesso all’aborto è diventato sempre di più una questione intersezionale. Chi oggi riesce ad accedere più facilmente a tale pratica, oltre a chi vive in stati in cui è legalizzato, sono le persone ricche e bianche, le quali hanno tempo e soldi per poter accedere a strutture al di fuori del proprio luogo di residenza. Difficoltà economiche e danni alla salute aumenteranno specialmente tra le donne più vulnerabili. Inoltre, diverse donne e ragazze – le quali vivono anche in ambienti socio-economici difficili – sono costrette a partorire i figli dei loro stupratori o partner violenti perché non possono accedere alle cliniche per abortire. Non tutte hanno il privilegio economico di potersi spostare da uno Stato all’altro, spendendo centinaia di dollari e utilizzando giorni di ferie magari non retribuite o saltando giorni al lavoro e quindi “perdendo” soldi.
In diversi Stati, le donne che hanno un aborto spontaneo devono aspettare al Pronto Soccorso finchè la situazione non diventa così grave da rischiare la loro stessa vita e solamente a quel punto i medici sono legalmente autorizzati a somministrare i farmaci adeguati e necessari.
Daniel Grossman, il direttore dell’Advancing New Standards in Reproductive Health all’Università della California, insieme ai suoi colleghi ha organizzato l’iniziativa Care Post-Roe10, nella quale dottori, infermieri e operatori sanitari hanno raccontato le loro esperienze a seguito dell’annullamento. Grossman racconta anche la storia di una donna, la quale si era recata in ospedale a causa di un’infezione durante la gravidanza (prima della vitalità fetale): prima della sentenza i medici avrebbero offerto la possibilità di abortire per evitare infezioni potenzialmente letali, mentre in un mondo senza Roe le dissero di andare a casa e di tornare solamente se fosse entrata in travaglio o se la situazione fosse peggiorata. La donna tornò in ospedale con la sepsi, fu ricoverata in terapia intensiva, partorì il feto ma dovette farsi operare per eliminare la placenta. A seguito di questa esperienza traumatica da un punto di vista sia fisico che psicologico ed emotivo, la donna chiese a Grossman se la sua situazione “è considerata sufficientemente pericolosa per la vita”11, temendo un’azione penale nei suoi confronti.
Leggere di storie come quella raccontata da Daniel Grossman ci fa pensare a un futuro quasi distopico, impossibile – teoricamente – da associare agli Stati Uniti, un Paese che si professa uno dei più democratici al mondo, se non il più democratico. Anche se questa decisione è stata presa lontano da noi, non vuol dire che questo non ci tocchi minimamente. Tendenze restrittive nei confronti di diritti come l’aborto, contraccettivi e prodotti sanitari stanno diventando sempre più tipici nel mondo occidentale, il quale è guidato ultimamente da principi sempre più a destra. É quindi importante e necessario per tutti osservare cosa accade intorno a noi e proteggere i diritti quando ci sono stati riconosciuti e continuare a combattere – in questo caso per chi può rimanere incinta – per chi non ha la stessa fortuna.
Nota dell’autrice: consapevole del fatto che non solo le persone che si identificano nel genere femminile possono rimanere incinte, al fine di questo articolo ho utilizzato spesso la parola “donna” in quanto ne costituiscono la maggior parte
Note
- U.S. Reports: Roe v. Wade, 410 U.S. 113 (1973)
- https://reproductiverights.org/roe-v-wade/
- Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, 597 U.S. ___ (2022)
- 2020 Mississippi Code, Title 41 – Public Health, Chapter 41 – Surgical or Medical Procedures; Consents, Gestational Age Act § 41-41-191
- https://www.politico.com/news/2022/05/02/supreme-court-abortion-draft-opinion-00029473
- Coen-Sanchez, K., Ebenso, B., El-Mowafi, I.M. et al. Repercussions of overturning Roe v. Wade for women across systems and beyond borders. Reprod Health 19, 184 (2022)
- https://www.bbc.com/news/world-us-canada-65956103.amp
- https://www.pewresearch.org/religion/fact-sheet/public-opinion-on-abortion/
- https://www.nature.com/articles/d41586-023-02083-w
- https://www.ansirh.org/sites/default/files/2023-05/Care%20Post-Roe%20Preliminary%20Findings.pdf
- https://www.nature.com/articles/d41586-023-02083-w
Bianca Beretta
Mi chiamo Bianca e frequento International Politics, Law and Economic all’Università degli Studi di Milano. Mi interesso in particolare di geopolitica e diritti. Nel tempo libero amo leggere, fotografare e fare canottaggio.