Cesium Fallout (2024), film hongkonghese diretto da Anthony Pun, si distingue per l’abilità con cui unisce la tensione di un thriller catastrofico alla profondità di una riflessione sociale. Tra i film presentati alla ventisettesima edizione del Far East Film Festival di Udine, si tratta di un titolo che è riuscito a farsi largo non solo per la qualità cinematografica, ma anche per la forza con cui interroga il nostro presente.
Un’esplosione presso un cantiere di riciclaggio situato a Fanling, città dei Nuovi Territori a est di Hong Kong porta alla scoperta di un materiale altamente radioattivo, il Cesio-137. Mentre i fuochi continuano a propagarsi, parte una corsa contro il tempo per scongiurare una catastrofe. In un contesto segnato da insabbiamenti istituzionali e dall’ingerenza di interessi economici privati, la speranza si fa strada grazie a una squadra di vigili del fuoco, simbolo di coesione civile e sacrificio. Sono loro a rappresentare l’unico baluardo di salvezza, capaci di restituire dignità e valore all’azione collettiva.

In occasione di questo festival ho avuto l’opportunità di intervistare il regista Anthony Pun, che durante il nostro incontro, ricco di spunti e riflessioni, ha condiviso il senso profondo che sta alla base di questa sua nuova opera. Il regista ha condiviso la sua volontà di portare alla luce un problema spesso ignorato: la destinazione dei rifiuti elettronici. Tutto parte da un articolo della rivista newyorkese “TIME”, che si proponeva di portare a galla dati disarmanti sulla quantità di rifiuti elettronici esportati illegalmente a Hong Kong. Pun riesce così a trasformare una notizia in immagine, rendendo visibile un evento che normalmente non lo è.
L’impatto invisibile del nostro consumo quotidiano e la mancanza di consapevolezza a riguardo sono da ricercare nei motivi principali che hanno spinto l’autore a voler realizzare questa opera. L’appartenenza del film al genere blockbuster e gli effetti spettacolari, ci ha raccontato, non gli impediscono di elaborare una trama radicata in fatti concreti e reali: i rifiuti plastici ed elettronici (i cosiddetti E-waste), invece di essere correttamente smaltiti, vengono spesso esportati illegalmente verso Paesi con scarsi controlli ambientali, manodopera a basso costo e sistemi di gestione dei rifiuti poco regolamentati, andando così ad inquinare l’ambiente delle zone destinatarie, terminando in discariche illegali dove vengono smontati a mano, bruciati o abbandonati.
Il regista ci parla di come in seguito alla lettura dell’articolo sopra citato si sia subito reso conto della gravità di questa situazione della quale pochi sono realmente consapevoli, esprimendo riflessioni in merito al fatto che impieghiamo tante tecnologie, ma ci siamo mai chiestə questi prodotti, una volta finita la loro vita, dove vadano a finire? In un’epoca in cui la tecnologia avanza a ritmi vertiginosi, sostituire elettrodomestici o un dispositivo elettronico prima ancora che sia guasto è diventata una pratica comune. Ci è stato insegnato che consumare è un atto privato, neutro, quasi automatico. Lo facciamo con disinvoltura, spesso spintə dalla voglia di avere l’ultima novità piuttosto che da una reale necessità.

Ma, mentre nuovi prodotti entrano nelle nostre case, vecchi oggetti si accumulano – invisibili e dimenticati – trasformandosi in rifiuti di cui raramente ci interessa conoscere il destino. Eppure dovremmo preoccuparcene. L’attenzione che dedichiamo all’acquisto dovrebbe essere la stessa da riservare allo smaltimento. Iniziare a scardinare l’automatismo del consumo è un processo che parte proprio dalla consapevolezza delle implicazioni di ciò che ne è dell’oggetto anche una volta che non è più in nostro possesso. Non possiamo ignorare il fatto che esso, una volta dismesso, non scompare: semplicemente esce dal nostro campo visivo.
La gestione dei rifiuti solidi è un processo complesso e in evoluzione a Hong Kong. La zona in cui è ambientato il film è stata realmente oggetto di preoccupazioni ambientali. Ad esempio, come già anticipato con l’articolo inchiesta del TIME, nel 2016, il governo di Hong Kong ha condotto operazioni per contrastare irregolarità nei siti di riciclaggio di Hung Lung Hang, scoprendo sviluppi non autorizzati che hanno trasformato terreni agricoli in depositi e siti di riciclaggio, con conseguente inquinamento del suolo e delle acque.
Le aree vicino ai siti di riciclaggio E-waste mostrano fumi tossici, incendi frequenti, depositi di ceneri contaminati e acque torbide, risultato dell’attività di smaltimento illegale, nella quale peraltro sono coinvolti operai senza permessi né dispositivi di sicurezza (come abbiamo modo di vedere nel film), subendo esposizione a neurotossine e conseguenti malattie dermatologiche e respiratorie. Materiali tossici come arsenico, cadmio e mercurio sono spesso stoccati all’aperto o smontati manualmente, con conseguenze significative sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori.

Sebbene il film racconti un disastro immaginario, riflette comunque su problemi ambientali concreti e attuali, sottolineando la necessità di trasparenza istituzionale e responsabilità nella gestione dei rifiuti. Pun riesce a mettere in scena non solo i limiti di un sistema governativo incapace di affrontare con trasparenza e tempestività una crisi imminente, ma anche la forza di volontà dei cittadini, personificata dalla squadra dei vigili del fuoco che, guidati da un ufficiale coraggioso, combattono sul campo con straordinario senso del dovere e spirito di sacrificio.
Il regista con questo film ci ricorda che il disastro, pur nella sua forma spettacolare, non è frutto della sfortuna o di un incidente isolato, ma dell’accumulo silenzioso di negligenze e compromessi. In un’epoca in cui le crisi ambientali si moltiplicano e si fanno sempre più tangibili, Cesium Fallout dimostra quanto il linguaggio del cinema sia sempre un valido strumento di interrogazione sociale. È un esempio potente di cultura che si fa coscienza civile, restituendo a temi cruciali dignità e urgenza.

Giulia Coppola
Giulia, meglio nota come Giulietta. Nata nel 2000 sotto il segno del Drago, quando non sono sommersa dai libri mi piace sorseggiare un bicchiere di vino (rigorosamente rosso) in compagnia di un episodio di Twin Peaks o ascoltando buona musica. Laureata alla Cattolica in Scienze Linguistiche per le Relazioni Internazionali, attualmente studio Editoria e Cinema. Studio lingua giapponese e recensisco libri e film, proponendo chiavi di lettura critiche e consapevoli.