Vivere. Il conto alla rovescia di Boualem Sansal
C’è da rifletterci, sulle traiettorie umane1.
Che cosa accadrebbe se, in piena notte, degli “alieni” ti rapissero per annunciarti la fine del mondo, rivelandoti che tu — insieme a pochi altri — sei chiamato a salvare una parte dell’umanità? Saresti all’altezza di una simile responsabilità? E cosa significherebbe davvero “vivere” in un simile scenario?
Su questi interrogativi si gioca la trama del nuovo libro di Boualem Sansal Vivere. Il conto alla rovescia, in cui un gruppo di persone, che si danno il nome di “Chiamati”, sono apparentemente vittime di un’allucinazione collettiva che ben presto si scopre reale: fanno tutti parte di un piano, elaborato da un’entità extraterrestre, per salvare parte dell’umanità da un’imminente catastrofe che sta per colpire la Terra. A loro spetta l’arduo compito di scegliere chi potrà far parte degli “eletti”, il gruppo che si salverà dalla distruzione. Il piano prevede che i sopravvissuti siano imbarcati su una navicella di ultima generazione e proiettati in un viaggio di mille anni verso un nuovo pianeta che ospiterà una nuova umanità.
Ciò che colpisce immediatamente del racconto è che la minaccia non viene da fuori, ma da dentro e anzi è proprio l’altro, lo straniero, a incarnare la speranza di salvezza. È a questa sconosciuta entità che i protagonisti, loro malgrado, si affidano. Accettano una radicale trasformazione di sé e del mondo che abitano, abbandonando i loro appigli sicuri non solo per un istinto primordiale di sopravvivenza, ma anche per uno slancio vitale e per curiosità. In questo modo scelgono di non sottrarsi al nuovo, pur nella paura che esso inevitabilmente incute.
La trama segue le vicende dei Chiamati, tra cui il protagonista Paolo, che è anche la voce narrante, che inizialmente presi dalle preoccupazioni logistiche e immediate progressivamente cominciano a interrogarsi su questioni via via sempre più complesse e trascendenti: Come si edifica una civiltà? Chi ne decide le leggi e la morale? Qual è il ruolo dell’essere umano nel cosmo e il senso della sua esistenza?
Tutte domande aperte, a cui non si arriva a nessuna definitiva risposta, e forse è proprio questo il nemico all’interno del racconto: la sconcertante incertezza su cui si reggono le nostre vite di cristallo. Cosa succede quando la nostra piccola e concreta quotidianità si scontra con il vertiginoso infinito che si spalanca davanti a noi non appena varchiamo la soglia del nostro pianeta? Si scopre che i limiti e i confini che ci rassicurano sono solo appoggi fragili; il resto è dissolvenza, spaesamento e inquietudine. In tutto questo, ognuno sta nel proprio microcosmo ancorato alla propria finitezza. La distopia di Sansal si dispiega in questa distesa di perché, destinati ad alimentarsi in un circolo vizioso.

Il testo è inoltre ricco di riferimenti, citazioni e spunti filosofici. Lo stile dell’autore è asciutto e la sua penna avvincente e sarcastica riesce a restituirci un racconto onirico, coinvolgente e perturbante allo stesso tempo. Il punto di forza di Sansal è che non si limita a farci immergere in una storia, ma ci scuote dal torpore delle nostre convinzioni, invitandoci a leggere il testo da una “posizione scomoda” in cui possiamo metterci in discussione e inoltrarci in un livello più profondo di riflessione.
L’altro aspetto interessante è che qui il racconto distopico non ha come oggetto temi etico-politici, come spesso accade nel genere, ma è l’elemento ontologico e metafisico a emergere con forza. Nel ritmo scandito del conto alla rovescia, ogni giorno che passa assume il peso di una condanna, ma anche la possibilità di interrogarsi più a fondo su cosa significhi davvero vivere nell’unica dimensione in cui sappiamo di esistere: il presente.
Tra la parte narrativa e le riflessioni filosofiche, trova posto anche una costante critica dell’Occidente contemporaneo che Sansal assume come postura per tutto il testo. Con sarcasmo caustico e tagliente l’autore decostruisce tutte le conseguenze del positivismo: la convinzione che si possa spiegare tutto, la cieca fiducia nella scienza, la presunzione di poter essere padroni del mondo e della propria vita. Il vero protagonista si rivela essere la nostra esistenza fragile e precaria, sempre esposta al rischio e mai pienamente prevedibile.
In un’epoca in cui siamo ossessionati dall’avere tutto sotto controllo, in cui «ciò che gli uomini vogliono realmente non è la conoscenza, ma la certezza» come ci ricorda Bertrand Russell, questo romanzo ci destabilizza e ci disorienta, catapultando anche noi, insieme ai protagonisti, in una spirale di smarrimento in cui la vera distopia è la nostra esistenza.
Cosa resta dunque di questa eternità? Cosa farne di questa inconsistenza? La possibilità, se in questo modo riusciamo a vederla, di essere spettatori di un enigma che si compie, rinunciando a ogni pretesa di spiegarlo.
[Si ringrazia Neri Pozza per la concessione della copia stampa.]
Note
- B. Sansal, Vivere. Il conto alla rovescia, Neri Pozza, Vicenza 2025, p. 19.