Covid e Salute Mentale

Sono già passati cinque anni dal famigerato 2020, anno che per tuttə è ormai sinonimo con la pandemia di COVID-19 e il lockdown che essa ha motivato. Il Covid è stato – ed è tuttora – una minaccia alla nostra salute fisica, ma, da subito, vari studi hanno evidenziato come la pandemia e l’isolamento, nonché il virus stesso, abbiano avuto pesanti conseguenze anche sulla salute mentale. Nonostante nel mezzo della pandemia ci sia stato un gran parlare, soprattutto sui social, di questo delicato tema, vale la pena chiedersi se le richieste fatte all’epoca siano state ascoltate dalle istituzioni. È altresì corretto interrogarsi su cosa abbia avuto da dire la scienza sugli effetti del Covid e dell’isolamento forzato sulla nostra psiche.
Già a luglio 2021, la Fondazione Umberto Veronesi invocava la necessità di prepararsi al deterioramento della sfera psicologica deglə italianə, specialmente per quanto riguarda lə giovanissimə e lə lavoratorə precariə. L’articolo della Fondazione si basa principalmente su uno studio preliminare del Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, che evidenzia, in un campione di 2.400 intervistatə, significativi peggioramenti sia nei rapporti affettivi, con il/la partner (nel 21% dei casi) e con lə figliə (13%), sia un aumento di fatica, stanchezza e distrazione sul lavoro (50%) o nello studio (addirittura il 70% degli intervistati). Lo stesso report aggiunge: «il 21% [dei soggetti] ha riportato sintomi ansiosi clinicamente significativi e interferenti sulle proprie attività quotidiane, mentre il 10% ha avuto almeno un attacco di panico nel mese precedente la compilazione, senza mai averlo avuto prima nella vita. Il 20% ha riportato sintomi clinicamente significativi di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) in relazione a esperienze legate alla pandemia, mentre il 28% ha lamentato sintomi ossessivo-compulsivi disturbanti e interferenti con il proprio funzionamento quotidiano».
Nel 2022, era stata proprio l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a dare l’allarme, chiedendo ai Paesi di aumentare il supporto per la cura dei problemi legati alla salute mentale. Stando agli studi dell’organizzazione, solamente nel primo anno della pandemia lə pazienti affetti da ansia e disturbi depressivi sarebbero aumentati del 25% su scala mondiale, soprattutto tra le donne e lə giovani. Tra i fattori scatenanti vengono citati il grande stress causato dal distanziamento sociale e dal timore per la salute propria e dei propri cari, la solitudine, e le preoccupazioni finanziarie. Lə giovani sono i più a rischio di gesti autolesionisti e persino di suicidio, così come molto colpite dallo svilupparsi di disturbi psicologici sono persone già affette da patologie pregresse, quali asma, cancro e problemi cardiaci. Questi dati, che fanno riferimento alla situazione globale, trovano un riflesso fedele anche nel quadro italiano.
L’Istat (Istituto nazionale di statistica), infatti, segnala nel 2023 un indice di benessere mentale (MH) pari a 68,7 (su una scala da 0 a 100, dove 100 indica una perfetta salute psicologica), un dato abbastanza stabile rispetto al 69,0 del 2022, ma avverte che «a partire dal 2020 si è osservato un preoccupante peggioramento del benessere psicologico soprattutto tra i più giovani, in particolare le ragazze». Si evidenzia, inoltre, una disparità geografica non indifferente: «Il Nord-est, grazie al miglioramento rispetto all’anno precedente (+0,6 punti), torna a essere il territorio con i livelli più alti di benessere psicologico (69,9). Seguono le Isole (69,1) e il Centro (68,8). Il Nord-ovest, dove si era osservata una maggiore flessione dell’indice di benessere mentale nei due anni di pandemia, divenuto il territorio con i più bassi livelli dell’indice MH nel 2021 insieme al Centro, consolida anche nel 2023 il riallineamento ai livelli del 2019 (68,7). Il Sud, infine, dove si rilevano le peggiori condizioni di benessere psicologico, è l’unica area geografica in cui l’indice mostra un ulteriore calo nel corso dell’ultimo anno; l’indice scende da 68,3 a 67,4, assumendo quindi valori anche inferiori a quelli del 2019».
Il sito web dell’Ospedale Niguarda di Milano ha dedicato alcuni articoli agli effetti della pandemia e del lockdown su bambinə e adolescenti. «Si è visto un peggioramento nella qualità del sonno e maggiori difficoltà di concentrazione nei più piccoli, mentre tra gli adolescenti si è potuto assistere ad un aumento dei sintomi depressivi. Il bisogno di alleviare l’umore, inoltre, ha fatto sì che aumentassero alcune dipendenze comportamentali, come quelle dal gioco d’azzardo, dai videogiochi e dalla pornografia», recita un articolo del giugno 2021. Nello stesso, si registra un aumento dei ricoveri di giovani in psichiatria nell’anno del Covid, soprattutto per autolesionismo, tentati suicidi e anoressia. La responsabile del CPS Giovani dell’Ospedale, Simona Barbera, sottolinea come moltə giovani si siano sentitə colpevolizzatə, dall’opinione pubblica e in parte dalla politica, per la diffusione della pandemia, aggiungendo anche la situazione di disagio provata da moltissimə ragazzə obbligati a non poter uscire di casa, magari in concomitanza di situazioni familiari oppressive e tossiche.
Oltre ai fattori sociali, non sono da sottovalutare neanche le conseguenze a livello neurologico del cosiddetto Long Covid, ovvero gli effetti del contagio che persistono anche dopo che i pazienti non presentano più alcuna carica virale. Maura Boldrini, neuroscienziata e psichiatra presso il Columbia University Irving Medical Center di Manhattan, avverte che un nutrito numero di pazienti, anche tra quellə che avevano contratto l’infezione in forma lieve – o, addirittura, asintomatica – una volta guaritə presentano confusione mentale, ansia e depressione, hanno difficoltà a pensare lucidamente, a ricordare le cose e a esprimersi. Sebbene i sintomi del Long Covid siano tuttora oggetto di studio, secondo Boldrini il danneggiamento o la distruzione di cellule cerebrali, provocata dalla vigorosa risposta immunitaria del nostro organismo all’attacco infiammatorio del virus, potrebbero giocare un ruolo non indifferente nello sviluppo di problemi psicologici.
Meno numerosi sono gli studi sulla socialità nell’era post-Covid. Ovviamente, si è evidenziato come l’imposizione di restare a casa ed evitare le interazioni sociali non assolutamente necessarie sia stata un deterrente per molte persone, che si sono ritrovate a considerare la propria dimora come un rifugio sicuro, da cui non voler uscire, e viceversa il mondo esterno come un covo di pericoli, vivendo un costante stato di allarme. Al contrario, chi già soffriva di disturbi d’ansia sociale è stato rassicurato dal lockdown, in quanto giustificazione esterna ad evitare le situazioni che normalmente elicitano paura e disagio. Tuttavia, l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva di Firenze sottolinea come questo incoraggiamento a evitare le situazioni sociali sia stato in realtà dirimente per le persone affette da tali disturbi, la cui terapia prevede, al contrario, l’esposizione alle situazioni temute, aggravando il rischio di complicazione della risocializzazione.
L’OMS ha dichiarato la fine dello stato di emergenza della diffusione del Covid-19 il 5 maggio 2023, più di tre anni dopo averne annunciato l’inizio. Le nostre vite sembrano aver ripreso il loro normale corso, grazie all’annullamento di tutte le restrizioni messe in atto dai governi, una drastica riduzione del telelavoro e la quasi totale abrogazione della didattica a distanza (DAD). Tuttavia, a questo ripristino delle condizioni pre-2020 si accompagna un rinnovato disinteresse delle istituzioni e della politica per la salute mentale della popolazione, almeno in Italia. “Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici” denuncia l’inerzia della classe dirigente italiana e la mancanza di fondi per far fronte all’aumento di disturbi del benessere mentale, in particolare nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), pur permanendo gli incoraggiamenti dell’OMS ad affrontare al più presto il tema. “Secondo Welfare”, invece, applaude le manovre messe in campo dal 2020 ad oggi per far fronte alla situazione psicologica degli italiani, come il Bonus psicologo o l’audizione parlamentare del 2023 per istituire la figura dello psicologo scolastico (l’Italia è l’unico Paese UE ad esserne sprovvisto), ma sottolinea anche che il nostro Paese è ancora indietro per quanto riguarda una presenza nazionale istituzionalizzata, e spesso delega alle singole regioni la responsabilità di compensare questa assenza.
Così come dai giornali è sparita qualsiasi discussione sul Covid, su chi ancora oggi ne è contagiatə e sugli effetti collaterali e i sintomi a lungo termine dell’infezione, anche i vivaci contributi sugli effetti della pandemia e del lockdown sulla nostra psiche sono ormai lasciati agli interessi dellə singolə o delle categorie specializzate, come gli Ordini regionali degli psicologi. Eppure, quello della salute mentale, sebbene esacerbato dal Coronavirus, è un tema che sta a cuore a moltissimə e soprattutto che tocca, secondo dati recenti, 1 italianə su 5. Non possiamo relegarlo in un angolo, o nel solo “anno del Covid”, insieme a panificazioni, lezioni online e concerti sui balconi.
