Premessa
Sport e Cultura, cultura dello sport
Il mese che si sta concludendo, è innegabile, ha visto lo sport (e in particolare lo sport italiano) assoluto protagonista della scena pubblica: lǝ azzurrǝ hanno brillato agli Europei di calcio maschile, a Wimbledon, ai Mondiali di pallavolo femminile U-20, alle Olimpiadi di Tokyo…. Complice un allentamento delle restrizioni e un calo dei contagi da coronavirus, l’entusiasmo per le conquiste sportive sembra aver “contagiato” tuttǝ.
Questi grandi eventi sportivi, purtroppo, hanno anche portato di nuovo alla ribalta tutta una serie di problemi che, immancabilmente, fanno loro da corollario. In particolare, dopo le vittorie in semifinale e in finale della nazionale di calcio maschile, in migliaia si sono riversatǝ in strada, in barba all’emergenza sanitaria, e hanno sfogato una violenza cieca sulle città e su chi ha avuto la sfortuna di passar loro vicino. Ha fatto discutere, poi, la volontà espressa dalla squadra di inginocchiarsi prima dell’inizio della partita, in supporto alla lotta antirazzista, solo se lo avesse fatto anche la squadra avversaria; sono state numerose le polemiche anche sulla decisione di illuminare lo stadio di Monaco di Baviera con i colori della bandiera LGBTQ+ (in onore del Pride Month). Le tensioni su tematiche di attualità non sono mancate né tra i capi di Stato, come dimostrato dagli screzi tra Germania e Ungheria proprio per il match di Monaco, né tra lǝ tifosǝ, alcunǝ dellǝ quali hanno pensato bene di rivolgere insulti razzisti ad alcuni giocatori dell’Inghilterra dopo che questi avevano sbagliato i rigori in finale. Eppure, c’è ancora chi si ostina a ripetere che lo sport e la (cosiddetta) politica viaggino, o dovrebbero viaggiare, su due binari paralleli.
In preparazione a questa premessa, abbiamo deciso di condurre un piccolo sondaggio tra le nostre conoscenze, soprattutto amicǝ e coetaneǝ, per cercare di capire il rapporto che abbiamo con lo sport come attività e lo sport come passione. In primo luogo, ci è sembrato utile scindere la dimensione personale da quella pubblica: ad esempio, solo il 10,3% degli intervistati pensa che praticare attività fisica non sia utile a migliorare l’umore e salute mentale (tuttavia, tale percentuale rientra per intero nel gruppo che dichiara di non praticarne abitualmente).
Effettivamente, molti studi scientifici sottolineano l’importanza dello sport per raggiungere il benessere fisico, ovviamente, ma anche quello psicologico. Anche se l’attività fisica abituale non sembra essere in grado di prevenire depressione o disturbi d’ansia, ne può ridurre sensibilmente i sintomi nei soggetti che già ne soffrono. Lo sport aiuta anche a migliorare la propria autostima e a riprendere contatto con il proprio corpo, il che può essere un modo utile per non lasciarsi andare a pensieri intrusivi o ossessivi. Tuttavia, come dimostrano uno studio neozelandese e uno norvegese, moltǝ atletǝ di alto livello rischiano di sviluppare problemi depressivi o disturbi del comportamento alimentare legati allo stress e alla forte attenzione mediatica.
Le risposte alla domanda “Seguire lo sport vi aiuta a distrarvi e/o stare meglio mentalmente?”, invece, sono state più equilibrate: 55,8% d’accordo e 44,2% contrario. Molte delle persone contrarie hanno messo in luce proprio i problemi dello sport (e in particolare del calcio) citati sopra: il tifo eccessivo e violento, spesso più incoraggiato che condannato dai club; le discriminazioni sociali, come il recente caso della sincronetta spagnola Ona Carbonell, costretta a rinunciare ai Giochi Olimpici di Tokyo perché le regole anti-Covid le rendevano quasi impossibile portare con sé il figlio, ancora lattante; la competitività portata all’estremo, fino ad una totale eliminazione del rispetto dell’avversario (e non solo), un valore che dovrebbe invece essere centrale per chiunque pratichi attività sportive. Problemi del genere, che continuano ad ingigantirsi nell’indifferenza delle autorità competenti, diventano quasi inseparabili dall’esperienza sportiva in sé.
La nostra indagine ha messo in rilievo anche la questione delle grandissime somme di denaro che girano intorno allo sport, con vistose disparità tra il calcio e le altre discipline: «è un cane che si morde la coda», ci ha detto una delle persone interpellate, «il calcio è lo sport più seguito, quindi riceve la maggior parte dei finanziamenti e delle sponsorizzazioni, mentre gli altri sport vengono promossi molto meno, per cui meno gente li segue e si ricomincia daccapo». Un altro intervistato ha offerto una prospettiva interessante e collegata: «è inutile concentrarsi solo sui soldi delle società calcistiche o sui salari dei giocatori, perché questi derivano dal merchandise o dagli abbonamenti acquistati dai noi stessi, i tifosi. Anche gli investitori puntano sui club più seguiti, che possano rapportare un guadagno vantaggioso. Così, finisce che le società pagano di più i calciatori uomini delle calciatrici donne e, poiché in Italia il calcio è diventato una grande tradizione (con il tifo per una certa squadra che passa dai genitori ai figli), resta lo sport più amato e quindi più remunerativo».
La questione dello sport come tradizione ci porta all’ultima domanda proposta nel sondaggio, che è poi quella attorno alla quale ruota l’editoriale che state per leggere: lo sport è Cultura? Naturalmente, dipende tutto dal senso che diamo al termine “cultura”: parte di un’identità nazionale o veicolo per valori sociali?
Spesso le competizioni più in vista sono un’occasione per la comunità di ritrovarsi e condividere successi o dispiaceri. Alla domanda “quali sono i vantaggi dello sport, per il singolo e per la comunità?”, una partecipante al sondaggio ha risposto osservando come lo sport sia uno dei modi più efficaci per coinvolgere i giovani di aree meno abbienti del mondo in attività che creino un senso comune e li allontanino dalle grinfie della malavita. Anche in carcere, spesso, si punta a sviluppare lo spirito di squadra con tornei sportivi interni o in collaborazione con altri centri detentivi. Se rispettati, i valori dell’impegno, del rispetto dell’altro e della sana competizione sono lezioni importantissime dentro e fuori dal campo (o dalla palestra, o dalla piscina…). Un’altra intervistata ha giustamente ricordato che anche solo seguire i corsi in palestra è un modo per distrarsi e fare amicizia, mantenendosi in forma.
L’Eclisse, con questo editoriale, vorrebbe superare la divisione manichea che vede come inconciliabili sport e Cultura, corpo e mente, movimento e riflessione. Questa differenza, dopotutto, non è sempre esistita: in seguito al revival dell’ellenismo portato avanti da Romantici ed Esteti, ogni intellettuale ottocentesco che si rispettasse doveva dedicarsi all’allenamento del corpo, oltre che all’arricchimento del proprio bagaglio culturale. Non a caso, il fondatore dei moderni Giochi Olimpici fu il barone Pierre de Coubertin, che scoprì la passione per lo sport durante una visita ai college britannici e statunitensi nella quale cercava ispirazione per migliorare il sistema educativo francese.
Questo mese, vorremmo evidenziare che, come tutto, lo sport non può essere “buono” o “cattivo”, “morale” o “immorale” in sé. Sta a noi essere tifosǝ e sportivǝ responsabili, sta a noi spingere perché non si glissi sugli spiacevoli eventi che contornano troppo spesso il mondo sportivo, ma che al contrario li si biasimi. Se lo sport è cultura, la cultura è popolo.
Buona lettura.
La Redazione
Indice
- Premessa della Redazione………………………………………………………………………………………………………………………………p.1
- Quel “diavolo in gonnella” di Alfonsina Morini Strada di V. Tosatto………………………………………………………………….p.2
- Lo sport è davvero attività fisica di M. Mallia……………………………………………………………………………………………………p.3
- Pole Dance: uno sport che unisce di A. Fenaroli………………………………………………………………………………………………p.4
- Luisa Pasini e la sport-terapia di E. Legnazzi………………………………………………………………………………………………….p.5
- Il cammino e la corsa come pratica erotica della solitudine di N. Lasku……………………………………………………………p.6
- Dall’inconscio al movimento: Ohad Naharin, la Batsheva Dance Company e il linguaggio Gaga di E. Gandini…….p.7
- Lo sport (non) è politica di A. Cosentini…………………………………………………………………………………………………………..p.8
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