L’acqua come arma politica nei territori palestinesi
Nel 2010, le Nazioni Unite hanno riconosciuto il diritto all’acqua come un diritto universale e fondamentale1. Ciononostante, ancora oggi circa due miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile gestita in modo sicuro. Il diritto all’acqua è stato riconosciuto e derivato dal diritto ad un adeguato tenore di vita, contenuto nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR). Molto spesso, la mancanza di acqua pulita è strettamente collegata alle guerre e conflitti. La ONG statunitense Pacific Institute si occupa di raccogliere i dati relativi a conflitti correlati all’accesso all’acqua; dal loro database emerge che dal 2020 ad oggi ci sono state quasi ottocento occasioni di conflitto riguardanti l’acqua.
Uno dei luoghi che storicamente soffre le politiche riguardanti l’accesso all’acqua è la Palestina. Israele e la Cisgiordania condividono due principali falde d’acqua: la Mountain Aquifer, suddivisa in tre sotto-falde acquifere, e la valle del fiume Giordano, il quale nasce sulle alture del Golan e sfocia nel Mar Morto. A seguito della Guerra dei sei giorni (1967), Israele occupò sia le alture del Golan, appartenenti alla Siria, sia la Cisgiordania. Da allora, Israele ha negato l’accesso al fiume Giordano per i palestinesi, deviando anche il suo flusso nel lago Tiberias. Nel 1995, con gli Accordi di Taba (anche noti come Oslo II), si istituì il Joint Water Committee, un’autorità congiunta israelo-palestinese incaricata di gestire le risorse idriche e i liquami in Cisgiordania. Tuttavia, con il fallimento degli Accordi di Oslo, non si è mai arrivati a un vero accordo riguardante la gestione dell’acqua. Inoltre, con l’allargamento delle colonie israeliane nei Territori Occupati e la costruzione della barriera di separazione, la maggior parte delle risorse d’acqua sono state inglobate nei territori israeliani. Nel tempo, Israele si è impadronita delle risorse d’acqua in Cisgiordania: i palestinesi sono quindi «costretti ad acquistare la propria acqua dalla Mekorot»2, l’agenzia per la gestione dell’acqua israeliana. Tale azienda ha sistematicamente diverse fonti di acqua con il fine di fornire acqua agli insediamenti illegali israeliani.

Nell’area della Cisgiordania controllata da Israele, l’area C, si trovano la maggior parte delle aree utilizzate dai palestinesi per l’agricoltura e la pastorizia. Con l’aumentare degli insediamenti dei coloni israeliani, lo Stato di Israele è arrivato a controllare circa il 90% delle risorse idriche della falda montana (Mountain Aquifer): l’acqua viene dirottata in parte verso Israele, in parte negli insediamenti illegali in Cisgiordania3. Ciò che si verifica non è solamente grave siccità e stress idrico, ma anche violenza in relazione alla gestione dell’acqua stessa. Infatti, solamente nel 2023, i coloni e le forze armate israeliane hanno contaminato e distrutto i sistemi di irrigazione palestinesi in circa novanta occasioni differenti. Un articolo del Guardian riporta come, nel settembre 2023, i coloni di Shaarei Tikva abbiano «pompato acque di scarico sui terreni agricoli palestinesi a est di Qalqilya, causando danni agli ulivi e alle coltivazioni»4. Secondo la Corte di giustizia internazionale, le colonie israeliane sono illegali e, dal 2009, Israele ha distrutto oltre 3000 strutture agricole e circa mille strutture per l’acqua, igiene e servizi sanitari solamente in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Infatti, circa 300 strutture idriche e fognarie palestinesi nell’area C sono state distrutte negli ultimi anni. La continua occupazione e la condotta israeliana nei Territori Occupati sono considerate in violazione del diritto internazionale. Esse si configurano come un atto illecito internazionale, il che comporta la responsabilità di Israele a fronte di tali violazioni.
Nel 1967, Israele emanò l’ordine militare 158 con il quale si stabilì che i palestinesi potevano costruire installazioni idriche solamente dopo aver ottenuto il consenso israeliano. Ciò comporta, ancora oggi, l’inabilità della popolazione palestinese a costruire pozzi d’acqua e a migliorare le strutture di quelli esistenti, oltre a non avere accesso alle risorse d’acqua provenienti dal fiume Giordano. Da quasi sessant’anni, l’agenzia Mekorot controlla le risorse idriche nella West Bank. Nel 2010, il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite si definì «preoccupato per la carenza d’acqua che colpisce in modo sproporzionato la popolazione palestinese della Cisgiordania, a causa dell’impedimento alla costruizione e alla manutenzione delle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie e del divieto di costruire pozzi»5.
L’accesso limitato alle risorse idriche si traduce in una concreta differenza di utilizzo di acqua tra gli israeliani e i palestinesi. Infatti, i primi consumano circa 300 litri d’acqua al giorno, pari circa a quattro volte quello dei palestinesi che vivono nei Territori Occupati, i quali consumano 73 litri al giorno. La quantità d’acqua accessibile ai palestinesi è sotto la media consigliata dall’Organizzazione mondiale della sanità (100 litri al giorno). Per questo motivo, il 92% della popolazione palestinese in Cisgiordania ricorre all’utilizzo di cisterne posizionate sui tetti delle abitazioni per far fronte alla carenza d’acqua. Gli israeliani che vivono nelle colonie illegali hanno accesso all’acqua corrente ogni giorno, mentre solamente un terzo dei palestinesi vede riconoscersi lo stesso diritto6.

La situazione nella Striscia di Gaza è addirittura peggiore rispetto a quanto non lo sia in Cisgiordania. La guerra a Gaza non ha fatto altro che esacerbare la situazione critica della Striscia, la quale si trova sotto embargo israeliano dal 2007. La fonte idrica principale è la Coastal Aquifer, la quale però è salina, sovrapompata e contaminata. Già nel 2018, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) segnalò come il 97% dell’acqua proveniente dalla falda acquifera costiera non fosse compatibile con la vita umana. Con l’inizio della guerra a ottobre 2023, quasi tutte le infrastrutture idriche sono state distrutte e ciò, insieme al blocco degli aiuti umanitari, ha comportato la riduzione della quantità d’acqua del 94%, rasentando i cinque litri al giorno per persona. Infatti, secondo Oxfam, Israele ha distrutto circa il 70% di tutte le pompe per le acque reflue e tutti gli impianti per il trattamento delle stesse. Ciò ha comportato la diffusione di diverse malattie trasmesse tramite l’utilizzo di acqua come epatite A, disturbi intestinali e malattie della pelle, oltre alla disidratazione.
L’accesso alle risorse idriche ai palestinesi è limitato dall’occupazione israeliana da ormai quasi sessant’anni. Oltre alla situazione drammatica nella Striscia di Gaza, anche i palestinesi della Cisgiordania vivono continuamente situazioni di violenze da parte dello Stato di Israele e dei coloni che vivono negli insediamenti illegali. Infatti, gli attacchi israeliani alle risorse d’acqua palestinesi – sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza – hanno costituito un quarto di tutte le violenze legate all’acqua nel 2023. Il controllo delle risorse idriche da parte di Israele è un chiaro strumento politico al fine di rendere le condizioni di vita dei palestinesi miserabili e i territori in cui vivono inospitali.
Note
- Risoluzione 64/292 del 2010 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
- A. Meringolo, Israele, la battaglia dell’acqua, in Limes Online, 2009. https://www.limesonline.com/limesplus/israele-la-battaglia-dell-acqua-14654979/. Consultato 09/05/2025.
- P. Seeberg, Israeli Hydro-Hegemony and the Gaza War, in “Middle East Policy” 2024, 31, p. 43. https://doi.org/10.1111/mepo.12740.
- N. Lakhani, Global surge of water-related violence led by Israeli attacks on Palestinian supplies – report, in “The Guardian”, 22 agosto 2024. https://www.theguardian.com/world/article/2024/aug/22/israel-palestine-gaza-water. Consultato 11/05/2025.
- Human Rights Committee, Consideration of reports submitted by States parties under article 40 of the Covenant, Israel, 2010. [TdA]
- K. Lonsdorf, In the occupied West Bank, Palestinians struggle to access water, in “NPR”, 204. https://www.npr.org/2024/09/25/g-s1-24207/palestinians-west-bank-water-israel. Consultato 11/05/2025.