Recensione di Sugo, di Mariachiara Montera
Questa recensione è stata possibile grazie alla copia stampa ricevuta da Blackie Edizioni, una casa editrice indipendente con sede a Milano, nata nel 2020, che pubblica libri di narrativa e saggistica – con un’attenzione speciale alla letteratura femminile contemporanea, italiana e straniera. Ringraziamo Blackie per averci dato l’opportunità di leggere e condividere questo libro.
“Il cibo è un segreto che nessuno racconta” è l’incipit di Sugo, un libro che tratta di cibo in modo diverso rispetto a come si è abituati a leggerne. Un segreto di cui, come scrive l’autrice, “parlano tutti, anche se lo esplorano poco”. Ci allontaniamo dal mondo delle ricette e dai consigli culinari per immergerci invece in una visione più introspettiva.

Mariachiara Montera è una content creator, copywriter e foodwriter, cresciuta a Salerno e che attualmente vive a Torino. La sua scrittura nasce sul web, nei blog e nei social, dove ha sempre raccontato il cibo non solo come piacere, ma come punto d’incontro tra persone, emozioni e vissuti. È host del podcast “Lingua” e “Guscio” per Storytel, e ghostwriter per Chora Media. Nei suoi progetti unisce storytelling e cultura gastronomica con uno sguardo autentico, spesso ironico.
Il libro nasce da una riflessione personale e pubblica su come ciò che mangiamo – e il modo in cui lo raccontiamo – possa diventare uno specchio dei nostri vissuti più profondi. In un’epoca in cui il cibo è al centro di talk show, influencer e trend, qui si sceglie una direzione diversa: non l’estetica, ma l’etica, non il consiglio, ma la domanda. Una contraddizione che Montera coglie bene: “Sfoggiamo saggi che ci raccontano il passato della cacio e pepe, e poi ascoltiamo podcast che lo demistificano”. E forse è proprio questo che serve oggi: rallentare, ascoltare e mettere in questione.
Per tradizione, la cucina è stata lo spazio più associato alla femminilità. Intimo, quotidiano, a volte perfino idealizzato: lì si trasmettono tradizioni, si esprime amore, si tiene unita la famiglia. Ma è davvero così semplice? E soprattutto: è davvero un posto felice per tutti? Sugo ci accompagna in uno degli spazi più confortevoli e densi di significato: il focolare domestico. Tuttavia, quello che apparentemente potrebbe sembrare un semplice racconto domestico, fatto di ricette e gesti quotidiani, si rivela ben presto qualcosa di molto più profondo.
Attraverso le voci di quattro donne, Alessia, Angela, Nina e Luisa, l’autrice racconta esperienze all’apparenza comuni – la dieta, lo stress che porta ad abbuffarsi, la maternità, il confronto con le generazioni passate, la nostalgia – ma lo fa con una scrittura capace di mescolare ironia e introspezione. Perché, come ricorda, “le regolazioni emotive che apprendiamo influiscono sui nostri comportamenti alimentari”. Le protagoniste dei suoi racconti non si limitano a cucinare: vivono la cucina come uno spazio in cui si riflettono aspettative, pressioni, gesti tramandati ma anche dubbi, paure, desideri inascoltati.
Montera non propone soluzioni o regole da seguire, né consigli da mettere in pratica. Sugo include molto di più: identità, relazioni, eredità culturale. Inevitabilmente, è anche una questione di genere. In una società che ancora oggi associa la cura e il cibo al “femminile”, qui vengono messi in discussione i ruoli tradizionali, lasciando spazio a un’ironia dolceamara che accompagna il lettore in profondità. Come afferma l’autrice in questo libro: “Certo, non bisogna essere donne per fare cultura, ma forse un etto di femminismo aiuterebbe, quando si parliamo di cibo…”

Sugo parla soprattutto alle donne, sì – per farle sentire meno sole nel vivere certe esperienze spesso considerate di poco conto, difficili da capire – ma dovrebbero leggerlo anche gli uomini, perché in quelle pagine trovano ciò che spesso una donna non dice, ma vive. E capire quelle emozioni può cambiare sguardi, atteggiamenti, relazioni.
Un altro aspetto trattato dall’autrice è la funzione del cibo nelle varie culture. Il cibo è anche viaggio, fa da collante per chi si allontana da casa propria ed è catapultato in un contesto dove le abitudini, i sapori, i colori, gli odori sono diversi. Riesce a spiegare ciò che molti provano, ma che non riescono ad esternare. Conoscere il cibo delle altre culture, inoltre, significa conoscerne le abitudini e i capisaldi culturali e sociali. La distanza da un luogo a noi familiare può essere colmata proprio dal cibo, che in un boccone ci porta fino a ciò che c’è di più caro: casa. Perché, come ricorda l’autrice, “Il cibo è fame ed è nutrimento, e sono cose che hanno un volto diverso a seconda di dove cammini, voli, fai sosta”.
Se avete una ricetta di famiglia, una pentola che usate da sempre, o un ricordo legato a un piatto, questo libro vi parlerà. Vi farà compagnia, vi sorprenderà, e magari vi farà guardare con occhi nuovi anche quella cucina che vi sembrava ormai scontata. La forza di Sugo sta nel suo rifiuto di semplificare, nell’abbracciare le ambiguità senza cercare risposte facili. Il lettore, soprattutto se non appartiene al mondo femminile, può trovarsi spiazzato di fronte a certi racconti e certe fragilità, ma è proprio questo lo scopo dell’autrice. L’uso di una narrazione intima e non idealizzata aiuta a guardare con occhi diversi non solo la cucina, ma anche chi ci sta dentro: la cucina, infatti, può non essere un posto felice, non tutte le donne amano cucinare e non tutti gli uomini odiano farlo. Questo libro ci insegna che è, prima di tutto, uno spazio pieno di contraddizioni: luogo di cura e di fatica, di ricordi dolci e di silenzi amari.
Il valore del libro sta proprio qui: dà voce a ciò che normalmente resta ai margini, nei pensieri di tante donne e nelle cucine di tutti. Non pretende di risolvere, ma di raccontare. Sugo è un libro che si vive, che si presta ad essere condiviso e commentato. Leggendolo, viene naturale pensare alla propria infanzia, ai piatti di casa, ma anche a quelle volte in cui cucinare era un peso, una fatica silenziosa. Risveglia ricordi e chiede attenzione: a sé stessi, agli altri, a cosa si porta davvero in tavola. È una lettura che si gusta con la stessa calma e intensità di un pranzo della domenica: piacevole, ma capace di lasciare qualcosa che resta. Non solo un sapore, ma una consapevolezza.

Mathilde Modica Ragusa
Nata nel 2003 a Modica, cresce lontana dagli stereotipi (mare incluso). A Parma studia Scienze Gastronomiche e riscopre sé stessa: non tra i fornelli, ma tra parole e sapori. Scrivere di cibo – storie, cultura, curiosità – è il suo modo per farlo vivere a 360°. La chiamano Math, legge più di quanto cucini (anche se ama farlo) e combatte i luoghi comuni a colpi di penna. La felicità per lei? Cose buone, da mangiare o da raccontare.