Colin Walsh, scrittore irlandese originario di Galway, è stato il protagonista della nostra intervista, durante la presentazione del suo romanzo Kala a Bologna il 4 giugno 2025. I suoi racconti hanno vinto numerosi premi, come l’Irish Book Award for Newcomer of the Year; nel 2019 è stato nominato Hennessy New Irish Writer of the Year e i suoi scritti sono stati pubblicati su “The Stinging Fly” e “The Irish Times”. Kala, il suo romanzo d’esordio, è stato finalista al Waterstones Debut Fiction Prize e tra i migliori libri dell’anno per “NPR”, “The Guardian” e “The Independent”.
Le recensione del romanzo sarà disponibile a partire da domani.
Una volta seduti nello splendido parco 11 Settembre 2001, io e Marcello Monti, articolista della nostra redazione, abbiamo iniziato con le nostre domande.
La prima domanda è abbastanza comune: qual è stata la tua fonte di ispirazione più grande per il libro?
L’idea del libro viene da un’immagine che mi è venuta in mente di una ragazza adolescente, seduta sul portico di casa all’ingresso di un bosco, durante l’estate. Lei fuma una sigaretta aspettando qualcosa, mentre sua nonna è in casa e diventa buio. Avevo in mente l’atmosfera del libro: la sensazione di mistero aggiunta al sentimento romantico dell’estate, ma anche il senso di minaccia con l’arrivo dell’oscurità. Sapevo che c’era qualcosa in questa immagine, anche se non sapevo al tempo che questa ragazza era Kala. Ho cominciato a scrivere attorno a ciò e la storia ha iniziato a prendere forma. Comunque ci sono state moltissime influenze letterarie per questo libro. Una delle più importanti è un libro di Margaret Atwood chiamato Cat’s Eye. È un libro degli anni Ottanta e descrive la storia di una donna di cinquant’anni che ha vissuto a Toronto per molti anni. Dopo un lungo periodo di assenza, tornando nella città, è attaccata dai ricordi di quando era bambina, soprattutto riguardo una ragazza chiamata Cordelia. Tutto il libro si basa sul rapporto molto complicato con lei e il modo in cui questa relazione ha modellato la sua vita. È stata un’ispirazione per il fatto di tornare di nuovo in un posto e avere tutti questi ricordi che riaffiorano.
Possiamo dire che la nostalgia è uno dei temi del libro: pensi sia qualcosa di positivo o negativo nella vita in genere?
Penso ci sia un lato positivo e uno negativo, ma penso che si possa arrivare al lato positivo solo attraversando quello negativo. So che sembra molto astratto, ma se ci guardiamo attorno ci renderemo conto che nel mondo in cui viviamo non c’è mai stato in passato un momento in cui la nostalgia fosse così potente nella cultura come oggi. Ogni cosa è un rifacimento di qualcosa di vecchio: tutte le canzoni o i film, per esempio. Ma in realtà è ancora più pericoloso nella politica, perché la nostalgia non è basata sull’avere una sana relazione con il passato. Si basa sull’idealizzazione di esso e si usa quella versione per allontanare il presente. Per esempio, lo vediamo in Make America Great Again o nella Brexit e in molte altre nazioni che prendono spunto dall’idea che si possa tornare al tempo di quando tutto era perfetto. In realtà non c’è mai stato un tempo perfetto. Penso sia un modo per togliere il valore del presente e allontanare il futuro. Allo stesso tempo, però, è qui che c’è un lato positivo. Immaginiamoci di essere molto nostalgici ripensando all’adolescenza: la vedremmo senza difetti, ma se pensiamo realmente a quel momento senza idealizzarlo, ci piacerebbe ritornare a vivere esattamente come prima? No, perché eravamo degli adolescenti e tutto suonava problematico. Non era un periodo perfetto. Tuttavia, ci rendiamo conto, togliendo le emozioni negative, quanto la vita fosse bella, piena e ricca. In realtà lo è ancora nel presente, solo che non ce ne accorgiamo per via dei problemi con cui abbiamo a che fare. So che nel futuro ripenserò a questo momento e mi sentirò nostalgico. Ripenserò solo alle cose positive come la brezza tiepida o il rumore dei bambini che giocano, anche se ora penso ai problemi che ci sono. Tuttavia, nell’arte la nostalgia riduce le possibilità. Dato che la creatività è sempre un salto nel vuoto e un rischio, è normale rimanere vicini a qualcosa di stabile, ricreando forme d’arte che ci sono già state nel passato. Per questo capisco che, soprattutto nei tempi spaventosi in cui viviamo oggi, ci si affidi al passato, anche se non troveremo le soluzioni se rimaniamo aggrappati ad una fantasia.
Come è visto il tema della morte nel libro?
La morte è qualcosa di assoluto. È un confronto con ciò che finisce, che è qualcosa di veramente spaventoso, ovviamente. Molti personaggi nel libro hanno un’esperienza molto vicina ad essa, non necessariamente la morte, perché loro non sanno se Kala è morta o no all’inizio della trama; loro sanno che è scomparsa e non è mai tornata. Per questo conoscono la perdita. In molte delle relazioni che loro instaurano con il mondo e tra loro, i protagonisti stanno scappando dalla fine delle cose, da ciò che non si può cambiare. Una gran parte del libro riguarda come le persone si confrontano con la morte e rispondono in vari modi, ma in qualche modo gli eventi della storia forzano i personaggi, che scappano dalla domanda della fine, dalle responsabilità che arrivano con essa e con la morte. Alla fine, il fulcro del libro è come i personaggi affrontano queste situazioni.
Che emozione dovrebbe avere il lettore alla fine del libro?
Il libro è scritto da tre prospettive diverse, quindi il lettore avrà tre versioni diverse della realtà. Noterà che ogni personaggio percepisce delle cose e non altre, questo dipende da come il personaggio e la sua mente sono costruiti. Quindi, tra queste tre versioni ci sono dei buchi all’interno dei quali il lettore può entrare e cercare di costruire la sua versione della storia. È lo stesso con il buco tra passato e presente: c’è tutto questo spazio in cui molte domande sono aperte e si invita quindi il lettore dentro il libro per creare una sua opinione dei fatti e una sua idea della storia. Per me, il modo in cui il lettore reagisce alla fine del libro è l’atto finale della creazione. È il succo di ciò che il libro è, ed è interamente fatto dal lettore, perché molte domande che si aprono all’inizio del libro trovano una risposta quando si arriva alla fine. Tuttavia, molte altre vengono aperte durante la storia e non vengono mai chiuse. La creazione del lettore sta nel rispondere a quelle domande, che è anche un modo del lettore per capire a pieno e per chiedersi: ”È un libro ottimista? È un libro molto triste? È un libro sia ottimista che triste?”. Per me è davvero importante lasciare quello spazio per il lettore, anche se so che alcuni saranno frustrati se c’è un qualsiasi tipo di finale aperto, ma io sento come se lo scrittore dovesse avere rispetto nei suoi confronti. Non è un monologo, ma una danza: io guido la danza perché ti racconto la storia, ma la danza non funziona se l’altro non partecipa. Alla fine, spero che la danza sarà dell’altro, non più mia.
Alcune domande più leggere: hai mai letto un libro di un autore italiano? Se sì, quale?
Si, certamente. Ho letto libri di Paolo Giordano e Ferrante. Lei è una scrittrice davvero famosa nel mondo inglese. È probabilmente la scrittrice italiana che più prevale negli ultimi anni. Ho letto anche autori più vecchi come Pavese e intellettuali italiani come Gramsci, che comunque piacciono al pubblico. Poi Umberto Eco, tra quelli che hanno grande visibilità nel mondo inglese. Infatti, una delle cose più positive di questo viaggio in Italia è che sto incontrando un sacco di persone e sto ricevendo consigli di lettura che riguardano la letteratura contemporanea italiana, che non ha avuto abbastanza attenzione nel mondo inglese. Quindi ora ho una lista di circa duecento libri da leggere: penso che sarò povero quando arriverò alla fine! Tuttavia, non vedo l’ora di esplorare questa parte della letteratura, che non ha la visibilità che meriterebbe, anche se sta veramente migliorando. Adesso nel mondo inglese si sta dando molta più attenzione alla traduzione dei libri. La mia speranza è trarre ispirazione da queste nuove letture.
Quindi diresti che è difficile per la letteratura italiana essere conosciuta nel mondo inglese?
Si, penso sia così. Se non sei un grande best seller è molto difficile avere visibilità. Certo, sono conosciuti i grandi autori come Dante e Petrarca, ma per i contemporanei è quasi impossibile: devi vincere il premio Strega, devi vendere qualcosa come centinaia o migliaia di copie in Italia prima di avere una recensione da “The Guardian” o simili. Comunque, rimane una cosa più semplice di come era in passato, anche se ancora ci sono tante difficoltà.
Siamo interessati all’opinione degli stranieri sull’Italia. Cosa pensi di questo Paese, della sua cultura e delle sue città?
Io amo l’Italia, penso che ci siano tantissime similitudini tra gli italiani e gli irlandesi, che il modo in cui pensiamo, il senso dell’umorismo, il calore e l’accoglienza siano simili. Questo senso di invitare sempre qualcuno a unirsi al gruppo: sta tutto nel far sentire a proprio agio e a casa. Penso che anche in termini di storia ci siano delle similitudini, ad esempio in Italia ci sono vari tipi di Italia al suo interno, ed è lo stesso in Irlanda. Qui c’è differenza da regione a regione: cambiano dialetti, idee politiche e classi sociali tutto questo per complesse ragioni storiche. È lo stesso in Irlanda. Sono stato in Italia tante, tante volte. Il primo ricordo della mia vita è della Sardegna. Avevo tre anni e stavo guardando dei ragazzi che si tuffavano nell’acqua e volevo andare anche io ma non avevo il permesso perché ero piccolo! Sono stato anche in altre città come Milano, Venezia, Verona, Pisa, Roma, Napoli, Ischia e Firenze. Ho molti amici italiani e altrettanti che ci hanno studiato per il progetto Erasmus, quindi direi che ci sono molte connessioni anche solo nella mia vita privata. Quando vedo che ai lettori italiani piace Kala, sento che ha senso. Non mi era mai successo prima, ma è chiaro: la sensibilità è abbastanza simile. Ogni cultura è diversa quindi è normale non capirsi subito con gli stranieri, però con gli italiani è una cosa chiaramente diversa. Ogni volta che sono in Italia sento un senso di familiarità, mi sento a casa. Tranne che qua è molto più bello, il cibo è migliore, il clima, le vibrazioni: è tutto molto piacevole. Ho solo cose positive da dire dell’Italia.
Come ultima domanda vorremmo chiederti: credi che il paesaggio irlandese ti abbia dato l’ispirazione per alcune scene del libro?
Sì, sì, certamente. In modi diversi Kinlough, che è solo una città inventata per il libro, in realtà è un collage di molti posti differenti che ho visto nella mia vita. La città stessa nel libro è uno dei personaggi più importanti. Il posto è importantissimo e una delle cose migliori del paesaggio irlandese è che è così drammatico, come il clima che cambia costantemente. È adatto al racconto di storie perché ci sono un’atmosfera e un ambiente molto pesante tutto il tempo. Quindi direi che il paesaggio ha un ruolo enorme nel libro.
[Come lo stesso Walsh ha detto durante l’intervista con Fazi Editore per la presentazione del libro, Kinlough è in realtà una città realmente esistente in Irlanda. Walsh si è accorto di ciò solo dopo la pubblicazione, quando, durante un’intervista radiofonica, una donna ha commentato la diretta con un messaggio che esprimeva la sua felicità nel sapere che la città per la prima volta era stata scelta come scenario per una storia. Chiaramente non è stata una cosa intenzionale e Walsh ribadisce come in realtà nessun posto descritto corrisponde alle foto che si possono trovare della città, NdA].
Ringraziamo Fazi Editore e lo stesso Colin Walsh per questa opportunità. Avendo trascorso un anno in Irlanda proprio nella città natale dell’autore, è stato eccezionale incontrare la mente che ha ritratto perfettamente l’ambiente e l’atmosfera irlandese all’interno di un’interessante storia.

di Elena Floris
Sono nata nel 2005 in Sardegna, ma la passione per l’arte mi ha portata fino a Ravenna per studiare Beni Culturali all’Università di Bologna. Mentre cerco di godermi a pieno la vita universitaria assieme ai miei amici, mi piace tenermi aggiornata sugli ultimi articoli delle grandi testate giornalistiche dedicate alla cultura, scrivere, visitare mostre e musei e immergermi nel mare che bagna la mia terra. Di tanto in tanto sogno e progetto il mio futuro, di cui l’unica cosa di cui sono certa è che l’arte ne farà parte.
[…] Kala, romanzo scritto da Colin Walsh e tradotto da Stefano Tummolini, è stato pubblicato per la prima edizione italiana da Fazi Editore, che ha inviato una copia del libro alla nostra redazione in seguito alla presentazione del libro, avvenuta a Bologna il 4 giugno. La redazione de L’Eclisse ringrazia Fazi e l’autore Colin Walsh, che ci ha concesso, in tale occasione, un’intervista, disponibile cliccando qui. […]