La decima fatica della cantautrice statunitense Taylor Swift è Midnights, un concept album costruito attorno ai pensieri a cui lasciamo spazio solo quando le lancette dell’orologio si reincontrano, pensieri la cui velocità è spesso distorta dai dubbi, dalle paure, talvolta dalla felicità. L’opera presenta l’ennesimo consapevole cambio di rotta per un’artista nota per reinventarsi ogni volta: ciò che resta sempre uguale a se stesso (o spesso migliora col tempo) è la sua penna, una meraviglia di coesione, brutalità, onestà: ogni canzone è una confessione da gridare nella propria testa durante la notte, mentre tutto dorme, tranne la nostalgia. Si può navigare in questo mare in tempesta, anche se a fare luce sui propri tormenti è solo la debole fiamma di un accendino. Dopo le sue avventure “boschive” dei due album del 2020, Folklore ed Evermore, Taylor ritorna al pop elettronico, ma lo fa in maniera oscura, torbida, spaventata, con arrangiamenti freddi, spaesanti, rarefatti, imprevedibili, a immagine dei sentimenti e delle consapevolezze (o la ricerca di esse) che lasciamo sgorgare dagli occhi solo quando non c’è luce.
Il lavoro si apre con Lavander Haze, un brano dalla produzione sublime e trascinante che sembra quasi portare con sé il profumo del fiore del titolo. Taylor rivendica il diritto di vivere la propria relazione secondo le sue regole e non quelle dettate da un’obsoleta mentalità patriarcale in cui le donne possono solo essere avventure di una notte o mogli.
Maroon prosegue la consolidata tradizione di dipingere le relazioni e le emozioni con i colori. Questa volta le emozioni non sono rosse come in Red (2012) ma hanno delle sfumature più oscure: il dolore pulsa nelle vene come sangue rappreso, si muove a fatica ma circola già in tutto il corpo, muovendosi lentamente, annientando ogni sua parte. Una relazione iniziata con i piedi in grembo della persona amata si degrada fino a ritrovarsi a piangere con la testa tra le mani altrui. Le ore di sonno sono tormentate e interrotte dall’eredità, prima condivisa, lasciata in mano a soltanto uno dei due.
Anti-Hero è una presa di coscienza di brutale onestà, il risultato di troppe notti insonni a rimuginare sui propri errori: durante il ritornello quasi infantile Taylor grida esasperata “sono io, ciao, sono io il problema”, l’unico modo per sfuggire a questa consapevolezza è non guardarsi allo specchio. Richiede coraggio ammettere i propri limiti, sapere di aver allontanato delle persone forse per sempre perché si maschera il proprio narcisismo con finto altruismo, ostentato in pubblico e preteso in privato da chi ci è più caro.
Con Snow on the beach, il duetto con Lana del Rey, i toni si ammorbidiscono: innamorarsi è strano e bellissimo, esattamente con la neve in spiaggia. Il brano è davvero sublime, purtroppo dispiace che la presenza della cantante ospite sia poco evidenziata, che sia solo un’eco: forse è intenzionale, a dimostrare il dislivello tra le due persone coinvolte; una, infatti, è senza voce, non ha l’opportunità di raccontare la propria versione della storia, è sempre sovrastata, in posizione di difesa anche nei momenti dolci.
You’re on your own, kid è il racconto di una giovinezza sofferta, di solitudine imposta fin dalla più tenera età, di esclusione tra le mura di scuola: il personaggio della canzone è pieno di speranza, ma deve elemosinare attenzioni, aspettare o creare coincidenze fortuite pur di incontrare la persona che tanto spera riesca a colmare il suo vuoto nel petto. Organizza feste, versa lacrime, non mangia solo perché aspetta che la salvezza arrivi con il bacio di chi tanto desidera. La produzione del brano è un crescendo quasi euforico che porta al rendersi conto che da questa condizione ci si salva da soli.
Midnight Rain è la sostanza di chi decide per se stessi quando si è in due, di chi preferisce il dolore di entrambi alla tranquillità in nome della realizzazione personale, presunta antitesi ad una felicità di collaborazione: la pioggia di mezzanotte ha abbandonato il sole e con esso le promesse di sogni insieme.

Le conseguenze di ciò emergono nella traccia successiva, Question…? : una brava ragazza viene lasciata con il cuore pieno di domande senza risposta da un ragazzo triste, con la sola e spiacevole compagnia di esili spiegazioni a giustificare i più grandi gesti. “Hai mai conosciuto qualcuno che ti bacia in una stanza piena di persone?”. Degno di nota è anche il sample di Out of the woods (2014) che apre il brano, un colpo da maestro.
Vigilante shit documenta i deboli tentativi di emancipazione dopo il vuoto lasciato da un amore strappato, i momenti in cui ci si ritrova a combattere battaglie senza buoni o cattivi, dove non ci sono supereroi e nemesi ma si indossano i panni di vigilanti: sempre all’erta a difendere i quartieri più bui e malfamati del proprio stomaco. La traccia non avrebbe sfigurato se inserita nel suo album Reputation (2017).
Questi sforzi proseguono nel brano successivo, Bejeweled: ci si rende conto che si è stati troppo gentili e buoni con chi non ha fatto lo stesso, con chi ha calpestato il nostro giardino di pace con le scarpe che gli abbiamo regalato. “Mi manchi ma mi manca brillare” è il grido di chi riesce a ricordarsi che sa ancora illuminare una stanza piena di gente, anche quando la persona che ama non ha occhi per apprezzarlo.
In Labyrinth Taylor racconta di come è stata salvata dopo che la sua vita era in frantumi: qualcuno l’ha trascinata fuori dal labirinto della sua mente all’improvviso; mentre si sentiva un aereo in picchiata qualcuno è stato in grado di invertire la rotta ed evitare lo schianto. Per fortuna il male che si fa ritorna sempre indietro con Karma, un pensiero rassicurante per chi lo ha subito.
Le due tracce conclusive, Sweet nothing e Mastermind concludono l’album con una nota positiva, seppur dolceamara: il percorso per godere del dolce far niente di qualcun altro è tortuoso, arrivando a confessare, con la voce spezzata, che avere tendenze machiavelliche e manipolatrici per avere ciò che si vuole in una relazione è da associare al trauma del bullismo infantile.
Taylor Swift è sempre stata nota per comporre canzoni di catarsi in seguito a relazioni senza lieto fine, perché i suoi interessi amorosi non si rivelavano ciò che sperava. Quest’ultimo lavoro è un testacoda rispetto a tutto quello che ha caratterizzato la sua discografia fino a questo punto della sua carriera: in quasi tutte le tracce la cantautrice si prende la colpa per aver inflitto dolore, si rammarica delle vite che ha toccato e lasciato ferite, si rifugia nelle sue più profonde paure, arriva addirittura a detestarsi. È fondamentale e doloroso ammetterlo a se stessi, nel bel mezzo della notte, quando il cuore è in bilico tra storie d’amore e piani di vendetta.

di Matteo Mallia
Mi chiamo Matteo, mi vanto di essere nato in un anno con 3 zeri, frequento la facoltà di Ingegneria Fisica al Politecnico di Milano, fin da piccolo ho sviluppato un’inguaribile passione verso i libri. Amo la musica: mi piacciono solo le cantanti con il nome d’arte che inizia con la L (sta a voi indovinare!) ma la mia preferita è Taylor Swift. Non riesco a non dire la mia opinione su film e serie tv, non lo farò nemmeno questa volta.