“Who knows what to think about Marilyn Monroe or about those who turn her sickness to a metaphor?” Pauline Kael wrote in her 1973 review of Norman Mailer’s picture book, Marilyn. “I wish they’d let her die.”1
8 settembre 2022, 79ª Edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Esco dalla Sala Grande dopo 2 ore e 46, stordita e incredula, ancora ammaliata dalle note della colonna sonora firmata Nick Cave e Warren Ellis (per intenderci, gli stessi di “The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford”, 2007) e, vergognosamente, impressionata da quello che ho appena visto. Come sotto effetto di un lavaggio del cervello, Blonde mi aveva abbagliato con i suoi riflettori, ma solo dopo mi sono accorta che mi aveva anche accecato.
Se non avete idea di cosa stia parlando, Blonde è un film del suddetto Dominik, produzione Netflix, presentato a Venezia, nel cast Ana de Armas (Knives Out, No Time To Die), Bobby Cannavale (Blue Jasmine, The Irishman) e Adrien Brody (Il pianista, Grand Budapest Hotel). Tratto dall’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, la trama è (ovviamente) incentrata sulla “bionda” per eccellenza, Marilyn Monroe, e tutte le sue sfaccettature: donna, figlia, madre, moglie, attrice, amante… Come dice anche il disclaimer nei titoli di testa, Blonde è un lavoro di finzione, esclusivamente basato sul libro, una biografia fittizia dove la maggior parte dei fatti narrati, salvo i più emblematici, sono finzione. Per questo motivo, non è del tutto corretto definire la pellicola come “il film sulla vita di Marilyn Monroe”, perché non lo è e non intende esserlo (almeno, a detta di Dominik). Di recente, ovunque si è gridato allo scandalo riguardo ai non pochi aspetti problematici di Blonde – dai quali, però, Dominik non sembra particolarmente toccato, criticandolo aspramente come l’ennesimo sfruttamento della figura di Marilyn, sempre a metà tra il pubblico e il privato.
Intanto, con la “scusa” di essere un adattamento da un romanzo di fiction, il film contiene diverse incongruenze sulla vita di Norma Jeane Mortenson Baker (il vero nome di Marilyn). Essendo così facile fraintendere Blonde per un biopic, è meglio fare luce su tutte le fake news.
“Blonde’s writer-director Andrew Dominik is less interested in a straightforward presentation of Monroe (Ana de Armas), instead aiming for an expressionistic, often brutal tone poem that uses exploitation as its medium of choice.”2
L’aborto è uno dei temi principali, se non il preponderante, del film. Evento già emotivamente distruttivo, la resa visiva è chiaramente d’impatto, ma rasente alla pornografia del dolore: qui Marilyn affronta due aborti chirurgici e uno spontaneo. All’inizio decide di abortire per poter recitare in Gli uomini preferiscono le bionde (1953); quando si reca all’appuntamento, però, dice ai dottori di avere cambiato idea e li implora di non proseguire, ma loro effettuano l’operazione contro la sua volontà. In seguito, quando è incinta del suo terzo marito, Arthur Miller (Adrien Brody), c’è l’inquadratura di un feto in CGI, che le chiede “Non mi farai del male stavolta? Non come hai fatto la scorsa volta?”. O anche, poco prima della sua morte per overdose, gli agenti dei Servizi Segreti la obbligano ad abortire nuovamente per sbarazzarsi del figlio che lei ha concepito con il presidente John F. Kennedy, in modo da tenere segreta la loro relazione clandestina.
Tuttavia, spiega la storica Michelle Vogel (autrice di Marilyn Monroe: Her Films, Her Life), lei non ha mai voluto abortire di sua volontà. Soffriva di endometriosi, che ha compromesso la sua fertilità portandola a due aborti spontanei (1956 e 1958) e una gravidanza ectopica3 nella quale perse il figlio. Con un argomento così delicato (e sapendo che, nel mondo, attualmente circa 150 milioni di donne soffrono di endometriosi, dati ONU) perché si è scelto di far incolpare Marilyn dal suo stesso feto (come se fosse già un essere umano completamente forzato e senziente)? Dominik dice: “[…] quel bambino per lei è reale, ed ecco perché lo si vede. Non credo che la scena sembrerebbe così vera [altrimenti]. E poi, lei sta avendo un aborto contro la sua volontà. Quindi sarebbe abbastanza orribile. Sto cercando di ricreare la sua esperienza. Sto provando a far affrontare al pubblico la stessa cosa. Non sono interessato al buon gusto.”4 E infatti, alla prova di questo, c’è anche un’inquadratura POV dall’utero, mentre un dottore inserisce un forcipe e si fa strada mentre opera.
Un’ulteriore incongruenza è la “troppia” (tri-coppia? Coppia in tre? Difficile trovare un termine equivalente in italiano che non sia cacofonico) composta da Marilyn, Cass, e Eddy. Cass, ovvero Charlie Chaplin Jr., era uno dei figli della star del cinema muto Charlie Chaplin, mentre Eddy, Edward G. Robinson Jr., era il figlio di Little Caesar e dell’attore di Key Largo Edward G. Robinson. In Blonde, gli spettatori vedono Marilyn incontrare Cass ed Eddy in un corso di recitazione prima che il trio poi torni a casa insieme, diventando alla fine una throuple, secondo USA Today. In realtà, Marilyn aveva relazioni separate con i due uomini. Scott Fortner, storico e collezionista di cimeli dell’attrice, ha affermato che mentre lei aveva una relazione con Cass, la coppia non aveva un rapporto a tre con Eddy, almeno per quanto ne sappiamo5. Blonde ha comunque incluso questo dettaglio in quanto faceva parte del romanzo di Oates.
Tuttavia, è vero che Monroe non ha mai incontrato il suo vero padre: nel film, è Cass a fingersi lui attraverso delle lettere, e questo viene rivelato nel finale, appena prima del suicidio di Marilyn, quasi a implicare che questa verità fosse troppo da sopportare, e che quindi abbia contribuito come motivazione per uccidersi. In realtà, lei è riuscita a rintracciarlo, secondo il libro di Charles Casillo Marilyn Monroe: The Private Life of a Public Icon. Suo padre era Charles Stanley Gifford, un collega della madre Gladys agli studios della RKO. Tuttavia, sul certificato di nascita di Marilyn è indicato un ex-marito di Gladys, Martin Edward Mortensen (anche se, secondo The Cinemaholic6, seguendo le tempistiche della loro separazione, non può essere il padre biologico). Casillo ci racconta che, quando Monroe parlò a Gifford della sua identità, lui non volle avere niente a che fare con lei, replicando di avere già una famiglia, e di contattare il suo avvocato. In Blonde, Marilyn crede che suo padre sia Clark Gable fino alla rivelazione finale di Cass, il che non è totalmente falso, ma che una volta che lavorarono insieme al film del 1961 Gli spostati, già non vi credeva più7.
Se dopo tutte queste incongruenze storiche vogliamo invece concentrarci sugli aspetti più tecnici, allora dobbiamo sicuramente sottolineare che in Blonde ci sono spesso cambi di formato e di colore, apparentemente senza significato. O meglio, così credevo. Dato che si tratta di una scelta visiva abbastanza “importante”, si potrebbe pensare che questi cambi siano assolutamente voluti o, perlomeno, si colleghino a certi eventi chiave della vicenda. Dominik ha invece detto a riguardo: “Non c’è un senso legato alla storia. è basato solo sulle fotografie. Quindi, se una foto era quattro per tre, allora la giriamo quattro per tre. Non c’è una logica dietro, se non provare a conoscere la sua vita, visivamente”8.
Nonostante la presenza (forse non necessaria) di scene esplicite di violenza sessuale, Andrew Dominik non fa alcuna menzione dei movimenti attuali come #MeToo o i numerosi scandali che coinvolgono i nomi più importanti di Hollywood da diversi anni. “Semplicemente accade, quasi vi si sorvola, e la sensazione la segue anche successivamente. Credo, in qualche modo, di non vedere il film come esclusivamente “femmina”. Per me parla di essere un figlio non amato, lo comprendo”. O anche: “Blonde è pensato per lasciare [lo spettatore] sconvolto. […] è un urlo di dolore, o di rabbia. Di tutti i film che ho girato, è quello che mi colpisce ogni volta che lo vedo in maniera diversa.”9
Stupisce anche il fatto che, per un personaggio così beneamato dalle donne, non si vedano molte amicizie o interazioni, in generale, tra Monroe e altre donne. Dominik giustifica questa scelta dicendo che lei era una “guy’s girl” (una ragazza a cui piace circondarsi solo di ragazzi, nda), e che non aveva tante amicizie in generale, tantomeno con altre donne (il che è semplicemente errato, data la sua celebre amicizia con Ella Fitzgerald10). “C’è l’impressione che noi vogliamo reinventarla secondo le politiche di adesso, ma era una persona straordinariamente autodistruttiva”. 11
Per aver avuto una vita così intensa e popolata di avvenimenti e incontri, non vengono nemmeno menzionati i suoi successi (ha fondato la sua società di produzione12, tanto per dirne uno). “Non è proprio di questo che tratta il film. Parla di una persona che si ucciderà, quindi qui si cerca di analizzare le ragioni per cui lo ha fatto. Non stiamo a esaminare la sua eredità culturale. Cioè, a lei non interessa particolarmente tutto ciò. Se si guarda Marilyn Monroe, lei ha tutto ciò che la società ci dice che sia desiderabile: è famosa, è bellissima, è ricca. Se guardi alla “versione Instagram” dei fatti, lei ha tutto. E si è uccisa. Ora, questo, per me, è la cosa più importante, non il resto. Non i momenti di forza, okay, ha combattuto per avere controllo dagli uomini degli studios, perchè, si sa, le donne sono forti tanto quanto gli uomini. Ma questo vorrebbe dire guardare [la vicenda] attraverso un filtro che a me non interessa così tanto. Mi interessa di più come lei si sente, com’era la sua vita emotiva.13”
Se ancora non vi ho convinto, lascerò che a farlo siano le parole del regista stesso, in questo estratto dall’intervista di Christina Newland per il Sight and Sound Magazine del British Film Institute, pubblicato su Twitter dalla giornalista stessa14:
Ebbene, proverete lo stesso a guardare Blonde?
Note
- Marilyn: A Rip-Off With Genius
- Fact or fiction: 6 scenes from Blonde and the real-life stories behind them
- Condizione patologica in cui l’impianto dell’ovulo fecondato avviene in sedi diverse dalla cavità uterina. (da Humanitas.)
- Andrew Dominik on Blonde | Sight and Sound
- “Blonde”: Marilyn Monroe era davvero in un Throuple? – Tebigeek
- Who was Marilyn Monroe’s Dad? Did She Meet Him in Real Life?
- Fact or fiction: 6 scenes from Blonde and the real-life stories behind them
- Andrew Dominik on Blonde | Sight and Sound
- Andrew Dominik on Blonde | Sight and Sound
- Quando Marilyn Monroe divenne amica di Ella Fitzgerald – Stone Music
- Andrew Dominik on Blonde | Sight and Sound
- How Marilyn Monroe founded her own production company | EW.com
- Andrew Dominik on Blonde | Sight and Sound
https://twitter.com/christinalefou/status/1574785874277064706?s=20&t=xbkZ02ZAurEuIIUAlC5OCQ
[…] pellicola ha collezionato pareri contrastanti, tra cui il nostro grazie a Vittoria Tosatto, e non è la prima volta che l’arte cerca di raccontare Marilyn, le sue […]
[…] Everything All at Once). Andrea Riseborough (To Leslie), Ana De Armas (Blonde, di cui trovate un articolo sul nostro sito, scritto dalla brava Vittoria Tosatto) e Michelle Williams (The Fabelmans) saranno probabilmente […]