Una recensione di Se i gatti scomparissero dal mondo
Se dovessi morire domani, accetteresti di fare scomparire qualcosa dal mondo per ottenere un giorno di vita in più? A che cosa saresti disposto a rinunciare?
Questo è proprio l’interrogativo a cui il protagonista de Se i gatti scomparissero dal mondo dovrà faticosamente rispondere.
Il romanzo – scritto da Kawamura Genki, produttore cinematografico e scrittore giapponese – è stato pubblicato in Giappone nel 2012 e successivamente in Italia nel 2019 per Einaudi, nella traduzione di Anna Specchio.
Il suo successo è dovuto dall’autenticità con cui l’autore riesce a unire una trama fiabesca a tematiche serie e profonde, attraverso una prosa piana, semplice e delicata, capace di coinvolgere la sensibilità e la commozione del lettore.
Il personaggio principale è un giovane e anonimo postino che vive la vita all’insegna della monotonia: segue ogni giorno una routine piatta e tediosa, ma senza preoccuparsene troppo. Se non fosse per il suo amato gatto, Cavolo, le sue giornate sarebbero avvolte nella più completa e avvilente solitudine. La presenza di questo animale domestico è l’unica davvero significativa e costante per il protagonista: viene esaltato, quindi, il legame meraviglioso, indissolubile e toccante che unisce un animale all’essere umano. Questa quotidianità prende una svolta decisiva quando il postino scopre di soffrire di una malattia incurabile, che lo porterà a morire nel giro di poco tempo. A partire da questo momento, l’animo del protagonista è paralizzato in una stasi lacerante, finché egli non riceve una visita dal Diavolo, personaggio beffardo, arguto e irriverente che gli propone un patto: far scomparire qualcosa dal mondo in cambio di un giorno di vita in più.
Ad un primo sguardo, un accordo del genere si mostra come l’unica via di salvezza; però, soffermandosi con più attenzione, notiamo che sono proprio le cose di cui apparentemente ci si può sbarazzare con facilità e superficialità che formano il nostro piccolo mondo interiore: un mondo fatto di dolori, paure, rimpianti, rimorsi, delusioni, esigenze e gioie. Un quesito come questo porta inevitabilmente a fare un bilancio involontario della propria esistenza.
Fin da subito, emerge in modo evidente un tratto che contraddistingue l’indole del protagonista: l’incapacità di comunicare con chi gli sta accanto. Questo tipo d’impedimento – ovvero la difficoltà ad aprirsi, condividere e confrontarsi – ha condotto il protagonista a una vita d’isolamento: il suo presente è una debole bolla in cui egli esiste, ma senza vivere davvero, insieme ai pensieri e ai ricordi. Così, nella sua mente riaffiorano tutte le sue esperienze passate e accantonate, con le quali egli non ha mai avuto il coraggio di fare i conti: la memoria della madre scomparsa, il rapporto conflittuale col padre, le mancate aspirazioni di vita e lavorative, la perdita di un amore giovanile. In effetti, il ricordo ha la funzione di accompagnare il personaggio nel suo percorso di presa di coscienza, volto a comprendere l’importanza e il senso della propria esistenza e diventando, quindi, parte fondamentale della trama.
Questo percorso non è affatto semplice, anzi, si tratta di un cammino impegnativo, sofferto e nostalgico. Tutto ciò che fino a poco prima era banale, ordinario e scontato, si mostra ora in tutta la sua potente necessità e unicità (come una semplice chiacchierata al telefono, una passeggiata col proprio animale domestico, il dvd del proprio film preferito…).
Pertanto, questa storia è attraversata da una fortissima componente riflessiva: così come il protagonista interroga sé stesso sul significato della propria vita ormai giunta agli sgoccioli, allo stesso modo, il lettore si ritrova a guardare dentro di sé, ponendosi gli stessi interrogativi.
Una delle tematiche principali del romanzo è, appunto, quella del patto col diavolo, un tema già ampiamente trattato in leggende, racconti e opere letterarie. L’esempio più noto di patto col diavolo è quello stretto, secondo la leggenda, tra il mago e filosofo Faust e il demone Mefistofele. Altri celebri esempi sono Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde e da La pelle di Zigrino di Balzac.
Tuttavia, Genki ha trasformato questa tematica, con lo scopo di avvicinarla il più possibile alla modernità: la presenza del Diavolo ha il fine di simulare la vita dell’uomo moderno senza gli oggetti che appartengono strettamente alla quotidianità di ognuno di noi, quelli che utilizziamo un po’ per comodità e abitudine, altri per piacere e necessità. Ed ecco che, grazie all’eliminazione di queste cose, si arriva allo scopo ultimo e finale di quest’opera: spronare il lettore a comprendere ciò che è veramente importante, il valore che risiede nelle piccole cose, nelle persone che abbiamo accanto e in ciò che lasceremo di noi su questa terra.