L’illusione di una fortezza
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), tra il 2014 e il 2023 ci sono stati più di 26.000 morti e dispersi nel Mar Mediterraneo: circa l’80% si trovava nel Mediterraneo centrale, nella tratta tra le coste nordafricane e l’Italia1. Il bilancio dei migranti negli ultimi anni è in diminuzione, ma si è registrato un aumento delle vittime. I dati Unicef segnalano che dal 2018 sono morti circa 1500 bambini (in media una persona su cinque), mentre solo fino a luglio 2023 sono morti 289 bambini – una media di undici bambini a settimana2. Mentre il Mediterraneo diventa giorno dopo giorno un cimitero a cielo aperto, l’Europa chiude sempre più i suoi confini e protegge quella che nell’ultimo decennio si è definita la “Fortezza Europa”.
Con il termine Fortezza Europa si fa riferimento alle politiche migratorie e di accoglienza dell’Unione Europea negli ultimi anni. Le politiche in tema di immigrazione europee, infatti, si sono fatte sempre più austere nei confronti dei migranti: il pattugliamento delle frontiere e la chiusura dei confini sono solo la punta dell’iceberg della chiusura dell’Europa nei confronti dei migranti. Se da un lato il termine viene utilizzato come dispregiativo nei confronti di misure aspre, dall’altro è stato spesso utilizzato anche dai partiti conservatori dell’Unione con accezione positiva: se l’Europa rimane una fortezza, gli immigrati non possono entrarci facilmente.
Se recentemente il numero degli sbarchi è minore rispetto a otto anni fa (più di un milione di migranti sbarcati nel 2015 contro i 123.300 del 20214), ultimamente l’Europa ha registrato un aumento di immigrati in arrivo da Paesi considerati tradizionalmente sicuri, per esempio Turchia, Bangladesh, Marocco ed Egitto. A febbraio 2023, prima di una riunione del Consiglio europeo, il problema della ridistribuzione interna dei migranti veniva segnalato come il maggiore a livello UE. La redistribuzione degli immigrati è da sempre al centro delle discussioni tra gli Stati membri: questo perché in base al Regolamento di Dublino (2013) un richiedente asilo può presentare la domanda solo nel Paese di primo ingresso. Come sappiamo, la maggior parte dei migranti sbarca nei Paesi del Mediterraneo centrale, come l’Italia. Il PPE (Partito Popolare Europeo) diventa sempre più conservatore e rigido nei confronti della questione migranti: basi pensare al presidente Manfred Weber, il quale è favorevole alla costruzione di muri nei confini a spese dell’Unione Europea. “Ribadisco che nessuno vorrebbe muri, ma se necessario dobbiamo costruirli e la Commissione europea dovrebbe essere pronta a finanziarli”5, ha dichiarato. Ma non è l’unico a volere delle politiche sempre più aspre: l’Austria chiede di finanziare la costruzione di un muro al confine tra Bulgaria e Turchia; l’Italia invece un codice di condotta europeo per regolare l’attività delle ONG; Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia sono contrarie a qualsiasi tipo di ricollocamento obbligatorio nei loro Paesi.
L’Unione Europa, tra le varie misure in materia di migrazioni, ha recentemente stanziato 800 milioni di euro per gli Stati del Nord Africa fino al prossimo anno: sono arrivate infatti le prime motovedette in dotazione alla Guardia costiera libica.
Dopo il 2015, che ha sancito il picco degli sbarchi nel Mediterraneo, in Europa si è cercato di migliorare il controllo dei flussi migratori. L’8 giugno 2023, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo su due regolamenti sul tema migranti: un primo regolamento sulla procedura d’asilo e un secondo regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione. Il primo mira a regolamentare una procedura comune per tutta l’Unione in riferimento alle richieste d’asilo: tutti gli Stati membri sono tenuti a seguire il nuovo regolamento dopo aver ricevuto la richiesta di protezione internazionale. Il secondo, a seguito della sua approvazione, dovrebbe sostituire gli Accordi di Dublino per stabilire le norme che determinano quale Stato membro è competente per l’esame della domanda di asilo. Con questi nuovi regolamenti, l’UE vorrebbe abbreviare i termini delle procedure e creare un “nuovo meccanismo di solidarietà semplice, prevedibile e praticabile”7. Ma è veramente così?
Come ben analizzato in questo articolo del Centro Studi Geopolitica, le politiche migratorie hanno due dimensioni: una interna e una esterna. La dimensione interna si riferisce all’ingresso, il soggiorno (regolare o meno) e ai rimpatri. Per dimensione esterna, invece, ci riferiamo alle relazioni UE con i Paesi di invio e transito dei migranti. L’Unione Europa mette in atto due meccanismi principali: il remote control e il root cause. Con remote control ci si riferisce a tutti gli accordi con Paesi terzi per impedire ai migranti di attraversare le frontiere UE, per esempio aiutando questi Paesi con tecnologie di sorveglianze. Con root cause, invece, parliamo di tutti quei casi in cui l’Europa cerca di modificare i push factors, ossia i motivi per cui le persone sono spinte a lasciare il loro Paese, attraverso finanziamenti o assistenza allo sviluppo. Se da sempre le dimensioni interne alle politiche migratorie hanno creato problemi tra i Paesi membri, la dimensione esterna è l’elemento d’unione: l’obiettivo comune sembra essere quello di eliminare il problema dell’immigrazione e mantenere la Fortezza Europa ben salda.
Ciò di cui però l’Europa non si è ancora resa conto – o forse fa finta di non vedere – è che il tema migratorio è un problema strutturale del continente europeo e dell’Unione stessa, non un qualcosa di temporaneo. Andrebbe quindi gestito in modo serio, non come un’eterna emergenza. Non stiamo parlando di un qualcosa che capita una tantum, ma di un fenomeno che si sta ripetendo – almeno in questa portata – sistematicamente da circa 10 anni. Le politiche migratorie dell’Unione europa non hanno portato a una buona gestione dei flussi (e lo dimostrano le innumerevoli stragi in mare e il problema dei CPR) proprio perché gli Stati membri hanno sempre dato priorità al controllo nevrotico dei confini invece che a sbarchi sicuri e all’integrazione.
In questo modo cresce esponenzialmente la dipendenza dell’Unione Europea nei confronti dei processi di esternalizzazione. Per esempio, in Turchia, l’UE ha indirettamente finanziato e rafforzato il potere autoritario del presidente Recep Erdogan fornendogli finanziamenti per il mantenimento del controllo ai confini. Nel 2020, Erdogan riaprì le frontiere con la Siria e la Grecia come ricatto per fare pressione sull’Unione in modo da ricevere più fondi per gestire i rifugiati. I migranti diventano quindi una merce di scambio, un oggetto su cui i Paesi europei e quelli di transito fanno scommesse e che utilizzano per ricevere soldi. Il potere di Erdogan oggi è così forte proprio perché l’Unione Europea non può permettersi di criticare se vuole mantenere salda la frontiera con Paesi come Siria, Iraq e Iran.
Un altro tema caldo rispetto alle politiche migratorie sono le relazioni con la Libia. Se da un lato l’Unione Europa ha tra i suoi principi fondanti i diritti umani, dall’altro sancisce accordi con la Guardia costiera libica, che fa di tutto tranne che trattare i migranti in modo dignitoso. Se contiamo poi che il 90% degli immigrati arrivati in Italia tra il 2013 e il 2017 provenivano dalla Libia, il problema diventa decisamente molto grave. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha denunciato la situazione di abusi prima di arrivare in Libia: “durante il loro percorso, i rifugiati e i migranti hanno poche opzioni se non quella di affidarsi ai trafficanti per attraversare il deserto del Sahara, esponendosi a un rischio molto alto di abusi”9. I migranti infatti, affidandosi ai trafficanti per arrivare in Libia, vanno incontro a un alto rischio di abusi fisici e psicologici. Quando si contano le morti e i dispersi, contiamo “solamente” quelle persone che sono riuscite ad arrivare in Libia vive, ma non potremo mai essere certi dell’entità dei morti durante la traversata dell’Africa sub-Sahariana vero la Libia.
La Libia vive in una situazione di anarchia (dopo la prima guerra civile del 2011, anche la NATO si è ritirata) ed è essenzialmente controllata da gruppi armati e da trafficanti che gestiscono i flussi migratori in totale assenza di diritti umani. Uomini, donne, bambini che arrivano in Libia devono affrontare torture e maltrattamenti, rapimenti in cambio di riscatto con la promessa di raggiungere l’Europa e violenze sessuali. Anche Philip Luther, il già direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa di Amnesty International, nel 2015 aveva dichiarato che “le condizioni terrificanti in cui vivono i migranti unite all’instabilità e ai conflitti che imperversano nel Paese fanno capire quanto sia pericoloso vivere in Libia oggi. Senza possibilità di scappare e cercare rifugio legalmente, i migranti sono costretti a mettere le proprie vite nelle mani di spietati passatori che estorcono, sfruttano e maltrattano senza farsi il benché minimo scrupolo”11.
Nel febbraio 2017 l’Italia ha firmato un accordo con il governo libico, il Memorandum Italia-Libia, essenzialmente per tenere lontano i migranti dalle sponde italiane. Firmato all’epoca da Gentiloni (PD) con il Primo Ministro del Governo di Riconciliazione Nazionale Fayez al-Sarraj, fu voluto dal Ministro degli Interni dell’epoca, Marco Minniti (PD). L’ONU ha criticato l’accordo e ha considerato alcuni vertici della guardia costiera libica come criminali e trafficanti. Ciononostante l’Italia lo ha appena rinnovato il 2 novembre 2022. Il Memorandum Italia-Libia prevede finanziamenti alla guardia costiera libica sotto forma di fondi, mezzi e addestramento in modo da sostenere attivamente il respingimento dei migranti. Una delle maggiori conseguenze è l’alimentazione del racket e il sostentamento dei centri di detenzione in Libia, luoghi di torture e soprusi. Dal 2017 al novembre dell’anno scorso, circa 100.000 persone sono state rintracciate e riportate nei centri di detenzione dalla guardia costiera libica12. Sicuramente dal luglio 2017 abbiamo osservato un calo degli sbarchi (sotto il ministro Minniti sono calati del 75% in quell’anno), per poi proseguire con Salvini qualche anno fa. Se sotto Minniti si è verificato un calo sia dal punto di vista delle partenze che dei morti e dispersi in mare, sotto Salvini la riduzione delle partenze ha portato però a un aumento di morti in mare. Questo fu causato anche dalle politiche dei porti chiusi (ricordiamo tutti il caso di Carola Rackete, comandante della Sea-Watch 3 che nel 2019 decise di sbarcare al porto di Lampedusa) e del temporeggiamento nell’assegnazione dei porti. Più tempo ci mettono le autorità europee ad assegnare i porti per lo sbarco – e quando lo fanno spesso non sono i più vicini dal punto in cui si trovano le navi ONG – meno le ONG hanno il tempo di salvare i migranti, e si hanno di conseguenza più morti in mare.
Queste sono politiche che non vanno avanti da sempre. Lo racconta anche Caterina Bonvicini nel suo libro “Mediterraneo: a bordo delle navi umanitarie”: nei primi anni delle crisi migratorie le operazioni SAR (“Search and Rescue”, ricerca e soccorso) erano condotte soprattutto da assetti politici – ad esempio, Mare nostrum14 – mentre ora sono lasciate totalmente nelle mani di barche private di ONG, che si basano soprattutto sulle donazioni dei cittadini.
Il 28 gennaio, Giorgia Meloni si è recata a Tripoli, in Libia, per firmare un nuovo accordo con la Guardia costiera libica per contenere i flussi migratori. Sono già state inviate cinque motovedette per il pattugliamento della costa libica in modo da contenere le partenze verso l’Italia.
Il pattugliamento dei mari non è qualcosa di cui si occupano solo i Paesi singolarmente, ma anche l’Unione Europea in quanto istituzione. Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ha ricevuto nel 2019 €1638 milioni rispetto ai €628 milioni del 2014; mentre Europol ha ricevuto nel 2019 €753 milioni rispetto agli iniziali €65415. Il budget di Frontex, che è amministrato direttamente dalla Commissione europea, ha subito degli aumenti esponenziali negli ultimi anni, riflettendo le politiche migratorie stesse.
Siamo sicuri che questa Fortezza Europa sia veramente qualcosa da proteggere? Nel 2022, secondo le statistiche della Commissione Europea, quasi 24 milioni di cittadini extra UE vivevano nei Paesi dell’Unione: solamente poco più del 5%16. Le persone che arrivano in Europa richiedenti l’asilo per la prima volta provengono prevalentemente da Siria, Afghanistan, Venezuela, Turchia e Colombia, tutti Paesi in cui le condizioni socio-economiche non sono stabili. L’Italia, a differenza di quello che spesso viene raccontato da forze politiche, non è il Paese con il più alto tasso di prime domande di asilo: si colloca al quinto posto dopo Germania, Francia, Spagna e Austria. Sempre secondo le statistiche dell’UE, nel 2022, 239 500 richiedenti asilo erano minori di diciotto anni e quasi uno su sei era un minore non accompagnato. Questo significa che quasi 40.000 minori hanno attraversato mezzo mondo da soli (oppure vedendo i loro genitori morire durante le traversate) per riuscire ad arrivare nel nostro continente in cerca di una vita migliore. Lo stesso continente, che le coalizioni di governo nei Paesi europei e in Unione Europea vogliono proteggere, come se fosse una fortezza che sta per cadere in mano nemica. Nel 2022, rispetto al 2021, sono aumentate del 29% le traversate marittime e del 110% gli attraversamenti delle frontiere terrestri.
Questi dati ci mostrano come agli occhi di migliaia di persone il nostro continente sembri un paradiso terrestre rispetto alle condizioni dei loro Paesi di origine. Non arrivano per rubarci il lavoro, per sostituire la nostra cultura o per renderci la vita più difficile: arrivano perché stanno cercando di sopravvivere. Arrivano perché sono in cerca di condizioni di vita migliori per sé e per i loro familiari, spesso bambini piccoli. Arrivano perché evidentemente non ce la fanno più a casa loro, non perchè hanno un’improvvisa voglia di attraversare il Mar Mediterraneo su un gommone. Nessuno attraverserebbe mari e montagne in queste condizioni, se non spinto da un’estrema disperazione. E noi, al loro posto, faremmo esattamente lo stesso.
Ad oggi, il lavoro di soccorso è rimasto nelle mani delle navi delle ONG come quelle di Sea watch, Sos Méditerranée, Open Arms, ResQ People, Medici senza frontiere e Mediterranea Saving Humans. I migranti devono contare sui volontari a bordo delle navi e su tutti quei cittadini che decidono di donare per salvare vite in mare, mentre i soldi dei finanziamenti europei vanno a rafforzare agenzie come Frontex o Paesi terzi come la Libia e la Turchia.
Note
- https://pagellapolitica.it/fact-checking/25-mila-morti-mediterraneo
- https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-unicef-2023-morti-289-bimbi-mediterraneo-AFiAUxD
- https://storymaps.arcgis.com/stories/07502a24ce0646bb9703ce96630b15fa
- https://www.unhcr.org/it/notizie-storie/notizie/mediterraneo-aumentano-i-morti-e-le-tragedie-lo-rivela-la-rappresentazione-grafica-dei-dati-dellunhcr/
- https://it.euronews.com/my-europe/2023/02/07/la-complicatissima-politica-migratoria-dellunione-europea
- https://storymaps.arcgis.com/stories/07502a24ce0646bb9703ce96630b15fa
- https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-migration-policy/
- https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Asylum_statistics&oldid=558844
- https://www.unhcr.org/it/notizie-storie/notizie/mediterraneo-aumentano-i-morti-e-le-tragedie-lo-rivela-la-rappresentazione-grafica-dei-dati-dellunhcr/
- https://storymaps.arcgis.com/stories/07502a24ce0646bb9703ce96630b15fa
- https://www.amnesty.ch/it/news/2015/libia-tremendi-abusi-spingono-i-migranti-a-rischiare-tutto-nel-mediterraneo
- https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/accordi-libia-italia-rinnovo/#:~:text=Il%202%20novembre%202022%2C%20l,essere%20stati%20rintracciati%20in%20mare.
- https://images.app.goo.gl/oMhkz1YYyDrvtoCS9
- L’operazione Mare nostrum fu una missione di salvataggio dei migranti attuata tra il 2013 e il 2014 dalla Marina Militare e dell’Aeronautica Militare Italiane
- https://epthinktank.eu/frontex-budget/
- https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/promoting-our-european-way-life/statistics-migration-europe_it