eternal sunshine (2024) è la settima fatica in studio della cantautrice statunitense Ariana Grande, che arriva dopo più di tre anni dal suo ultimo lavoro, Positions (2020): presentato dall’artista come un concept album, attraverso le tredici, concise tracce racconta un percorso di scoperta di sé, di riaffermazione del proprio io e della scoperta (o scrittura?) di una narrativa in cui ci si sente a proprio agio nel ruolo di protagonista. Il risultato? Forse il miglior album mai rilasciato dall’usignolo di origini italiane, una perfetta sublimazione di tutte le sue migliori attitudini e stili, che risulta comunque coesa: il viaggio emotivo è così ben scritto da emergere come, al contempo, immediato e mai banale.

Il titolo è un chiaro rimando al film del 2004 Eternal Sunshine of the Spotless Mind (in italiano Se mi lasci ti cancello), con protagonisti Jim Carrey e Kate Winslet, che narra le vicende di un uomo che decide di rimuovere completamente il ricordo della donna che ha amato dopo l’amara conclusione della loro relazione. La brillante sceneggiatura del film fa da ispirazione per il primo lavoro di Grande dopo il divorzio e l’inizio controverso di una nuova relazione, affrontati dalla cantante negli ultimi mesi. L’album, infatti, si apre con una domanda «how can I tell if I’m in the right relationship?1» nella traccia intro (end of the world), che anticipa il dolore della traccia successiva bye che narra la presa di coscienza di dover interrompere una relazione (nel suo caso un matrimonio) e abbandonare le favole in cui a tutti piace credere.
Sapere di aver fatto la scelta giusta non arriva senza conseguenze o incertezze, nella ballata R&B don’t wanna break up again la narratrice prende atto del mutuo dolore causato da entrambe le parti di una coppia, sottolineando tuttavia la mancanza di intelligenza emotiva del compagno, che alza il volume della televisione per non sentirla piangere o che decide di andare in terapia al momento e per i motivi sbagliati. Chi abbiamo scelto non ci sceglie più, quindi sempre meglio scommettere su sé stessi: nel breve Saturn Returns Interlude si sente la voce dell’astrologa Diana Garland che esorta gli ascoltatori a prendere in mano la propria vita nel momento in cui Saturno ritorna nello stesso posizionamento in cui era quando siamo nati (dopo 29 anni).

L’interludio parlato sfocia immediatamente nella title track, eternal sunshine, sia musicalmente che emotivamente: l’augurio di poter rimuovere l’agonia dei ricordi, una consapevole damnatio memoriae di un amore finito male, è preferibile alla fatica di attraversare il dolore e oltrepassarlo. La tristezza e il risentimento per il passato sono giustapposti all’euforia totalizzante della scoperta di un nuovo corpo nella canzone successiva, supernatural: consapevole che questa nuova relazione le ha causato una discutibile reputazione nei tabloid internazionali, ne discute in true story in cui dichiara orgogliosamente «I’ll play the villain if you need me to2» perché solo lei conosce la verità della sua vita privata. Questo gioco con la sua immagine pubblica prosegue in the boy is mine, un’interpolazione con la hit omonima degli anni ’90 di Brandy e Monica, che Grande descrive come un “bad girl anthem”3. Indipendentemente da ciò che si possa pensare della sua vita privata, ammesso che sia un nostro diritto, questa coppia di tracce è un duo di canzoni pop squisitamente retrò e impeccabilmente eseguite.
Il richiamo agli anni ’90 è ancora più evidente nell’eccezionale singolo apripista del disco, yes, and?, ispirato a Vogue (1990) di Madonna: a partire dalla favolosa intro strumentale di quasi un minuto, che anticipa un brano house che esorta chiunque a farsi scivolare addosso le opinioni altrui, fino al bridge parlato, lo zampino della Ciccone è davvero palese, ma non scade mai in imitazione. Traspare piuttosto come un passaggio di eredità tra due dive del pop mondiale, pronte a portare in pista da ballo messaggi di autoaffermazione e fiducia di sé: «your energy is yours and mine is mine4». Il secondo singolo estratto è ragionevolmente la splendida traccia successiva we can’t be friends (wait for your love), accompagnata dallo struggente video musicale, in cui vengono ricreate alcune scene iconiche del film che ha ispirato il titolo dell’album insieme all’attore statunitense Evan Peters: il brano strizza l’occhio alla celebre hit di Robyn Dancing On My Own e condivide il significato con l’acclamato film da cui si ispira; inutile dire che il risultato è dolcemente devastante.

Gli archi in chiusura al brano accompagnano verso la ballata i wish i hated you, in cui l’autrice si rende conto che nonostante odiarlo renderebbe più facile dimenticare il suo precedente compagno, non ne avrebbe motivo; la scomparsa di un sentimento non giustifica la mancanza di rispetto, «just two different endings you learn to repair5». Una volta sbrogliato questo nodo al petto, la narrazione comincia a guardare al presente attraverso imperfect for you e ordinary things: nonostante i difetti e le difficoltà, sa di essere amata da chi ama e con chi desidera condividere il proprio tempo. Ciò che è ordinario diventa straordinario, se condiviso, e se ciò non succede siamo nel posto sbagliato: così risponde sua nonna alla domanda che Ariana si è posta all’inizio del disco.
eternal sunshine è il coronamento della metamorfosi di Ariana Grande nell’artista che ha sempre sognato di essere, dopo qualche passo falso nel corso degli anni: la sua splendida voce è valorizzata sia nelle tracce più intime che nei singoli più radiofonici; la produzione, affidata, tra gli altri, alle esperte mani di Max Martin, è di gran pregio; la scrittura è efficace nel trasporre l’esperienza di vita dell’autrice in una narrazione appassionante e convincente.
Dopo questo successo, è logico chiedersi entusiasti: “what’s next?6”
Note
- «Come faccio a capire se sono nella relazione giusta?».
- «Reciterò il ruolo dell’antagonista se è di questo che avete bisogno».
- Un «inno da ragazza cattiva».
- «La tua energia è tua e la mia è mia».
- «Solamente due cose diverse che impari a riparare».
- «Che cosa arriverà dopo?».

di Matteo Mallia
Mi chiamo Matteo, mi vanto di essere nato in un anno con 3 zeri, frequento la facoltà di Ingegneria Fisica al Politecnico di Milano, fin da piccolo ho sviluppato un’inguaribile passione verso i libri. Amo la musica: mi piacciono solo le cantanti con il nome d’arte che inizia con la L (sta a voi indovinare!) ma la mia preferita è Taylor Swift. Non riesco a non dire la mia opinione su film e serie TV, non lo farò nemmeno questa volta.