Era il 2015 quando Inside Out trovava la sua conclusione nella disneyana formula di rito, «e vissero tutti felici e contenti»: Riley, 12 anni, accettava e accoglieva la propria tristezza, riuscendo a ritrovare un dialogo con i propri genitori e confidando loro la mancanza di casa. Nel centro di controllo della sua mente, al contempo, Gioia comprendeva l’importanza delle altre emozioni (Rabbia, Paura, Disgusto), soprattutto di Tristezza, il suo naturale opposto. Proprio quando tutto sembrava andare per il meglio, sulla plancia faceva la comparsa un enorme tasto rosso con su scritto a caratteri cubitali pubertà, e Gioia si chiedeva: «la nostra ragazza cresce a vista d’occhio, che può succedere di peggio?». La domanda è rimasta in sospeso per nove anni: oggi, nel 2024, trova la sua risposta in uno dei sequel più attesi dell’anno, Inside Out 2.

Sono andata a vederlo con mia mamma: benché io abbia quasi 26 anni, non rinuncerei mai ad un cartone della Disney. Condividerlo con lei mi tiene ancora un po’ attaccata alla me bambina e mi dà, seppur per il tempo di una pellicola, l’idea che il tempo scorra più lentamente. E quale film migliore da andare a vedere insieme se non questo? Inside Out 2 è un prodotto trasversale – come il primo – in grado di parlare ai piccolə, ma anche e soprattutto ai grandi: ai piccolə permette di capire quello che incontreranno nel loro percorso di crescita, aglə adolescenti di comprendere ciò che stanno affrontando, e aglə adultə di rileggere glə adolescenti che sono statə. Il coinvolgimento è totale: si ride, si piange, poi si ride di nuovo e si piange nuovamente. Perlomeno, io l’ho vissuto così: posso confermare che il film ha molto in comune con una seduta con unə terapeuta. Questo perché anche il secondo film, il quale cerca di mettere sulla scena quella delicatissima fase di passaggio dalla pubertà alla vera e propria adolescenza, ha il grande pregio, come il primo, di dare un volto alle emozioni, operazione probabilmente più difficile per un adulto, più razionale, che per un bambino, nel quale la fantasia ancora regna sovrana.
Nel quartier generale della mente di Riley troviamo ancora le emozioni primarie del primo film, sempre guidate da Gioia, alle quali si aggiungono, dopo una notte di lavori sulla plancia, un set di nuove emozioni: Invidia, Imbarazzo, Ennui, ma soprattutto Ansia, che si pone in un certo senso come “guida” di questo nuovo gruppo appena arrivato, come Gioia lo è del nucleo originario. Nel frattempo, al di fuori del “centro di controllo”, Riley ha appena compiuto 13 anni: con uno storytelling tipico della Pixar, Gioia ci racconta della vita della ragazza, dei successi ottenuti, dei traguardi raggiunti, dei valori e delle conoscenze da lei acquisite. E proprio i valori saranno i veri protagonisti di questo secondo film, ancor più delle emozioni stesse. Ora Riley sta per andare alle superiori, è ancora una giocatrice di hockey e ha due migliori amiche, con le quali passerà tre giorni di camp sportivo dove l’ex allenatrice della scuola media sceglierà chi inserire nella squadra del liceo tra le nuove proposte. L’insieme dei cambiamenti è molto grande: come è tipico di questa fase della vita, dei cambiamenti prevale l’aspetto entusiasta. O almeno lo si crede, e Inside Out 2 lo mette esattamente in discussione. Come? Con Ansia.

Ansia è “super fan” di Gioia, come si definisce lei stessa, o più precisamente del modo di agire di Gioia. Ansia è un po’ il corrispettivo di Riley ma nella sua stessa mente: l’ultima arrivata che desidera essere al pari delle altre… all’altezza delle altre. Giusta, impeccabile, accettata, e perché no, anche un modello da seguire. Unə bambinə che guarda il film potrebbe percepirla, a primo impatto, come antipatica, persino cattiva. Unə adultə la comprende e conosce i meccanismi che si celano dietro la ricerca dell’approvazione. Ansia infatti si esplica e ha senso di esistere proprio per mezzo delle altre nuove emozioni: Invidia, perché quel voler far parte di un gruppo porta ad ammirare e allo stesso tempo desiderare qualcosa del o della leader; Imbarazzo, perché se qualcosa di questo progetto va storto, ci fa sentire umiliatə, incapaci, non all’altezza delle aspettative; Ennui, che ha il duplice ruolo di spleen adolescenziale e di sarcasmo, perché spesso la risposta all’ansia è talvolta la noia, quella spasmodica ricerca di silenzio nel caos, talvolta quell’ironia piccata che ci porta ad essere detestabili.
Ovviamente, come ogni emozione di Inside Out, Ansia è un personaggio dotato di una propria individualità che dà un colore alla personalità di Riley. Tuttavia, questo nuovo film ci mostra che i loro caratteri non condizionano più completamente il suo carattere: è proprio questo principio che regola il Senso di sé, ovvero l’insieme dei valori, delle convinzioni e delle decisioni della ragazza. Nel film, viene rappresentato come uno spazio poetico che ricorda una sorta di giardino zen, un laghetto fatto di specifici ricordi (se ricordate, i ricordi hanno sempre la forma sferica e il colore dell’emozione che lo domina, che, se sfiorati, mostrano l’andamento del ricordo) che Gioia e le altre emozioni conducono lì e lasciano che generino dei fili, delle “corde” che si uniscono in un nodo luminoso unico ed originale. Fino alla comparsa di Ansia, il Senso di sé viene regolato soprattutto da Gioia, l’emozione che fin dalla nascita di Riley la guida. Proprio per questo, fa sì che i pensieri positivi guidino sempre la sua etica, rimuovendo i fallimenti e i pensieri negativi. L’arrivo delle nuove emozioni sconvolge questo processo di rimozione, tant’è che Ansia, influenzata dal suo modo stesso di essere e allo stesso tempo dal suo sincero senso di protezione di Riley, vuole cercare di rendere il Senso di sé più forte, reattivo e performante. Questo suo proposito la porterà a prendere il posto di Gioia e a far credere alle emozioni primarie di essere innecessarie, destinate quindi a diventare emozioni represse.
Da quel momento, la mente e la vita di Riley cambieranno, mostrandoci (come solo avrebbe potuto fare la Pixar) gli effetti che l’ansia può provocare su un individuo, per di più adolescente, ovvero la distruzione delle convinzioni alle quali ha tenuto fede fino a quel momento. Ci sarà un viaggio che le emozioni primarie dovranno affrontare, un viaggio che le porterà, ognuna a modo suo, a mettersi in discussione e a rivalutare il proprio posto nel mondo. In una sola parola: non solo Riley sta entrando nell’adolescenza, ma anche le sue stesse emozioni. Nel momento di massima criticità del nuovo rapporto Ansia-Riley, che si esplicherà nella realtà con un attacco di panico, avrà un’intuizione che sarà sì dolorosa sul momento, ma risolutiva, e che porterà tuttə, emozioni e Riley stessa, verso una nuova strada. Non vi dico nulla per la sacra legge dello spoiler!
Leggendo qua e là recensioni e commenti, mi sono imbattuta anche in critiche negative che rimproverano Inside Out 2 di semplificare eccessivamente processi ed emozioni complesse. Qui abbandono un attimo il mio momentaneo ruolo di critica e torno a quello di spettatrice. Ho amato questo film tanto quanto il primo – se non di più – dall’inizio alla fine, dai suoi colori ai suoi dialoghi, dai suoi momenti di riflessione come quelli di pura ironia, da quella più diretta e semplice a quella più sottile ed intellettuale – la mia preferita. In ogni singola emozione ho rivisto un pezzetto del complicato mini-mondo che si cela dentro ognunə di noi, permettendomi di accettare un po’ di più l’adolescente che sono stata, nei pregi come nelle criticità. Non solo mi sono sentita compresa e abbracciata, bensì ho anche avuto un pensiero, anzi, una certezza: se fosse stato questo l’Inside Out ad uscire nel 2015, quando ero io l’adolescente e mi ritrovavo ad affrontare, nella sua pienezza, ciò a cui Riley si sta approcciando, probabilmente sarei riuscita subito a definire e identificare con più chiarezza ciò che non capivo mi stesse succedendo – soprattutto la prima volta, ovvero il vortice di pensieri negativi e l’assenza di aria, con un solo termine: “attacco di panico”. Inside Out, tanto il primo quanto il secondo, sono (bei) cartoni, che non hanno la pretesa di essere dei trattati di psicanalisi, ma una meravigliosa interpretazione e rappresentazione di qualcosa che, spesso, è difficile da spiegare a parole.
A quello ci pensano Gioia, Ansia e gli altri.
Ah, ultimo consiglio: se ancora non siete statə al cinema, vi consiglio di andare, ma soprattutto, di guardare i titoli di coda fino alla fine, perché durante il film… qualcosa rimane in sospeso. : )


Marta Urriani
Da venticinque mi chiamano Mafalda, questo perchè dagli stessi anni esercito il legittimo diritto di essere polemica e logorroica. In genere lo faccio sorseggiando caffè di giorno e camomilla di notte. Studio Lettere Moderne alla Sapienza di Roma, dove ho incontrato (e mi sono innamorata) della letteratura delle donne. Se non mi vedete in circolazione, è perché probabilmente sono immersa dentro qualche libro. Sono la quota femminista de L’Eclisse, nonché faccio rispettare le sacre regole della Grammatica italiana correggendo gli articoli: con gentilezza, ma senza pietà.