La settimana scorsa, più precisamente martedì 8 ottobre, sono stati annunciati i vincitori del premio Nobel per la Fisica 2024. Ad essere insigniti del prestigioso riconoscimento sono stati l’americano John J. Hopfield, professore emerito alla Princeton University, e il britannico Geoffrey E. Hinton, professore emerito all’Università di Toronto1.
Ma a far discutere non sono stati tanto i nomi dei vincitori, quanto la motivazione del premio: “Per le scoperte e invenzioni fondamentali che consentono l’apprendimento automatico con reti neurali artificiali”2. Per la prima volta nella storia, il mondo del machine learning viene premiato con un Nobel, testamento inequivocabile di una realtà che sta velocemente cambiando, e che dovrà presto abbracciare l’intelligenza artificiale come componente imprescindibile della vita quotidiana di tutti.
Ma la Fisica? Cosa c’entra tutto questo con la Fisica?
Sin dalla sua istituzione nel 1901, il premio Nobel per la Fisica è stato il massimo riconoscimento ottenibile da un fisico. Questo premio è ambitissimo, e venirne insigniti è un vero e proprio sogno per moltissimi scienziati in tutto il mondo. Questo sia per la lunga storia, ormai ultracentenaria, del premio, sia per il cospicuo importo monetario dello stesso (11 milioni di corone svedesi3, pari a circa 1 milione di Euro), molto superiore a quello di altri riconoscimenti (come il premio Wolf o il premio Sakurai).
La fortuna ha poi voluto che il premio venisse istituito all’alba del XX secolo, un secolo di grandi e rivoluzionarie scoperte che hanno sconvolto la disciplina. Sfogliando l’albo d’oro, si possono leggere i nomi dei più grandi scienziati di sempre, e si può ripercorrere, una scoperta alla volta, il periodo più fecondo della storia della Fisica. Un posto in questo club esclusivo è nientemeno che un posto nella Storia; significa vedere il proprio lavoro accostato alle più grandi scoperte scientifiche di sempre.

E allora ecco che veder comparire, in questa lunga carrellata di successi della Fisica, un lavoro che di Fisica non è, fa storcere un po’ il naso. Il machine learning sarà pure la prossima rivoluzione tecnologica, ma per quanto sia vero che il mondo delle reti neurali sia strettamente legato al mondo della Fisica e della ricerca scientifica in generale, resta pur sempre una branca dell’Informatica, e non della Fisica. La Fisica è (semplificando al massimo) la scienza che si occupa dello studio dei fenomeni naturali4, e per quanto si possa allargare questa definizione per includere quanta più scienza possibile, l’Informatica5 resta una disciplina separata.
La scelta di premiare il machine learning trova motivazione, secondo l’Accademia Reale svedese, sia nell’origine di questa tecnologia, profondamente legata al lavoro teorico di Hopfield (che è un fisico), sia nella vasta applicazione che le reti neurali trovano nelle più svariate branche della Fisica6. Questo premio non va quindi a riconoscere un grande risultato fisico, ma va a certificare l’impatto di una nuova tecnologia sull’intero settore.
E, tuttavia, questo apre una prospettiva ancora più raccapricciante.
Immaginate, per un momento, di essere cinefili (non dovrebbe essere difficile se siete lettori accaniti della nostra rivista, n.d.r) e di essere appassionati in particolare di animazione. Immaginate di essere aggiornatissimi su tutti i lavori dei vostri studi preferiti e di non perdervi neanche un film. Immaginate poi di studiare animazione, di passare ore e ore a disegnare e ad animare, di andare a ricercare cosa renda vivo un personaggio disegnato, di sviluppare, nel corso degli anni, un vero e proprio senso artistico, che vi permette non soltanto di realizzare delle bellissime animazioni, ma anche di dare loro un vostro personale tocco espressivo, e di permettervi di identificare il “tocco” di altri animatori soltanto guardando le loro produzioni. Immaginate, insomma, che l’animazione sia la vostra arte.
Immaginate ora che arrivi la Notte degli Oscar e immaginate che ad essere premiato per il miglior film di animazione non sia il vostro studio preferito, non siano gli artisti che avete imparato ad amare e la cui arte vi ha fatto emozionare, ma che a vincere il premio sia una macchina, un modello text-to-image in grado di fare illustrazioni bellissime e animazione fluide, ma prive di anima. Immaginatevi sgomenti mentre la sala applaude, terrorizzati da una tecnologia che tutti lodano e che, stando alle previsioni, rivoluzionerà il modo di fare animazione e cinema in generale: “Basta con le ore e ore di tempo sprecato a disegnare, con questa macchina basterà premere il pulsante e fa tutto da sola”. La macchina forse non sarà in grado di dare un tocco artistico alla sua creazione, ma nessuno sembra lamentarsi e, soprattutto, la macchina non chiede $15 l’ora e molti mesi di tempo per lavorare.
Va bene, forse l’intelligenza artificiale non vincerà mai un Academy Award, ma il suo arrivo nel mondo dell’arte c’è stato ed è stato abbastanza traumatico per l’industria7. La maggior parte degli artisti ha odiato ogni aspetto di questa “rivoluzione”, mentre una vasta schiera di entusiasti ha iniziato ad inondare il web di immagini AI generated ogni mese più dettagliate e fotorealistiche. Questo ingresso a gamba tesa della nuova tecnologia, che si è subito dimostrata capace di trasformare profondamente il mondo dell’arte, ci ha messo di fronte al fatto che non siamo assolutamente pronti a quello che sta per succedere: non sono pronte le nostre leggi, che non sanno bene collocare questi lavori nelle logiche del copyright, non è pronta l’industria, che non sa bene se e come inserire questi strumenti nei propri ingranaggi, e non siamo pronti noi, che siamo un po’ scettici, un po’ spaventati, un po’ curiosi, e molto confusi.
ChatGPT (così come tutti i Large Language Model che stanno spuntando come funghi) sa scrivere, e pure bene. Non capisce nulla di quello che scrive, certo, ma non è quello il suo compito. La tecnologia è arrivata a poter imitare in modo molto credibile il modo di scrivere di un essere umano, al punto che io stesso, che leggo e correggo abitualmente, sono stato più volte tratto in inganno da un testo scritto “a macchina”. Non c’è ragione di credere che i modelli text-to-image non riusciranno, un giorno, a raggiungere livelli di somiglianza con l’arte umana altrettanto impressionanti. E a seguire toccherà alla musica, e a tutte le arti il cui prodotto può essere sintetizzato in un file digitale.
E allora noi scienziati cosa dobbiamo fare? Questo premio Nobel ci mette di fronte ad una scomoda verità: se il progresso di questa tecnologia procede a questo ritmo, tra qualche decennio al massimo toccherà a noi essere “rimpiazzati”. Quanto ci vorrà prima che le reti neurali imparino non soltanto a scrivere e a disegnare come un umano, ma anche a pensare come un umano? La domanda che ci siamo fatti tutti è: sono stati premiati i due emeriti o la tecnologia che hanno contribuito a sviluppare?
Prima vi ho parlato di come il XX secolo sia stato il più fecondo nella storia della Fisica. Ecco, il XXI, al momento, non sembra altrettanto eccitante. Certo, negli ultimi anni sono arrivate delle importanti scoperte, tra cui il bosone di Higgs, le onde gravitazionali e le immagini dei buchi neri, ma si è sempre trattato di scoperte “telefonate”, ovvero di fenomeni già previsti dalle teorie esistenti che sono stati misurati solo di recente. Insomma, scoperte che testimoniano un avanzamento tecnologico, più che scientifico. La Fisica procede ormai da diverso tempo in modo incrementale: manca una grande scoperta rivoluzionaria, un cambio di paradigma, una nuova rivoluzione scientifica.
Sarà che non siamo più capaci? Forse le nostre conoscenze scientifiche sono ferme perché abbiamo raggiunto il limite dell’intelletto umano. Forse le macchine saranno davvero i nuovi scienziati, le menti che sveleranno i segreti dell’universo, in grado di sorpassare i limiti dei loro creatori. Noi fisici ovviamente non la pensiamo così, siamo consapevoli di quanto la Fisica sia in realtà una scienza viva, in continua evoluzione e ricca di novità. Ma la penseranno allo stesso modo i nostri generosi finanziatori? Se il pubblico mainstream si convince ogni giorno di più dell’incredibile potenza di queste macchine, e si convince che siano davvero in grado di superarci, perché continuare a spendere soldi pubblici per finanziare i nostri costosi esperimenti?
L’essere umano ama considerarsi intelligente, e di considerare la propria intelligenza come un tratto distintivo e come motivo di superiorità verso gli altri esseri viventi. Non a caso egli stampa libri di biologia dove la sua specie viene denominata Homo Sapiens. Ma in un mondo in cui la sua intelligenza è superata e doppiata, se non addirittura ridicolizzata dall’intelligenza di qualcun’altro (o qualcos’altro), che ragione ha d’esistere l’Homo Sapiens? La logica del progresso vuole che le tecnologie obsolete vengano pensionate (o meglio ancora rottamate) e sostituite con le tecnologie d’avanguardia. In un mondo in cui, una volta premuto un pulsante, le macchine fanno tutto da sole, a noi cosa resterà?

Io personalmente non credo che un modello di machine learning arriverà mai a superare un cervello umano. Una rete neurale viene “allenata” su dei dati (detti appunto training data) e le sue capacità di apprendimento sono limitate dalla portata di quegli stessi dati. ChatGPT ha imparato a scrivere imitando gli umani, e può sicuramente scrivere come un umano, ma non potrà mai scrivere meglio. Semplicemente perché non ha dati su cui allenarsi. Il machine learning potrà al massimo portarci ad una macchina che imita il modo di pensare di un umano, ma non potrà mai fare meglio.
Tuttavia, non possiamo escludere che un giorno una qualche tecnologia di intelligenza artificiale, che sia una rete neurale o altro, riuscirà a sorpassarci. E l’epopea del machine learning ci sta insegnando che noi non siamo pronti a gestire un’eventualità del genere, qualora accadesse.
Forse non è detto che le macchine arriveranno a renderci obsoleti. Forse scoppierà la bolla, forse lo sviluppo della tecnologia andrà a sbattere contro un muro, o forse esiste davvero una sorta di “tocco artistico”, un qualcosa di fondamentalmente umano che una macchina non potrà mai imparare a fare. Forse le macchine non diventeranno mai gli scienziati del domani. Nel frattempo, però, ecco loro il premio Nobel.
- Sito web ufficiale del Premio Nobel: https://www.nobelprize.org/prizes/physics/2024/summary/ consultato in data 13/10/2024
- ibidem
- Sito web ufficiale del Premio Nobel: https://www.nobelprize.org/prizes/physics/2024/press-release/ consultato in data 13/10/2024
- Treccani, Vocabolario: https://www.treccani.it/vocabolario/fisica/ consultato in data 13/10/2024
- Treccani, Vocabolario: https://www.treccani.it/vocabolario/informatica/ consultato in data 13/10/2024
- Sito web ufficiale del Premio Nobel: https://www.nobelprize.org/uploads/2024/09/advanced-physicsprize2024.pdf consultato in data 13/10/2024
- Parra, Dex (24 February 2023). “CASE STUDY: The Case of DALLE-2”. University of Texas at Austin, Center for Media Management, consultato in data 13/10/2024