“È FINITA LA PACE”: eccoci al cospetto del settimo album di Marracash, uscito questa volta a sorpresa. Si tratta dell’ultimo capitolo di un percorso in tre atti, dove il filo conduttore è l’accettazione di se stessi. In una presentazione a Vanity Fair, lo stesso artista si (e ci) racconta: «In Persona c’è un rapper di periferia che mette in crisi le sue convinzioni, la sua carriera, tutto quello in cui aveva creduto fino a quel momento. In Noi, loro, gli altri il conflitto che avevo dentro si allarga a conflitto anche sociale, tra posizioni più aspre e posizioni polarizzate. Questo disco rappresenta la resa dei conti, in cui i nodi arrivano a pettine». Con la sua penna feroce, Marracash scandaglia ipocrisia e inconsistenza, senza mezzi termini e senza risparmiare nessuno.
Prima di scavare a fondo nei significati dei brani, vorrei soffermarmi sul dettaglio della copertina. Il soggetto rappresentato è una bolla, enorme, che si prende tutto lo spazio disponibile. A progettare la parte grafica è Corrado Grilli (in arte Mecna), amico e collega dell’autore. Il concetto di bolla che, a primo impatto, ci rimanda ad un qualcosa di opprimente, è presente nella stragrande maggioranza delle tracce e non ha una connotazione sempre negativa. Questa tematica, a mio avviso centrale, viene esplorata in tutte le sue possibili sfaccettature. Nello specifico, proprio rifacendomi al leitmotiv sopracitato, mi sono divertita a creare delle associazioni fra che cosa di fatto sia una bolla e quello che in ciascun brano può simboleggiare.
POWER SLAP: la bolla e il vuoto.
La canzone, come già suggerito dal titolo, ti prende a schiaffi in faccia. Nella traccia di apertura traspare già tutta la forza, anche violenta, della comunicazione adottata dal rapper. Il «king del rap» ci tiene a ristabilire una gerarchia, senza peccare di superbia, ma comunque sferrando duri colpi contro la tendenza sempre più allarmante degli artisti a produrre quasi ed esclusivamente testi insulsi. Parla poi apertamente di Sanremo, delle hit estive e di Davide Petrella (noto scrittore di testi sanremesi) che, a suo dire, sono gli unici trampolini di lancio verso un successo garantito:
E ogni anno si abbassa l’asticella
Provo a farci il limbo con la testa tocco terra
Ti ricordo, bimbo, chi saresti con ‘sta sberla
Senza Sanremo, senza l’estivo, senza Petrella
È finita la pazienza
Marracash ci spiega come sia semplice farsi strada nell’industria musicale di oggi e, proprio per questo, ci invita ad aprire gli occhi perché, si sa, non è tutto oro ciò che luccica. Bisogna sapersi distinguere, trovare la propria cifra stilistica in un mondo dove il rischio è quello di essere solo uno dei tanti. Conclude così:
Come funziona l’Industria
Un giorno sei dio il giorno il dopo sei nulla
Dal matrimonio alla calunnia
Una fragile bolla che fluttua
La metafora va da sé: una bolla qualsiasi è bella da vedere e in grado di ammaliare con i suoi effetti di luce, ma è pur sempre fragile in superficie e vuota dentro. Quante volte ci si accontenta dell’esteriorità? Quanto spesso ci fermiamo allo strato superficiale e non ci interessiamo del contenuto?
CRASH: la bolla e la lente.
Con il solo filtro del suo sguardo attento, Marracash ci restituisce uno spaccato della realtà in cui siamo immersi. Crash è un’onomatopea che richiama il rumore prodotto da un urto o uno schianto, ma è anche la descrizione perfetta della condizione in cui ci troviamo. Nel testo si legge chiaramente di come ci troviamo sempre più vicini al punto di non ritorno, ma nessuno sembra preoccuparsene più di tanto. Il cantautore, invece, che è pieno di preoccupazioni, si prende l’incarico di nominare alcuni dei motivi che hanno causato lo sfacelo a cui andiamo incontro. La colpa è da attribuire al governo, alle questioni di potere, alle cattive influenze, alla poca importanza che si dà alle guerre. Nella seconda strofa poi si enumerano, come in una specie di ripresa nella ripresa, i vari tipi di bolla:
Le mille bolle di Mina
La bolla finanziaria,
la bolla speculativa
Profeti dei profitti,
la bolla matta del clima
Finto naturale, una bolla di chirurgia
Quella immobiliare, quella della pandemia
GLI SBANDATI HANNO PERSO: la bolla in balia del vento.
È un testo generazionale che cita il film Il grande Lebowski: “La vostra rivoluzione è finita, signor Lebowski, gli sbandati hanno perso”. La canzone ritrae la società di tutti i cosiddetti “perdenti”, participio presente inteso sia come chi perde (non vince), sia come chi si è perso e, come una bolla col vento, si fa guidare da un agente esterno. C’è chi è schiavo del lavoro, chi è ossessionato da una relazione, chi non sa stare da solo. I giovani sono quelli che smarriscono loro stessi con più facilità, incastrati all’interno di un mondo di ingranaggi dove solo la velocità conta e il proprio pensiero o è secondario o non ha nemmeno tempo di essere formulato. Ma ce n’è per tutti:
C’è chi non vive senza un leader
Chi non è capace di obbedire
E c’è chi vuole avere un dio
Chi invece lo vuole maledire
Chi la fa grossa ed emigra
C’è chi si imbosca, eremita
Chi ha calpestato una mina
Chi cucirà la ferita?
Chi crede nei governi
Chi invoca i manganelli
Chi crede nelle merci e il denaro
Chi ha troppa melanina
Chi è troppo meloniano
Chi mette tutti i soldi nel naso
Da come si evince in queste parole il rapper passa in rassegna anche altri temi, come quello della dipendenza da droghe e da farmaci.
È FINITA LA PACE: la bolla e l’infanzia.
È una title track coi fiocchi, in grado, oserei dire finalmente, di non negare l’evidenza. La pace è uno stato d’animo che si ricollega facilmente al periodo dell’infanzia, dove era la quiete a farla da padrone. Qui invece siamo lontani da tutto quello che è stato, la tranquillità è stata sovrastata da un’ansia generale che provoca tristezza. Siamo succubi dell’incertezza, di un grigiume che ci permea e ci fa sentire incompleti. Marra esprime questo concetto con l’espressione L’eterna lotta tra il “beh” e il “mah”, e io credo che non potesse dirlo meglio. Da un lato il bene non si riesce ad affermare e rimane “beh”, dall’altro non si tratta di male assoluto, si arriva solo a dire “mah”. Sul finale del brano ci viene detto: taci la tua umanità, piaci all’unanimità: non mostrate le vostre imperfezioni che vi rendono unici, ma conformatevi. Ecco svelato il modo migliore per distruggere la propria identità.
DETOX / REHAB: la bolla e il rifugio.
Questa maledetta bolla però è così accogliente… è come quando dici a tua mamma: “dai ancora cinque minuti”. È innegabile, la comfort-zone ci protegge dai possibili pericoli esterni, ma ci fa anche dimenticare dei peggiori pericoli: quelli che non vediamo e che risiedono in noi stessi. Rinchiuderci nella nostra bolla vuol dire entrare ancora di più a contatto con i propri pensieri. Questo può essere una spinta alla creatività, come nel caso del nostro artista (che si è chiuso per mesi a scrivere questo capolavoro), ma spesso e volentieri può essere anche un handicap in quanto attiva anche troppo il nostro cervello, che inizia a viaggiare fra le paranoie. Da qui il testo:
La mia testa va da sola, se la taglio
So che le uscirebbero le zampe come un ragno
Quando è la mente ad esplodere non ci si sente più al riparo in nessun posto, nemmeno nei propri pensieri, che finiscono col prendere delle brutte strade. Marracash già in pezzi passati (penso in particolar modo a Dubbi) non ha mai tenuto nascoste le tematiche, purtroppo ancora un po’ troppo soggette a tabù, riguardanti la salute mentale e tutto ciò che ne consegue:
Mi sto disintossicando, prendo le medicine
Per smettere con le altre medicine
Mi prescrive giornate tutte uguali ed infinite
Ma alla finе mi dà una bella scusa per sparire
E ancora, nel pre-ritornello:
Cronica, avevo una fame cronica
Cercavo una pace chimica
Stai nel qui e ora
Stai nel qui e ora
E nel ritornello:
Ascoltare un po’ quello che sento
Per riprendermi quello che ho perso: me stesso
SOLI: la bolla e l’asfissia.
A tutti capita di accorgersi di non star vivendo, ma di star semplicemente sopravvivendo. A volte si è soggetti passivi della vita, che diventa un qualcosa che ci accade finendo noi così col lasciarci vivere. Tornando alla nostra bolla, questa è piena di ossigeno, ma se ci pensiamo ne contiene poco rispetto a quello su cui vola. L’uomo allo stesso modo ha a disposizione un cielo sconfinato, ma spesso si ritrova in situazioni dove non riesce nemmeno a sopravviverci e inizia a far fatica persino a respirare, come ad esempio se si soffre di attacchi di panico. Per uscire dalle situazioni spiacevoli bisogna reagire attivamente, riprendere quell’ossigeno che ci manca e farlo rientrare in circolo, o fuor di metafora, assumendo la consapevolezza che c’è sempre una luce, un motivo per andare avanti. Dal testo:
Qualcosa occorre
da contrapporre
per non soccombere
La poca fiducia nel prossimo però, ottenuta da ciò che si legge online, non aiuta affatto a calmare il proprio animo:
Ora invece guardo la gente dare il suo peggio in rete
E non mi sembra nemmeno che apparteniamo alla stessa specie
MI SONO INNAMORATO DI UN AI: la bolla e la visione sfalsata.
La superficie della bolla, grazie al suo velo sottile, ci permette di vedere attraverso le pareti, ma attenzione: la forma sferica produce delle incongruenze. Così l’intelligenza artificiale sembra riprodurre la realtà, ma la sua precisione è tutt’altro che assoluta. Ricorriamo ad uno strumento per semplificarci le vite e rasentare la perfezione, ma nel farlo ci avviciniamo sempre di più alla spersonalizzazione.
Cerchi una formula di algoritmi ed alambicchi
Veri e noiosi oppure incredibili ma finti
Morire online e vivere sempre dentro un render
Che la realtà delude tutte le promesse
FACTOTUM: la bolla e l’insignificanza.
È che si crepa già prima di finire sottoterra
Produco il meno possibilе, rubo il rubabile per ritardare chе mi crepi l’anima
Poi fuori fa scuro ed ognuno va nel formicaio in cui abita
Marracash qui ci mostra come in questa società non siamo altro che produttori alienati e individualisti, proprio come le formiche. D’altronde il parallelismo continua, perché anche le bolle hanno vita breve. Esse infatti vengono prodotte una dopo l’altra, iniziano da subito ad allontanarsi e poi scoppiano nel giro di pochi secondi.
L’autore conclude riferendosi direttamente a Dio, che, a quanto pare, sembra essere l’unico con in mano la soluzione per vivere bene la vita. Quest’ultima però non ci viene data perché
Solo Dio sa come si vive qui
E se ne fotte
VITTIMA: la bolla e la lacrima.
Prendersi le proprie responsabilità è difficile, nella vita reale e nella vita dietro lo schermo. Ognuno di noi è immancabilmente sia vittima che carnefice, a fare la differenza è il modo in cui proseguiamo dopo le azioni subite o compiute. Un invito ad attraversare i turbamenti, senza evitarli.
Accogli i traumi o cerca una scusa che è più semplice
Per ricascarci, per esser debole
Le bolle si creano anche in acqua, sembrano delle lacrime che, immerse nel loro elemento, spiccano di meno. L’aria e l’acqua sono quasi impalpabili, ma non per questo meno importanti. Se un’emozione si nota poco da fuori, non vuol dire che non sia rilevante.
Quindi cambia, perché lo sai che piangere non è abbastanza
Non è sul serio se ti lascia intatta
Il sangue è più denso dell’acqua e macchia
TROI*: la bolla e la leggerezza.
Le bolle sono inafferrabili e di conseguenza non possono essere possedute. L’identità di una persona allo stesso modo è un fatto interiore, invisibile ed estremamente personale. In questo brano è molto forte l’idea di libertà dal punto di vista prettamente sessuale, che deve essere vissuta senza alcun tipo di vergogna ed essere rispettata in tutte le sue possibili declinazioni.
Che si fotta l’equilibrio
Muoia la stabilità
La sposa, l’unione
La noia, l’amore
PENTOTHAL: la bolla e lo specchio.
Osservare su una superficie trasparente chi si è davvero, lo si può fare dall’esterno di una bolla o di fronte ad uno specchio. Marracash si guarda dentro grazie a questo farmaco che agisce come un siero della verità.
Ogni tanto sospetto di essere orribile
Come se mi sorveglio, se avessi dentro una cimice
LEI: la bolla e il cielo.
Un continuo andirivieni tra idealizzazione e disillusione. In effetti che “la realtà non è all’altezza della fantasia” lo sosteneva già nel 2013 in featuring con Guè nella loro Brivido. Ora Marracash guarda la situazione dall’alto della sua esperienza, come una bolla riuscita ad arrivare in cima dopo molto tempo. Le aspettative erano diverse, ma ecco che, all’improvviso, si arriva ad una sorta di accettazione: l’amore che tanto si cerca potrebbe addirittura non esistere, e così è stato nel suo caso la donna ideale.
HAPPY END: la bolla e le bollicine.
Tutte le più belle storie finiscono con un lieto fine, e questa non è da meno. A cosa paragonare la bolla in questo brano se non alle bollicine di un pregiato champagne?
Ed è stato un viaggio
Ma l’ho fatto come andava a me
Mi godo il paesaggio che ho ritratto
E, cazzo, sembra un Monet
Brindiamo a te, Marra, per essere uscito dalla tua bolla e aver trasformato le tue difficoltà in preziose verità.
Marta Caffa
Piacere, Marta. Sono cresciuta fra le colline nei pressi di Alba, ma attualmente frequento Lettere Moderne con vista sulla Mole Antonelliana. Ho aperto gli occhi nel 2003, ma ora mi diletto a chiuderli dopo pranzo (e tentare di risvegliarmi dopo una ventina di minuti). Quando non mi appisolo, leggo tante poesie, sfido i miei amici in giochi da tavolo e rivolgo spesso e volentieri domande esistenziali ai miei interlocutori per capire come girano le loro rotelle. Tra le mie passioni spiccano ancora: i silenzi senza imbarazzo, il gelato all’amarena e i colori sbiaditi che non sai mai come chiamare.