
Premessa
Per il quarto editoriale di questo 2025, la Redazione ha scelto di occuparsi di uno dei Paesi più discussi in questi ultimi mesi: la Germania. Solamente due mesi fa si sono tenute le elezioni anticipate del Bundestag, il Parlamento tedesco, dalle quali è emerso un consolidamento delle posizioni conservatrici e di estrema destra. Ha infatti vinto il CDU/CSU (partito democristiano di centro-destra) con appena il 22,6% al secondo voto1, mentre l’SPD ha perso più di 9 punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni del 2021. Il partito che ha riscosso maggior successo è stato sicuramente Alternative für Deutschland (AfD), partito di estrema destra. Il nuovo governo, guidato dal CDU/CSU, dovrebbe essere formalizzato nelle prossime settimane, ma è interessante notare come tutti i partiti abbiano rifiutato di collaborare con AfD in modo da delegittimizzare l’estrema destra e la sua retorica razzista e identitaria. In molti aspetti, la retorica utilizzata dallə rappresentanti di AfD ricorda ciò che riuscirono a fare i nazisti poco più di un secolo fa: sfruttare il senso di isolamento e disperazione della popolazione cercando capri espiatori.
Ciò che osserviamo oggi nella politica tedesca non è qualcosa di nuovo. Carlotta Pedà fa un’analisi di estremismi, ideologie e totalitarismo basandosi sul pensiero di Hannah Arendt, filosofa, politica e storica tedesca. Attraverso Le origini del totalitarismo, Pedà ci porta all’interno del pensiero di Arendt e del suo monito: il totalitarismo non è un ricordo del passato, ma è strettamente legato alla salubrità dello Stato di diritto e della società. Per quanto riguarda il periodo nazista in sé, Lorenzo Ramella racconta della scienza tedesca durante quel periodo, trattando soprattutto della marginalizzazione degli scienziati ebrei e della cosidetta Deutsche Physik, letteralmente “fisica tedesca”, un movimento nazionalista con l’obiettivo di rendere la scienza più tedesca e ariana.
In questo editoriale, la Germania viene raccontata da diversi punti di vista: quante volte si sente parlare del tedesco come una lingua ostica e dura? Nel suo articolo, Cecilia Giraldi analizza nove parole intraducibili e la loro poeticità; potrete scoprire il significato di vocaboli come Schadenfreude, Fernweh e Zweisamkeit. Alice Borghi, invece, tratta della quotidianità della vita tedesca attraverso un’attenta analisi della scelta di una grande fetta della popolazione di vivere da sola. Questa scelta, che spesso viene associata a solitudine e tristezza, viene vista come rappresentativa del senso di intraprendenza e indipendenza tipici della popolazione tedesca.
Gioele Sotgiu racconta l’importanza delle fondazioni politiche (politische Stiftungen), le quali hanno un importante ruolo nell’attività politica del Paese nel senso più ampio possibile. Il loro obiettivo è quello di diffondere senso civico nella popolazione e consapevolezza politica: esse costituiscono un modello unico per quanto riguarda la costruzione di un dibattito democratico sano e vivo.
La Germania è un Paese ricco di storia, filosofia e letteratura, e che influenza ampiamente la vita politica italiana ed europea. I suoi aspetti più nascosti e meno conosciuti vengono analizzati con cura in questo editoriale, portando alla luce anche i lati più caratteristici e singolari di questo Paese.
Buona lettura,
- Nelle elezioni federali, ogni elettore ha due voti. Con la Erststimme (primo voto) si vota direttamente un candidato singolo nella propria circoscrizione; in questo caso si utilizza un sistema maggioritario per l’assegnazione dei seggi. Con la Zweitstimme (secondo voto) si vota una lista a livello regionale e si utilizza un sistema proporzionale per la ripartizione dei seggi.
Indice
- Premessa della Redazione, p. 1
- In Germania si vive da soli di A. Borghi , p. 2
- Sag es mit eigenen Wörtern: quello che l’italiano non sa dire di C. Giraldi, p. 3
- Die Deutsche Physik und das Uranprojekt di L. Ramella, p. 4
- Al servizio della democrazia: le fondazioni politiche in Germania di G. Sotgiu, p. 5
- Il Totalitarismo secondo Hannah Arendt di C. Pedà, p. 6