Mille guerre, una guerra: la letteratura sul campo di battaglia e il ruolo del diario
Sul campo di battaglia, la variegata e – spesso non cosciente – indaffarata specie umana racchiude una parte di personalità “altre”, trasversali alle gerarchie sociali, più avvezze a cogliere ed esprimere sulla carta ciò che pregna le situazioni dei combattenti, dal soldato semplice all’alpino all’artigliere. Gli scrittori di guerra, coloro che la vivono o l’hanno vissuta, imprimono sulla pagina bianca le sensazioni indelebili che essa lascia: ad esempio, in ambito britannico, i War Poets trascrivono in poesia le loro molteplici reazioni, come l’ardore patriottico e idealizzante di Rupert Brooke o il forte attacco di Sassoon e Owen contro la guerra e la propaganda .
Rupert Brooke (1887-1915), poeta e riserva volontaria nella marina inglese, non visse direttamente le esperienze della guerra di trincea. Tuttavia, egli partecipò all’assedio di Anversa del 1914 e ne scrisse, esaltato dalla propaganda, nei suoi cinque sonetti di guerra: in “V: The Soldier”, tratto da 1914 and Other Poems, evidenzia la gloria della nazione inglese, raffigurata come vera e propria madrepatria, e l’idealizzazione del soldato-eroe, topos ricorrente nella sua produzione di guerra, che verrà esaltata e largamente diffusa dopo la sua morte, avvenuta per un’infezione nel 1915.
Siegfried Sassoon (1886-1967), al contrario, partì da volontario appassionatamente patriottico. Dal 1915 combatté sul fronte francese, venendo a contatto con il poeta Robert Graves e sviluppando uno stile di scrittura vibrante e fortemente sconnesso, che sottolinea perfettamente lo straniamento provato in battaglia e i problemi dei sopravvissuti. Il suo componimento più significativo è Survivors, scritto nel 1917 durante la convalescenza al Craiglockhart War Hospital di Edimburgo: si tratta del primo testo che parla esplicitamente dei problemi fisici e psicologici dei reduci della guerra, anticipando temi importanti come lo stress post-traumatico, che riduce i soldati e lo stesso Sassoon a bambini bisognosi di aiuto, irreparabilmente danneggiati, “quasi pazzi”.
Nella letteratura italiana, alcuni degli scrittori-soldati vengono a loro volta influenzati dalla propaganda, come nel caso dei Futuristi, vibranti esaltatori della guerra e della sua funzione di “selezione”:
«Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna»
F. T. Marinetti, Primo Manifesto del Futurismo
Altri, invece, fissano nella memoria l’essenza svuotante della guerra, che lascia all’uomo solo la felicità dell’essere sopravvissuto, come Giuseppe Ungaretti (1880-1970). Convinto interventista e volontario, si arruolò come caporale di fanteria e combattente sul Carso e in Francia: nella raccolta Allegria di naufragi, contenente i taccuini di poesie scritte al fronte precedentemente pubblicati, come, ad esempio, “Il porto sepolto”, egli evidenzia la forza vitale del giovane nella battaglia, che è felice di essere vivo nella devastazione.
All’interno della raccolta troviamo anche “San Martino del Carso”, doloroso ricordo dei compagni morti in battaglia e uno sguardo triste, ma ricco di emozioni, sulla desolazione dei paesi distrutti tra le montagne friulane.
Valloncello dell’albero isolato, 27 agosto 1916 Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca È il mio cuore il paese più straziato.1
Diversamente da Ungaretti, la narrazione di Mario Rigoni Stern evidenzia la vulnerabilità umana, scegliendo la prosa asciutta e semplice del diario, ricca di descrizioni e rese immediate, capace di mostrare anche la sfiancante quotidianità del soldato per raccontare gli orrori della guerra, visti direttamente con i suoi occhi.
Mario Rigoni Stern (1921-2008) è nato ad Asiago nel 1921, figlio di commercianti e amante della montagna e della letteratura. Nel febbraio del 1940 divenne istruttore di alpinismo e di sci del VI Reggimento Alpini e prese parte alla seconda divisione “Tridentina”, al confine tra Piemonte e Valle d’Aosta, tra il 9 e il 10 giugno 19402. È proprio in questo contesto che nasce Quota Albania, una delle opere più interessanti sugli avvenimenti della guerra, in quanto scritta con le mani e gli occhi di un alpino sul campo. Si divide in due taccuini: il primo racconta della campagna di giugno contro la Francia; il secondo, più corposo, narra la campagna di Grecia e Albania, in cui le truppe italiane furono mandate allo sbaraglio tra le spoglie montagne albanesi.
Quota Albania riporta le sensazioni immediate del diciannovenne che, tra la vita cameratesca e le difficoltà giornaliere della vita militare, si scontra con la cruda realtà della guerra: le divisioni di alpini tornavano decimate dalle battaglie, trasportando bare con morti e feriti. Il giovane Rigoni Stern, rapido e capace di orientarsi, veniva impiegato come portaordini, collegando le divisioni che avanzavano tra i villaggi d’oltralpe, così simili alla sua terra, e successivamente sulle montagne albanesi.
Oltre a Quota Albania, possiamo leggere Il sergente nella neve, la sua opera più nota, dove viene evidenziata la capacità di Rigoni Stern di raccontare i dettagli e le esperienze di vita degli alpini al fronte. Ne Il sergente nella neve, essi devono invece tenere la posizione, per poi ritirarsi dal fronte russo andando incontro ai climi estremi e alle difficoltà quotidiane della guerra. In entrambi i libri ricorrono queste difficoltà: i pidocchi, il congelamento, il dolore, seguito poi dall’anestetizzazione dei propri sentimenti nel vedere i compagni e i nemici morti, la mancanza di casa e della quotidianità strappata ai giovani alpini e, in generale, i danni fisici e psicologici di un conflitto senza motivi:
“Mi sentivo smarrito in quell’aria greve e non avevo il coraggio di fissare a lungo quei volti di uomini sfatti, senza occhi. Mi sembrava anche di essere l’unico uomo vivente su montagne devastate; non sapevo cosa fare, non sapevo dove andare… […]
Quando la stanchezza della corsa mi fece cadere sulle pietre credevo di essere lontano da quell’orrore, ma mi veniva da piangere per compassione di me stesso, per la vita che sentivo correre con il sangue nelle vene e che una pallottola o una bomba poteva ridurre a quello che avevo visto. Per le guerre maledette. Caino aveva un motivo. Ma qui?”.3
In questo caso, il libro – nello specifico, lo stile del diario – è un veicolo fondamentale per l’autore: tramite descrizioni precise e dettagliate, fa immergere il lettore nell’ambiente e nella situazione di cui sta parlando, facendolo empatizzare con un’intera generazione di giovani, inconsapevoli degli orrori della guerra a cui stavano andando incontro, perché galvanizzati e pronti a tutto pur di difendere una patria che, spesso, identificano solo con i loro luoghi di tutti i giorni.
L’espediente del libro e, nello specifico, del diario di guerra è tornato prepotentemente alla ribalta di recente, soprattutto a causa del conflitto tra Russia e Ucraina: giornalisti, storici e militari ne hanno parlato per indagare le cause profonde e hanno analizzato il fenomeno nel suo complesso, facendo un passo ulteriore rispetto alla resa diretta del singolo e raccogliendo anche le testimonianze dei diretti coinvolti. Nel caso di Kiev, Nello Scavo, uno dei reporter di guerra più impegnati nel panorama italiano, si è recato nella capitale ucraina poco prima dello scoppio vero e proprio del conflitto ed è rimasto sul campo, scrivendo un diario da febbraio a marzo 2022 in cui, oltre a narrare l’avanzamento della guerra e parlare delle cause delle due parti, in lotta già da otto anni nel conflitto dimenticato del Donbass, raccoglie importantissime testimonianze delle persone comuni che si rifugiano nei bunker e nelle metropolitane, o sono costrette ad imbracciare un fucile per difendere la loro famiglia.
Narrare la guerra in tutte le sue forme è importante, perché ci permette di scavare a fondo in contesti a noi sconosciuti e percepirla differentemente in base agli approcci: dal patriottismo al rigetto del conflitto, leggere i diari e i componimenti degli scrittori di guerra ci dona uno sguardo nuovo e comprensivo dei fenomeni nella loro interezza e dare la giusta importanza alle testimonianze, parte cruciale nei conflitti che purtroppo continuano a protrarsi nella storia dell’uomo.
1. https://cultura.biografieonline.it/san-martino-del-carso-poesia/
2. http://www.iluoghidirigonistern.it/biografia/