Racchiusa fra gli alberi del parco che circonda l’Idroscalo, invisibile agli occhi di gran parte dei milanesi che la costeggiano durante le loro passeggiate pomeridiane, esiste una porzione di verde che ogni anno a maggio diventa lo sfondo di una storia di musica e di passione, di unione e festa.
Sempre diversa ma allo stesso tempo conosciuta, la vicenda di Mi Ami Festival si ripete come un rito prestabilito, eppure mai privo di sorprese. Da diciotto anni a questa parte (diciassette, escludendo l’annullata – ma iconica – edizione 2020), il festival apre puntualmente le sue porte a migliaia di appassionatə di musica, accogliendolə in una sorta di magico bosco, dove l’aria di maggio profuma già d’estate e tutto può accadere. L’edizione 2023, conclusasi da appena una settimana, non è stata da meno e anzi, non esisterebbe modo di riassumere in toto quanto accaduto nei confini del Circolo Magnolia, creato in qualche modo dal festival stesso e ora luogo cardine della scena musicale milanese e non. L’intenzione, in questo caso, è di cercare di spiegare la sensazione di meraviglia che invade l’aria durante il weekend di Mi Ami a chi non l’ha mai vissuta, così che la magia della musica possa arrivare davvero a tutti.
Ciò che stupisce, in primis, osservando le persone che popolano gli spazi all’aperto del Circolo Magnolia, sono le profonde differenze che separano, ad esempio, gli addetti al settore dalle famiglie, giunte al festival magari per far vivere il primissimo concerto ai propri figli. La varietà interna dei partecipanti è infatti una delle forze dell’evento, che ha saputo aprirsi a un pubblico sempre più ampio (quest’anno le presenze registrate hanno superato il numero di 20000 persone), pur mantenendo un’identità musicale solida.
Nonostante le prime edizioni presentassero nelle line-up esclusivamente artistə indipendenti o comunque ascrivibili all’ambito dell’underground, ad oggi Mi Ami riesce ad attrarre grandi nomi della musica italiana che ne hanno ampliato il bacino di pubblico. Ne sono un esempio alcunə dellə artistə che si sono esibitə durante l’edizione di quest’anno, come ad esempio i Coma Cose e Fulminacci. Quel che è ancor più interessante notare, però, è come alcuni dei concerti più seguiti siano stati quelli di artistə che hanno legato la loro crescita al festival, guadagnando man mano consensi e approvazioni da pubblico e critica fino a costruire delle fanbase solide. Casi eclatanti si riscontrano in Dargen D’Amico (tornato in line-up dopo l’ultima volta, nel 2013) e Cosmo, che ha idealmente “chiuso” il weekend festeggiando i suoi 10 anni di carriera.
A sorprendere è, inoltre, la capacità del team organizzatore (patrocinato da Rockit e guidato da personaggi del calibro di Stefano Bottura, Carlo Pastore e Carlotta Fiandaca) di cogliere tutta una serie di tendenze e spunti musicali. Alla quantità record di artistə, che quest’anno ha superato ogni record infrangendo la quota di 100, va infatti aggiunta l’attenzione ai generi rappresentati e la cura nella selezione di nuovi talenti emergenti da mettere in mostra. Dalla consacrazione dal vivo della rapper svizzera Ele A alla fenomenale performance in stile glitch-pop di Arssalendo, tanti sono stati i nomi che hanno stupito il pubblico; è anche in questo che sta la forza di una simile macchina organizzativa, capace di far scoprire talenti nascosti a chiunque abbia voglia di avventurarsi più in profondità nel bosco magico di Mi Ami.
Il Circolo Magnolia ha dunque visto raggrupparsi decine di migliaia di persone unite dal desiderio di vivere la musica dal vivo in modo autentico; l’alternanza di concerti, performance e dj set nei sei palchi predisposti in collaborazione con aziende come Dr Martens e Sephora ha permesso al pubblico di seguire dei veri e propri percorsi musicali attraverso sonorità variegate ma sempre fresche, arricchite per il secondo anno consecutivo da alcuni ospiti di caratura internazionale (fra cui il duo svedese Deki Alem, che ha infiammato il pubblico). Quel che è certo, insomma, è che al netto di gusti musicali personali, è impossibile tornare da Mi Ami senza aver scoperto anche solo una nuova suggestione da approfondire, che si tratti di una sola canzone o di unə artistə che ha toccato corde nascoste scatenando interessi imprevisti.
Cosa resta dunque, di tre giorni passati a stretto contatto con la dimensione più concreta dell’industria musicale, in un ambiente dove pubblico, artistə e addettə ai lavori si ritrovano a cantare insieme sotto gli stessi palchi? Se timpani e corde vocali si riprendono in fretta, il segno più profondo lasciato da un evento di questa portata è la piacevole sensazione di aver vissuto, almeno per qualche istante, in una sorta di dimensione parallela. Un luogo e un tempo dove a contare è unicamente la voglia di lasciarsi trasportare dalla musica fino a perdersi nei meandri di una realtà certo limitata, ma al contempo profondamente importante per la sua rilevanza culturale ed esistenziale. In un mondo in cui dominano la fuggevolezza dei momenti e la dissoluzione del valore concreto delle esperienze, è bello sapere di poter ancora contare su piccole e magiche realtà alternative come quella di Mi Ami.