La vera realtà
Quando si pensa ai computer, alla realtà virtuale o a qualsiasi idea correlata al mondo tecnologico, il primo pensiero che ci viene in mente è quello degli oggetti super avanzati che utilizziamo ogni giorno. Esagerando con la fantasia, si potrebbe pensare alle scatole datate di metallo che utilizzavano i nostri coetanei negli anni Ottanta o Novanta; tuttavia, quello che do per certo è che nessuno immaginerebbe di accostarci la figura di un pensatore secentesco ben distante dai nostri modernissimi laptop. Eppure, è un passo necessario da fare, perché proprio dal filosofo Wilhelm von Leibniz nasce questo concetto.
É lui a parlarci di ragionamento come computazione o, come noi comuni mortali diremmo, calcolo, ed é sempre lui a pensare ambiziosamente ad una macchina in grado di codificare il nostro linguaggio in uno semplificato, universale.
Se la programmazione vi è familiare, sicuramente troverete delle similitudini in questa frase e rimarrete sconvolti se vi dico che questa base leibniziana porterá al futuro algoritmo di Turing e, quindi, ai nostri amatissimi pc.
Leibniz è stato uno dei primi a pensare un linguaggio di codifica utilizzando, come base, il nostro parlato ed i nostri ragionamenti, e con l’avanzare del pensiero filosofico posso garantirvi che la realtà virtuale non dista particolarmente dal nostro concetto di realtà concreta, tanto da un punto di vista tecnico quanto da un punto di vista concettuale. Se programmare equivale a tradurre, in una forma universale, il nostro pensiero per poterlo riprodurre digitalmente, c’è poca differenza: parliamo di un atto astratto, la riflessione, che riproduce in modo concreto, tramite stringhe di codice ed un computer, tanti altri concetti astratti come può esserlo un videogioco che apparentemente ha ben poca corrispondenza con la realtà oggettiva o con i dati dell’esperienza se non per le forme presenti che rimandano alla nostra effettività.
Ma perchè ho scritto apparentemente? Perché tale identità ci è più vicina di quel che si crede. Infatti, ad avvalorare la mia tesi di somiglianza tra i due mondi, contribuiscono certe esperienze digitali come il VR, il visore per la realtà virtuale, che non solo immerge il giocatore nella storia in questione in prima persona, ma talvolta riesce a riprodurre certi dati sensoriali, come ad esempio una vibrazione da caduta.
L’universo virtuale, infatti, risulta essere una copia formale del nostro, entro il quale chiunque può sperimentare avventure di vario genere, sempre rimanendo nella sicurezza di casa propria, provando le stesse emozioni che proverebbe se l’avvenimento si svolgesse nella sua realtà personale anzichè in quella online. Questo significa che, se in un videogioco si sta facendo esperienza di una corsa automobilistica, la macchina in questione verrebbe fedelmente riprodotta in digitale e con essa l’ambiente in cui si svolge la gara. La forma della macchina rimane la stessa e, analogamente, anche quella del giocatore che, essendo protagonista il quale vive i fatti in prima persona, funge da tramite tra i due mondi: lui è reale nel nostro e anche in quello virtuale dove la storia si sta dispiegando, quindi le sensazioni che prova sono concrete al di là e al di qua dello schermo.
Dopo aver analizzato genericamente le similitudini tra vera realtà e realtà virtuale, mi piacerebbe andare ad affrontare il modo tramite il quale le due confluiscono, originando fenomeni più che unici. Questo periodo potrebbe avervi resi perplessi, ma rimarrete ancora una volta stupefatti al pensiero che esiste una via attraverso la quale i due aspetti si influenzano, e per parlarvene meglio è pertinente portare qualche esempio rimanendo sempre nel ramo videoludico: Pokèmon Go.
Impossibile dimenticare un fenomeno come quello diffusosi nel 2016 e che ha coinvolto persino coloro a cui non interessava particolarmente l’omonimo anime e gioco di carte. Se non avete presente di che cosa si tratta, semplicemente attraverso l’utilizzo di un telefono si riproduce una mappatura dell’ambiente circostante, con la quale si può interagire, in cui bisognerà andare a caccia di pokèmon per catturarli, e per farlo si dovrà camminare ed esplorare il sito in cui ci si trova.
Passeggiando nella vita reale si compiono progressi nel corrispettivo digitale, ricevendo compensi di vario genere, oltre che ottenendo incentivi in grado di influenzare le persone a mantenersi proattive, viaggiare e divertirsi. I benefit concreti non si arrestano qui, poiché i giocatori sono spronati ad incontrarsi e formare un gruppo col fine di combattere un pokèmon boss, di base imbattibile se affrontato da soli. Osserviamo come l’influenza digitale abbia quindi contribuito anche su un piano sociale aiutando, tramite interessi comuni, a creare rapporti personali, sollevando il velo separatore tra illusione del computerizzato e realtà collettiva.
Se per certi versi abbiamo constatato la verosimiglianza tra i due aspetti, dall’altro non si può negare che rimangono pur sempre universi singolari, al momento impossibilitati a rispecchiarsi completamente. Ognuno di loro sussiste di per sé, con la sola differenza che, quello digitale, fonda la sua sostanza prima, il fulcro della sua esistenza, a partire dal nostro; quindi, a partire dalla nostra realtà si realizza l’altra senza però che quella ne sia propriamente conscia.
Non per questo essa sia meno reale della nostra, motivo per il quale nulla ci vieta di speculare in merito alla considerazione che si ha del reale. Se anche noi fossimo frutto di un’altra realtà, se fossimo in un matrix senza saperlo, ciò non farebbe del nostro universo che un riflesso opaco di ciò che risiede dall’altra parte. Come per i personaggi npc – non playable character– dei nostri videogiochi preferiti, non saremmo consci di ciò, ma staremmo – o meglio stiamo- pur sempre vivendo, facendo esperienza per noi effettiva, sia sensibile che intelligibile.
Il fatto di indagare la realtà ha da sempre afflitto gli uomini a partire dagli antichi fino ai giorni nostri, personalmente, direi, ora più che mai, considerando questo nuovo tipo di concretezza che pone domande inedite, nuovi limiti e sfide da superare, e che probabilmente un giorno riuscirà a dare origine a qualcosa di sensazionale, senza sfociare necessariamente in un Matrix o in un terrificante episodio di Black Mirror.
Note