Non penso sia un’esagerazione considerare il mangaka Junji Itō come patrono del genere manga horror. Le sue storie hanno colpito tutti gli amanti della fumettistica giapponese e i suoi disegni hanno penetrato le menti persino di coloro che vi si sono approcciati casualmente una sola volta in tutta la loro vita.
Si potrebbe dire che la sua arte e il suo stile hanno quel non so che, capace di insinuarsi nella mente degli spettatori e perseguitarli. Ma non fraintendete! È esattamente questo lo scopo dei suoi volumi: come rilasciato in tantissime interviste1, Junji Itō vuole far trapelare le sue paure profonde, ciò che lo ha da sempre turbato interiormente e, allo stesso tempo, appassionato.
Per chi non conoscesse questo artista, vi introduciamo brevemente a uno dei pilastri della fumettistica orientale.
Nato nel 1963, Junji Itō si interesserà all’horror a soli quattro anni e, sempre intorno a quest’età, inizierà
a produrre le sue prime storie a livello amatoriale.
Viene ricordato in tutto il mondo principalmente per essere l’autore di Tomie (1997) e della serie manga Uzumaki (1998-1999), ma, in aggiunta, il suo lavoro si espande anche attraverso l’universo della Junji Itō Comic Collection, superando i propri limiti e arrivando, nel 2023, a contare ben venti adattamenti cinematografici e tre adattamenti anime.
Ma qual è il fattore che colpisce particolarmente gli spettatori? E soprattutto in che modo è diventato così popolare in questi ultimi anni? La spiegazione va ricercata in un’analisi tanto stilistica quanto tematica delle sue produzioni.
I disegni di Junji sono esattamente ciò che lo contraddistinguono da qualsiasi altro autore del genere: sono fattuali, dettagliati, macabri e spesso sfociano nel gore, senza però risultare mai volgari. Benché talvolta gli sfondi seguano un pattern astratto, l’ambientazione rimane comunque molto fedele al reale e l’espressività dei protagonisti aiuta ad immedesimarsi nell’atmosfera terrificante che la sua arte riesce a creare. La chiave di tale espressività risiede nella capacità penetrativa degli occhi, i quali vengono rappresentati in modo vivido e riescono a far percepire l’esistenza di qualcosa di contorto in quello che si sta osservando. Tuttavia, non è solo questo l’elemento brivido delle sue opere. Nel momento in cui ci si imbatte in determinati personaggi ‘antagonisti’ del racconto di turno, la loro anatomia corporea appare slanciata, differente, ma, in qualche modo, sfocia in una naturalezza innaturale, nel senso che segue lineamenti umani, seppur con esagerazioni orripilanti, contribuendo a dare un effetto ancora più scenico-spaventevole.
Prendiamo in analisi la Model Lady (Il libro delle maledizioni di Soichi, 1998), una vera e propria modella all’interno del suo universo fumettistico: altissima, dai tratti quasi titanici e viso ovale molto allungato, sul quale ci si sofferma, impossibile non farlo. Ecco, lei rappresenta proprio il tipico personaggio “in stile Junji Itō”. Tutte le volte che mi capita di leggere una storia che la coinvolge, mi viene la pelle d’oca e non vedo l’ora di voltare pagina. Eppure non lo faccio, infatti resto ferma, fissandola per almeno un minuto perché voglio gustarmela ed elaborarla, intrecciando quest’immagine, ormai stampata nella mente, con la storia che si sta dispiegando tra le mie mani.
Per l’appunto, la trama è il cuore pulsante del lavoro di Itō, attorno la quale si sviluppa tutto il suo lato artistico. Come detto in precedenza, l’autore ha cercato di esprimere disagi personali2 adattandoli al genere horror e allineandoci il fattore paranormale ed enigmatico, ma non è tutto se consideriamo la breve analisi psicologica che possiamo trarre dai personaggi descritti nei manga. Per farvi capire di cosa sto parlando, voglio prendere in esempio Tomie, la bellissima ma anche fatalissima ragazza invidiata e bramata da uomini e donne.
L’ispirazione per la storia deriva da un fatto tragico realmente avvenuto quando il mangaka andava ancora a scuola e un suo compagno di classe venne improvvisamente a mancare: Junji Itō descrive questo fatto come «improvviso […] da quando è successo ho sempre avuto la strana sensazione che potesse riapparire innocentemente, come se nulla fosse successo»3, nello specifico proprio come accade con Tomie.
A volte Tomie viene rappresentata come una ragazzina, a volte come una donna adulta, perché la costante della sua storia è la morte. Lei viene sempre uccisa da pretendenti amorosi che ha manipolato e di cui si è approfittata, o da persone gelose di lei, ma, nonostante ciò, si ripresenta perfettamente sana, composta, come se nulla fosse mai successo. È bellissima, indistruttibile, quasi una creatura mistica di cui non viene mai esplicitata la natura: sono anche queste le ragioni per cui la storia ha attirato così tanta audience. Ci viene presentata una ragazza che vive come vuole, indipendentemente dal fatto che venga giustiziata da terzi e, anche se questo accadesse, non potrebbe importarle di meno perché lei è semplicemente Tomie, immortale e manipolatrice.
Tutte queste caratteristiche riscuotono un notevole successo, a tal punto che Itō afferma che «lei è cattiva ma attira gli uomini. Immagino che tutte le donne abbiano un certo desiderio di potersi comportare da principesse [inteso come farsi trattare bene avendo certe esigenze non tossiche, senza il timore di essere lasciate, NdA]. Invidiano la libertà di Tomie. […] Alcune ragazze mi hanno scritto che aspirano ad essere come lei.»4
E non ha tutti i torti, se si pensa che molti fidanzati o fidanzate, pur pretendendo il minimo indispensabile in una relazione tuttavia unilaterale, finiscono per essere insoddisfatti o abbandonati. Tomie rappresenta il riscatto di se stessi in un ambiente non meritevole della nostra presenza e, per rientrare nel mondo horror, il riscatto viene esagerato, estremizzato, portando la giovane alla morte brutale.
Forse pretendere di essere lei in futuro non è l’esatta raffigurazione di un ritratto psicologico salutare – chi conosce il personaggio sa – ma non possiamo negare che questo aspetto riscattante abbia un minimo di positività nell’arco della narrazione.
Merita menzione anche Soichi (Il libro delle maledizioni di Soichi, 1998), a detta mia il personaggio migliore di tutto l’universo macabro creato da Junji Itō. Soichi è un bambino che prova a tutti i costi ad essere maligno e sgradevole, a tal punto che si convince di esserlo veramente. In realtà, ciò che desidera sono solo le attenzioni della propria famiglia e l’accettazione da parte delle persone che lo circondano, ma che, al tempo stesso, lo isolano, etichettandolo come “strano”. L’autore afferma di rivedersi molto in Soichi – posso dire che non è il solo. Chi non è mai stato isolatə perché consideratə diversə da un gruppo di persone?
Credo che la fama crescente delle opere di Itō si basi molto sulla riconducibilità dei personaggi alle nostre vite e, allo stesso tempo, al fascino estetico che trasmettono necessariamente.
Mi piace riferirmi col termine “estetica del terrore” ai prodotti artistici come i suoi, capaci di definire un genere tanto accattivante quanto disgustoso e sofferto. È estetica del terrore quella cosa che ti fa accapponare la pelle, ma che brami di più, provi repulsione ma ne sei allettatə o, ancora, non vorresti continuare in quel percorso ma lo fai comunque perché spinto da una volontà contraddittoria.
È proprio con queste parole che riassumerei i capolavori di Junji Itō e, sempre con le seguenti, vi invito a leggere e gustarvi qualcuna delle sue storie, possibilmente non di notte e a luci accese.
Note
- Per citarne qualcuna: Crunchyroll, Animenewsnetwork, Dario Moccia al Lucca Comics 2019
- A Talk with Junji Ito | Creator Interview | VIZ
- An Interview With Master of Horror Manga Junji Ito (Full Length Version)
- Ibidem
di Erika Pagliarini
Mi chiamo Erika, nata nel 2001 praticamente con la penna in mano. Attualmente studio Filosofia a Pavia ma posso considerarmi da sempre appassionata di arte e scrittura, motivo per il quale ho deciso di percorrere una strada affine ai miei interessi aggiungendoci un tocco di trash e riflessioni personali. Spaziando tra cinefilia, disegno e lettura adoro sfruttare i miei interessi e ricavarci storie personali che possano colpire gli altri e dare espressione ai miei pensieri.