Invisibili

TW // Attenzione: in questo articolo si parlerà di morti sul lavoro e di altri tematiche che potrebbero urtare la tua sensibilità.
Fausto è un giovane calciatore chiavennasco, che divide le sue giornate tra il cantiere e il pallone e che coltiva il sogno di diventare professionista. Tra pochi giorni un talent scout dell’Inter verrà a vederlo giocare con la maglia della sua squadra, il Valchiavenna, nel ruolo di attaccante. Fausto non riesce a non pensare a questa partita, neanche quando è al lavoro.
Negli ultimi giorni, la ditta di Fausto ha lavorato alla costruzione di un capannone prefabbricato. Ha piovuto molto e c’è fango dappertutto in cantiere, al punto che si fa fatica a muoversi nel pantano. Adesso, il capannone è praticamente finito e si sta lavorando alla costruzione di un muro di sostegno, alto quattro metri, per arginare le piccole frane che si staccano dalla collinetta dietro al capannone. Questo muro non è in realtà previsto dal piano operativo, e quindi non c’è un progetto. Non importa, si lavora un po’ ad occhio, tanto il capo ha detto che va bene così.
Oggi finalmente è uscito un po’ di sole. Il muro è stato da poco ultimato e si decide di iniziare i lavori di re-interramento: sostanzialmente, si tratta di spostare un po’ di terreno dal cantiere allo spazio tra la collinetta e il muro, per contenere le frane. Fausto posiziona il suo escavatore di fianco al muro e inizia a gettare bennate di fango dall’altra parte.
Quello che è successo dopo non è ben chiaro: forse Fausto ha accidentalmente colpito il muro con la benna dell’escavatore; forse il muro, non costruito a regola d’arte, semplicemente non ha retto il peso della terra fangosa e pesante che si stava accumulando dall’altro lato. Fatto sta che ad un certo punto la cabina dell’escavatore viene travolta da tonnellate e tonnellate di fango e cemento. Fausto, schiacciato e seppellito dal materiale, muore sul colpo. Sono inutili gli sforzi dei soccorritori, che riescono soltanto a estrarne il corpo esanime dalle lamiere. Aveva 20 anni1,2.
La storia di Fausto è solo una delle tante storie di morte sul lavoro che vi potrei raccontare. Secondo i dati del 2023 dell’INAIL (l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), in Italia sono stati segnalati 1041 casi di infortuni mortali, che corrispondono a quasi tre morti al giorno. E il 2024 non sembra essere partito meglio: hanno già fatto notizia gli incidenti del supermercato di Firenze e della centrale idroelettrica di Suviana. Anche se, come sempre quando si parla di morti bianche, le vittime che arrivano all’attenzione della stampa nazionale non sono che una piccola porzione del totale.
Il progetto Storie d’Infortunio, pensato e realizzato dal DoRS (Centro di Documentazione per la Promozione della Salute della regione Piemonte), cerca di portare alla luce le storie di persone come Fausto, per fare prevenzione tramite la narrazione: il racconto, utilizzato come strumento formativo, evidenzia la dinamica dell’incidente, mettendo in risalto i fattori che hanno portato alla tragedia, e crea nella mente dell’ascoltatore un’immagine memorabile. Noi siamo esseri umani, del resto, e siamo sempre molto più propensi ad ascoltare una storia che una lezione in aula sulla sicurezza o un elenco di possibili pericoli. La narrativa è coinvolgente, mantiene alta l’attenzione dell’ascoltatore e crea un senso di empatia nei confronti della vittima; inoltre, aiuta a capire il perché effettivo di alcune prescrizioni apparentemente senza senso, andando a mostrare casi reali in cui queste possono fare la differenza, e recupera importanti elementi di contesto che potrebbero essere lasciati fuori da un semplice report sull’incidente.
Una di queste storie si intitola Volevo essere a casa per Natale. Il protagonista è Ivo, un meccanico di 53 anni da sempre attento alla sicurezza. Quel giorno di dicembre, tuttavia, Ivo aveva fretta, voleva finire il lavoro nel minor tempo possibile in modo da essere a casa per Natale, e così, dovendo soltanto fare una misura veloce, decide di arrampicarsi sul trabattello alto 7 metri senza imbragatura o dispositivi di sicurezza. Nonostante l’esperienza, Ivo, sporgendosi per effettuare la misura, perde la presa e cade, sbattendo violentemente la testa sul cemento.
Ciascuna di queste storie è corredata da un paragrafo aggiuntivo “non sarebbe successo se…”, dove vengono sottolineati i comportamenti corretti che, se fossero stati adottati, avrebbero evitato l’incidente, sia da parte dei lavoratori che da parte del datore di lavoro. Nel caso di Fausto, si sarebbe potuto prevenire il crollo del muro se questo fosse stato incluso nel progetto e ci fossero state quindi precise indicazioni per i lavoratori per realizzarlo secondo la regola dell’arte. L’incidente si sarebbe potuto evitare anche prendendo atto delle avverse condizioni metereologiche (e della difficoltà a muoversi nel pantano) e sospendendo i lavori. Nel caso di Ivo, l’incidente è avvenuto all’interno di un cantiere in cui lavoravano contemporaneamente molte ditte in subappalto, poco coordinate tra di loro e che si “pestavano i piedi” a vicenda. Questo, unito alla fretta generale di terminare i lavori entro una scadenza molto vicina, ha generato caos e confusione all’interno del cantiere, contribuendo al senso di urgenza che ha portato Ivo ad arrampicarsi senza imbracatura.
A volte, come quest’ultimo caso, sono gli stessi lavoratori ad adottare comportamenti pericolosi e a mettere in pericolo la propria salute. Questo fatto è molto comune e non è assolutamente da sottovalutare. Quando si parla di sicurezza, bisogna sempre tenere a mente che noi esseri umani non siamo molto bravi a valutare correttamente i pericoli. Alcuni lavori che a noi sembrano del tutto innocui possono in realtà essere molto pericolosi. Altre volte invece, anche se sappiamo della presenza di un pericolo, lo sottovalutiamo perché “basta stare attenti” o perché “l’ho già fatto mille volte e non è successo niente”.
L’esperienza può essere cattiva consigliera: il fatto che una determinata operazione sia stata svolta senza incidenti in passato non vuole assolutamente dire che non sia pericolosa; potremmo semplicemente essere stati fortunati. E può darsi che proprio la prossima volta sia la volta in cui qualcosa va storto. Non è da sottovalutare neanche il rischio di distrarsi. L’essere umano non può essere sempre e costantemente al 100% dell’attenzione, soprattutto se sopraggiungono stanchezza e stress. Basta un piccolo imprevisto a distrarci. Anche la routine può essere cattiva maestra: la ripetizione monotona delle stesse attività aiuta a creare un falso senso di sicurezza che ci porta a non prestare attenzione ai pericoli che ci circondano. Siamo, in un certo senso, abituati ad essere in pericolo. E quindi abbassiamo la guardia3.

Anche in questo caso la parola d’ordine è formazione. Molti datori di lavoro applicano le norme, si mettono in regola con la documentazione, ma poi non si preoccupano che i loro sottoposti ignorino le procedure di sicurezza e non indossino i dispositivi di protezione individuale. “Tanto sono loro che non vogliono”. Invece bisogna formare i lavoratori sull’importanza della sicurezza sul luogo di lavoro e assicurarsi che loro stessi in primis si impegnino per la propria sicurezza.
Il progetto Storie d’Infortunio è culminato in due raccolte, Vittime (2018), che contiene la storia di Ivo, e Invisibili (2024), che contiene la storia di Fausto. Entrambe queste raccolte sono distribuite con licenza Creative Commons e sono reperibili gratuitamente online. Il 9 maggio di quest’anno, Invisibili è stato presentato al Salone del Libro di Torino. Alcune di queste storie sono inoltre state raccontate nell’omonimo podcast.
Storie d’Infortunio non è l’unico progetto che tratta di questi temi. La campagna informativa Impariamo dagli errori dell’ATS Brianza si propone un obiettivo simile: raccogliere le storie di infortunio o di “near-miss” (ovvero incidenti che non sono risultati in infortunio, ma poco ci mancava) in modo da usare queste informazioni per fare prevenzione4.
La questione delle morti bianche è delicata: di fronte ad un numero così elevato di vittime è facile abbandonarsi alla rabbia e all’indignazione, e non è raro che queste tragedie vengano strumentalizzate a fini politici. Tuttavia, queste tre morti al giorno si possono evitare. Raccontare le storie di questi lavoratori, come ad esempio le storie di Fausto e di Ivo, ci ammonisce di prendere sul serio il tema della sicurezza e al tempo stesso ci mostra una strada verso il futuro: ci mostra come, imparando da questi incidenti, possiamo rendere il lavoro più sicuro e prevenire altre morti simili.
Note
- https://www.ats-brianza.it/it/?option=com_lpnetregister&view=document&layout=accordion&id=9&catid=399
- https://www.storiedinfortunio.dors.it/2022/10/12/sotto-il-muro/
- https://www.suva.ch/it-ch/download/altri-articoli/a-me-non-succede-proprio-niente–come-impedire-i-comportamenti-a-rischio-sul-lavoro/standard-variante–SBA%20157.I
- Impariamo dagli errori: https://www.ats-brianza.it/it/casi-infortuni.html (consultato in data 18/05/24)