Premessa
Se nello scorso mese abbiamo affrontato il tema del sonno e del sogno, in questo mese la nostra Redazione si è risvegliata dal torpore primaverile, dedicando l’editoriale al tema del lavoro. Infatti, il mese si apre, in Italia e non solo, con la celebrazione della Festa dei Lavoratori. Etimologicamente, con il termine lavoro s’intende una qualsiasi forma di energia. Oggi quando pensiamo al lavoro, ci vengono in mente perlopiù accezioni negative, come sforzo o fatica.
In Italia, oggi come settant’anni fa, lavoro è sinonimo di precarietà, vuoto, incertezza sul futuro, nonché sfruttamento e alienazione. Nel 1967 Luigi Tenco si presentò a Sanremo con una canzone di denuncia sociale, Ciao amore ciao. Il cantante racconta di un giovane costretto a lasciare la campagna e la sua amata alla ricerca di un lavoro migliore. Il testo è ancora attuale, se si pensa alla “fuga di cervelli” che lasciano l’Italia perché sottopagati o, addirittura, senza impiego. Tenco non è stato l’unico a parlare di lavoro nelle sue canzoni. Cantautori come Dalla, De Gregori, Rino Gaetano, ma anche Caparezza e Ghali – se vogliamo guardare il panorama della musica italiana contemporanea – hanno cantato di lavoro e lavoratori.
Il lavoro, che dovrebbe garantire libertà e realizzazione, spesso, come analizzato anche da Marx ormai più di cento anni fa, si trasforma in vessazione, sfruttamento e alienazione. Che si lavori in azienda, in ufficio o in fabbrica, gli orari di lavoro sono, nella maggior parte dei casi, estenuanti, senza considerare eventuali straordinari.
Lavoro a volte significa anche morte: sono innumerevoli gli incidenti sul lavoro, dovuti alla mancanza di attrezzature adeguate, strutture non adatte, orari di lavoro disumani. Senza contare le morti causate da malattie sviluppate sul posto di lavoro in seguito al contatto con sostanze tossiche.
Nonostante tutti questi lati negativi evidenziati, il lavoro è e rimane un diritto dell’essere umano: trovare e fare il lavoro dei propri sogni è l’obiettivo di molti, se non di tutti. La nostra stessa Costituzione afferma nel primo articolo che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Questo può diventare una forma di reintegrazione e di rinascita, come nel caso di detenuti che in carcere riescono a mettere in atto una professione.
Il lavoro, dunque, se svolto secondo la legge, quando non diventa luogo di soprusi e sfruttamento, è una parte essenziale della vita dell’uomo, che gli permette di esprimersi e di realizzarsi. Non è un caso che oggi lavoro è diventato sinonimo di futuro: un lavoro sicuro è la garanzia di un futuro migliore, di una vita che possa definirsi tale e non sopravvivenza.