Premessa
Monologo di una ragazza di fronte a un calendario
Sfogliando il calendario, mi capita spesso di pensare “cavolo, siamo già a…”, oppure di ripensare a mia nonna, che recitava uno di quei detti del tipo “il due la Candelora dall’inverno semo fora…”. Lo scorrere del tempo, i detti popolari, l’oroscopo che neghiamo tutti di leggere, ma che, di tanto in tanto, leggiamo, magari quando conosciamo qualcun* e vogliamo sapere se le peculiarità del suo segno si conciliano con quelle del nostro carattere, ci condizionano.
Mi chiedo se pensasse a questo Leopardi, mentre scriveva del venditore di almanacchi, che altro non erano che dei calendari con indicazioni astronomiche del tipo “la luna cala”, “il sole sorge”, ma anche informazioni come ciclo di coltivazione, previsioni astrologiche, eccetera. Il succo di quella operetta morale, per Leopardi, non diversamente da altri suoi scritti, è che l’uomo è destinato all’eterna infelicità e che le illusioni, in questo caso le superstizioni, sarebbero da estirpare proprio perché causa primaria dell’infelicità. Sei triste è perché natura vuole così e lo sei anche perché credi a certe cose.
Tralasciando il “mai una gioia mood” di zio Leo, “almanacco” per me è sempre stata una parola dal bel suono, morbido, che richiama le “piccole cose di pessimo gusto”, tanto amate da Gozzano. Un lemma che sa di antico e che richiama ciò che i più definiscono come “vecchio”. Sul finire degli anni ’70, all’ora di cena, la Rai iniziò a mandare in onda, al suono del rondò, Chanson Balladè, un programmino, una via di mezzo tra l’oroscopo di Barbanera e il calendario di Frate Indovino, chiamato appunto almanacco del giorno dopo. Un programma trasmesso sempre alla stessa ora, sempre con lo stesso schema, fatto di rubriche brevissime sui temi più vari, dal santo del giorno alle piante e la scienza, passando per il galateo e le pillole sulla lingua italiana. Di tutto un po’, per capirci. Il tutto aveva un’atmosfera un po’ cosmogonica, con immagini che richiamavano tarocchi, cabale e i salotti degli zii attempati. Chiariamoci: non sono una wicca e non vi parlerò di oroscopo o tarocchi. Quindi, la domanda sorge spontanea: e allora?
Semplicemente, chiudo gli occhi e torno al ricordo di cui vi parlavo prima, della voce di mia nonna. Ogni mese mi troverete qui, a filosofeggiare come un Almanacco sulle suggestioni che il mese mi trasmette… ma versione “qq+”, ovvero, con “quel quid in più”.
September blues
Settembre al dovere mi riporta,
con malinconia, una natura morta
e qualche giornata con la luce più corta…
E così, ho deciso di iniziare questa rubrica in quel di settembre. Questo perché settembre, in un certo senso, è una sorta di nuovo capodanno per tutti, nessuno escluso. “Settembre è un mese perfetto per ricominciare”, canta Gazzelle, pensiero che chiude antifrasticamente un ritornello quasi cantilenante, che, invece, recita “settembre è un mese di merda per ricominciare” (Settembre, 2019, Gazzelle). Che lo vogliamo o meno, settembre è il mese della fine e dell’inizio: è a settembre che si ricomincia con i doveri, l’università, la sessione, il lavoro, è a settembre che ricomincia la scuola. Penso che molti di noi, ormai fuori dal mondo scolastico, abbiano quel ricordo un po’ agrodolce di quando si andava in cartoleria ad acquistare zaino, diario, astuccio, quaderni e al negozio di abbigliamento per scegliere il grembiule con le tasche ricamate. Insomma, settembre è il mese degli inizi e delle riprese. Settembre è il mese dei buoni propositi per l’autunno e per la vita in generale… “vani disegni che non han mai loco”, diciamocelo. Quanti hanno mai portato a termine il famoso buon proposito? Ecco il mio buon proposito per settembre: trovare qualcuno che abbia portato a compimento una promessa con sé stesso, soprattutto per quanto riguarda la dieta.
A settembre si scontrano la fine dell’estate e l’inizio di tutte le cose. Potremmo dire che settembre non sia altro che l’apeiron di tutto l’anno. Àpeiron, eh, non Aperol… chissà, magari Anassimandro ha teorizzato l’àpeiron in qualche antica taverna davanti ad un buon bicchiere di vino, che, guarda caso, è uno degli ingredienti dell’Aperol. Divagazioni a parte, dicevo… settembre, ci diceva Guccini, è anche il mese dei bilanci, “è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età” (Canzone dei dodici mesi, 1972, Francesco Guccini). È una sorta di mese galleggiante tra ciò che è stato e ciò che sarà. Perché, nonostante le vacanze siano relativamente vicine, le sentiamo già così lontane, le rimpiangiamo, pensando al riposo (se si è studenti universitari votati al sacro culto delle sessioni, non tanto…), ai luoghi che abbiamo visitato, alle persone che abbiamo conosciuto e alle esperienze che abbiamo fatto. Magari pensiamo anche ad un amore vissuto e che, forse, non rivedremo mai più, anche se, a pensarci bene, oggi è poco probabile perdere completamente i contatti con un individuo, visto l’ormai consolidata usanza di chiedere il nick di Instagram ancor prima del nome di battesimo, così da rimanere in contatto con chiunque in saecula saeculorum. Negli anni ’60, al massimo, i più coraggiosi si scambiavano gli indirizzi di casa per inviarsi lettere o cartoline. Alla fine, era più probabile che non si chiedesse nulla e che non rimanesse nulla, “[…] né fotografie, nè conchiglie o souvenir, ma i tuoi occhi perduti nei miei” (La dolce estate, 1964, Sergio Endrigo).
Sì, è tutto molto malinconico. È settembre ad essere così. A settembre abbandoniamo i tormentoni devasta-orecchie, assecondando questa profonda malinconia con un nugolo di canzoni lo-fi depresse e qualche bel pezzo dei cantautori del passato. Non a caso, settembre è il mese con più canzoni che portano il nome di questo mese nel titolo, da Venditti a Fossati, dalla Pfm a Ultimo e Carl Brave, dai GreenDay a Barry White. Insomma, ce n’è per tutte le orecchie. Ad assecondare questa dolce malinconia, sfumando i ricordi dell’estate, ci pensa anche il tempo: le giornate si accorciano, la luce cambia colore, le foglie diventano già secche sul finire di agosto. L’aria cambia e abbandoniamo i vestiti leggeri per accogliere nuovamente giacche di jeans e giubbotto di pelle. La malinconia di settembre si fa sentire persino in quello spaccone egocentrico di D’Annunzio nei suoi I pastori, che si apre proprio con un’apostrofe a settembre, invocata quasi con amarezza e rassegnazione. Fase finale della sua metamorfosi poetica da superuomo alla contemplazione della natura, ne I pastori D’Annunzio si fa coinvolgere dalle atmosfere intimistiche e rurali della campagna abruzzese, sentendosi un tutt’uno con l’ambiente, come era stato già ne La pioggia nel pineto, e, al contempo, esule, come i pastori impegnati nella transumanza, tanto che il componimento si chiude proprio con quella domanda che ricorda i ripensamenti citati sopra in Guccini:
«Ah perché non son io co’ miei pastori?»1
Una questione densa, che colma un climax narrativo meraviglioso ed evocativo e che mi fa capire quanto la nostalgia di casa, la natura e le sue suggestioni dissacrino l’aurea di sacralità del Poeta D’Annunzio, facendo emergere le istanze dell’Uomo Gabriele. È il potere della poesia vista come esigenza e non come estetica, come insieme di Parole, non di parole e basta. È anche il potere della Natura, in grado di far sentire piccolo anche l’uomo più egocentrico e narcisista. Settembre, mese di suggestioni, ma non solo: molti sono gli eventi storici di questo mese, necessari da ricordarsi anche a seguito dei più recenti avvenimenti in Afghanistan.
11 settembre 2001. Mia madre mi racconta sempre di quando i tg diedero la notizia dell’attentato alle Torri Gemelle. Proprio in quel pomeriggio era intenta ad aggiustarmi i grembiuli per l’asilo, che avevo iniziato da pochissimi giorni. Mi raccontò di quanto le fece effetto vedere i video dei servizi al telegiornale di queste due immense torri cadere l’una sull’altra, come pezzi di domino, tanto da sembrare la scena di un film. Peccato che fosse tutto vero.
Nello stesso mese, trovavavano la morte per mano della mafia il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (3 settembre 1982) e don Pino Puglisi (15 settembre 1993), “l’uomo delle tre P”, come lo soprannomina Alessandro d’Avenia. Ma, come ogni tragedia, c’è sempre un risvolto positivo, come diversi fatti di costume: i binge watchers sapranno sicuramente che il 22 settembre del ’94 andò in onda il primo episodio della serie televisiva Friends, ma forse pochi sanno, invece, che il 19 settembre 1982 un informatico statunitense della Carnegie Mellon University, di nome Scott Fahlman, coinvolto in una conversazione digitale, usò per la prima volta l’emoticon “:-)” per sottolineare come avesse trovato divertente la risposta ricevuta.
Settembre è anche il mese del mio amato Neruda, che morì il 23 settembre 1973, a cui è dedicato l’ultimo film con protagonista Massimo Troisi, Il postino, che uscì nei cinema proprio il 1° settembre 1992. E sempre Neruda, poeta che più di altri sentì il richiamo delle suggestioni naturali, dedicò anch’esso un componimento al mese della malinconia, Ode a settembre (1965), che descrive pienamente quello che settembre è e quello che settembre lascia:
«[…] tu, settembre, sei un vento, un rapimento, una nave di vino».2
… parlo tanto, non mi dire,
tra versi e canzoni,
tra emozioni e riflessioni;
al prossimo mese, tutto da sentire.
Bibliografia
- v. 21, D’Annunzio, G., I pastori, in Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria, Il piacere dei testi. Dall’età postunitaria al primo Novecento, Milano- Torino, Pearson, 2015
- Il componimento in questione di Neruda appartiene alla sezione Nuove Odi Elementari datate 1956; non essendoci raccolte poetiche cartacee, vi lascio il link con la raccolta digitale di tutti i componimenti di questa sezione: http://www.antoniogiannotti.it/–1956—nuove-odi-elementari.html

di Marta Urriani
Mi chiamo Marta Urriani, classe ’98, e studio Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Ho una folta chioma di capelli ricci, tanto che tutti mi chiamano Mafalda, come la bambina dei fumetti di Quino, con la quale ho molto in comune (e non solo i capelli). Cercando di sopravvivere alla vita universitaria, con il caffè di giorno e la camomilla di sera, leggo e scrivo. Mi interesso soprattutto di letteratura italiana e temi femministi.
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