Scorci di primavera
La stagione della rinascita in due secoli di arte italiana
Fin dalle prime testimonianze di civiltà, la primavera è sempre stata considerata la stagione della rinascita e del massimo splendore della vita e della natura. In questo editoriale, voglio raccontare come sia stata una fonte d’ispirazione nel mondo dell’arte tramite una serie di opere che ho potuto ammirare.
Il 20 novembre scorso, nella suggestiva location del Palazzo delle Paure di Lecco, ho visitato la mostra “Paesaggi Possibili”, conclusasi il giorno successivo: essa è stata concepita come una corposa ed esaustiva narrazione storica della raffigurazione artistica del paesaggio in Italia, partendo dal paesaggio romantico di inizio ‘800 fino alle straordinarie sperimentazioni del secondo Dopoguerra, in cui l’esposizione, tramite pannelli delle correnti in ordine cronologico, è accompagnata da un ricco assortimento di opere. Inoltre, un’interessante sezione in mostra a Villa Manzoni, distaccata dell’esposizione principale, offre un piccolo viaggio nella pittura di paesaggio in Lombardia tra Ottocento e Novecento: questo tipo di pittura è stato a lungo decantato da Manzoni e Stoppani e la mostra secondaria raffigura proprio dei luoghi scelti tra le campagne della Brianza e i laghi lombardi, fra i quali spicca quello di Como.
Tra queste opere, molte sono legate più o meno esplicitamente alla primavera, poiché effettivamente ambientate in quella stagione oppure perché, personalmente, credo la richiamino in maniera particolare.
Marco Gozzi (Bergamo 1759 – Milano 1839),
Ponte di Creola sulla strada per il Sempione, olio su tela
Marco Gozzi rientra tra i pittori più all’avanguardia per quanto riguarda l’evoluzione della raffigurazione del paesaggio e il superamento del Vedutismo settecentesco, pur mantenendo un repertorio tematico codificato.
Le sue opere, ricche e con dettagli precisi, erano apprezzate anche dagli Asburgo, che, talvolta, le utilizzavano per documentare le opere pubbliche da loro realizzate sul territorio lombardo. Gozzi godette di grande fama e rispetto in vita, esibendo i suoi quadri a Brera tra il 1812 e il 1838, tuttavia non riuscì a realizzare il suo sogno: il suo insegnamento e l’istituzione di una cattedra di paesaggio a Brera, in modo da definire il ruolo di questo tema iconografico anche negli ambienti dell’arte ufficiale. La cattedra da lui tanto voluta fu istituita solo nel 1838, poco prima della sua morte.
Gerolamo Induno (Milano, 1825 – 1809),
Pescarenico, olio su tela
Questo dipinto, pur non avendo richiami diretti alla primavera, mostra un paesaggio del lecchese che mi è molto caro e che, in primavera, acquista esattamente le tonalità e le ombreggiature magistralmente riprodotte da Induno. Questo piccolo borgo a sud della città di Lecco, incastonato tra il lago nel suo punto più stretto e le montagne che lo sovrastano, era un villaggio di pescatori che ha mantenuto inalterate molte delle sue caratteristiche originarie ed è stato scelto come iconografia da vari pittori, primo fra tutti Induno, il quale, staccandosi dal genere della pittura risorgimentale tramite cui aveva ottenuto notorietà, raffigura il borgo con tocchi rapidi ed un’inedita veduta del paesaggio.
Emilio Longoni (Barlassina 1859 – Milano 1932),
Baite. Lago di Mortirolo, 1900-1903, olio su tela
Emilio Longoni utilizza la tecnica divisionista: attraverso sottili pennellate filamentose, soprattutto nel suoi passaggi, egli dipinge scorci tratti dal vero ma di ascendenza vagamente simbolista, immersi in atmosfere cangianti tra i toni chiari dell’azzurro, dell’indaco, del violetto e del verde, intrecciati a tocchi di giallo e arancio. Un ottimo esempio sono queste baite sul lago di Mortirolo, che sembrano vibrare nelle variazioni della luce.
Longoni fu uno dei principali esponenti del Divisionismo italiano, sebbene la sua indole lo abbia portato a isolarsi, lontano dal mercato dell’arte. Di famiglia poverissima, impegnato politicamente e interessato al soggetto sociale, Longoni lavorò per qualche tempo con Segantini, dal quale si distaccò per percorrere una strada autonoma, pur rimanendo fedele alla tecnica divisionista.
Gerardo Dottori (Perugia, 1884 – 1977),
Paesaggio aereo, 1936, tecnica mista su cartone
È un paesaggio visto dall’alto quello raccontato da Gerardo Dottori, anima del gruppo futurista perugino e appassionato di volo in aereo. Nato da una famiglia modesta, Gerardo Dottori si forma all’Accademia di Belle Arti di Perugia e, in cerca di strade alternative a quelle della tradizione accademica, si trasferisce a Milano, dove comincia la sua permanenza negli ambienti d’avanguardia: la sua adesione al Futurismo risale al 1912. Successivamente, alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando rientra dal fronte, Dottori stringe rapporti con Filippo Tommaso Marinetti ed elabora l’Aeropittura, il linguaggio artistico che lo renderà celebre. Nascono così i suoi orizzonti guardati dall’alto di un velivolo, come questo rappresentato, che raffigura un’interpretazione innovativa e dinamica del paesaggio tradizionale.
Achille Dovera (Milano, 1838 – 1895),
Pella, lago d’Orta, olio su tela
Unica opera scelta tra quelle di Villa Manzoni è questa suggestiva veduta di Pella, sul lago d’Orta. Dovera, allievo di Francesco Hayez a Brera, si forma in ambito romantico e ne mantiene l’impronta nelle caratterizzazioni atmosferiche. Ottimo pittore di paesaggio, egli ritrae scorci del litorale ligure, dei laghi lombardi e piemontesi (come si osserva in questo caso), campagne brianzole e valli ticinesi, ma anche marine normanne, vedute dei dintorni di Parigi, delle coste argentine o del Marocco. Attento al dato luminoso e capace di una stesura rapida e mossa, Dovera sa animare i soggetti ritratti, donando loro una certa freschezza, pur restando nei confini di un’interpretazione piuttosto classica del paesaggio.
In questa mia breve galleria espositiva, ho tentato di mostrare per ogni macro periodo come la sensibilità artistica dell’uomo e, in questo caso, dei pittori italiani, abbia cercato in maniera sempre più audace di fissare sulla linea della storia il paesaggio, che a prima vista ci appare come un aspetto superfluo, ma che poi si rivela, presentandoci la manifestazione più sincera e vivida della bellezza della Natura, che, in primavera, raggiunge il suo massimo splendore.
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Maledetta Primavera
Editoriale · L’Eclisse
Anno 2 · N° 1 · Aprile 2022
Copertina di Laura Maroccia.
Hanno partecipato alla realizzazione di questo editoriale: Greta Beluffi, Oscar Benedetti, Matteo Capra, Michele Carenini, Anna Cosentini, Joanna Dema, Francesco Fatini, Eugenia Gandini, Marta Gatti, Chiara Gianfreda, Andrei Daniel Lacanu, Nikolin Lasku, Silvia Loprieno, Rosamaria Losito, Matteo Mallia, Valentina Oger, Alessandro Orlandi, Elisa Paccagnella, Luca Ruffini, Arianna Savelli, Tommaso Strada, Vittoria Tosatto, Marta Tucci, Marta Urriani, Francesco Vecchi, Adriano Zonta.