E tu, che stagione sei?
Estate, primavera, inverno o autunno? Warm o cool? Ti dona di più l’oro o l’argento? Sicurǝ di essere in palette? Sfido il lettore o la lettrice ad ammettere di non aver mai sentito parlare di quanto precede.
Negli ultimi tempi, l’armocromia è letteralmente esplosa sui social networks e, che piaccia o meno, non se ne può negare la notevole popolarità. In particolare, TikTok è costellato di video e trend in cui consulenti d’immagine spiegano come affidarsi alla magia del colore per valorizzare al meglio il proprio viso e sfoggiare un incarnato sempre luminoso.
Per quanto i più diffidenti ritengano (giustamente) che l’armocromia non debba farsi coercitiva rispetto alle nostre scelte di shopping, a mio parere la scienza e la psicologia del colore rimangono alquanto affascinanti. Inoltre, quando un certo topic inizia a cavalcare l’onda della popolarità, il rischio è che finisca per non essere indagato e conosciuto con sufficiente profondità. Proprio per questo motivo ho deciso di esplorare più a fondo la questione, ricostruendone le radici e i fondamenti storici e teorici.
La parola armocromia nasce dalla fusione dei termini “armonia” (dal greco ἁρμονία, affine) e “chroma” (sempre dal greco χρῶμα, colore).1
L’armocromia, come suggerisce il nome, è la disciplina che studia l’armonia dei colori basandosi sulla valutazione di aspetti quali la saturazione, la temperatura, il contrasto e la luminosità. Lo studio del colore è finalizzato alla valorizzazione dell’immagine (in particolare del viso) delle persone. Il cosiddetto “test dei colori” permette, infatti, di determinare un insieme di colori, chiamato “palette”, che consentono di far apparire il volto del soggetto più disteso, più “sano”, omogeneo e meglio definito.
È importante precisare che l’armocromia non è una scienza esatta, come possono esserlo la fisica o la matematica, ma, piuttosto, costituisce un’arte. A sua volta, la colorimetria, intesa come studio sistematico del colore, coinvolge molte discipline: l’ottica (quindi la fisica), la chimica (per lo studio delle sostanze colorate e coloranti), la fisiologia (per il funzionamento dell’occhio e dell’apparato visivo), la psicologia (per quanto riguarda l’interpretazione della percezione dei colori), la filosofia e la simbologia.
Secondo alcuni, l’armocromia sarebbe nata verso la fine degli anni ’70 con la pubblicazione del libro Color Me a Season di Bernice Kentner; secondo altri, invece, la nascita della disciplina è da attribuirsi alla pubblicazione del libro Color Me Beautiful di Carol Jackson.
Ciò che sappiamo con certezza è che il rapporto tra i colori e l’effetto prodotto dall’accostamento cromatico cominciarono ad essere studiati con rigore scientifico nel secolo scorso. In un certo senso, potremmo infatti collocare gli albori dell’armocromia negli studi di Johannes Itten, pittore e insegnante del Bauhaus che, per facilitare i propri studenti del corso di ritrattistica, pensò di raggruppare i colori seguendo un metodo molto particolare: egli suddivise i colori a seconda della stagione in cui erano predominanti per poi associarli ad alcune caratteristiche fisiche, come l’incarnato, gli occhi ed i capelli del soggetto ritratto.
Il primo a elaborare una teoria del colore fu lo svizzero Johannes Itten, pittore, scrittore, designer e docente presso la Bauhaus School of Art in Germania. Nel 1961 realizzò un cerchio cromatico per rappresentare i colori primari e i colori derivati dalle loro mescolanze. Il cerchio di Itten ci fa comprendere meglio il rapporto tra primari, secondari, terziari e complementari.2
Le teorie sull’armonia dei colori sono state applicate a partire dagli anni ‘30, quando, nel mondo del cinema, comparve il Technicolor, ovvero l’esplosione dei colori sul grande schermo. Allora, ad occuparsi di far risaltare la bellezza delle star del cinema dietro le quinte delle grandi produzioni, erano le costumiste e i reparti di trucco e parrucco, considerati i primi consulenti d’immagine della storia.
Erano proprio loro, le costumiste e le truccatrici della Old Hollywood, a scegliere i colori giusti per valorizzare le bellissime attrici hollywoodiane.3
Tuttavia, dovranno passare circa cinquant’anni prima che l’armocromia diventi un fenomeno di massa. Infatti, il trend esplode a New York e, solo qualche decennio dopo, approda in Europa e finalmente in Italia. Ad ottant’anni dalla sua applicazione, l’armocromia risulta ancora valida: pur avendo aggiornato i propri metodi, la disciplina dell’armonia dei colori mantiene immutati i suoi fondamenti teorici.
Uno tra questi è l’assunzione per cui i colori non sono elementi accessori né tantomeno neutri, ma sono portatori di un messaggio sotto forma di emozioni. I colori hanno, cioè, un impatto emotivo sulle persone ed influiscono, anche se per lo più inconsciamente, sulla prima impressione che facciamo in presenza di altri e, viceversa, sul giudizio che noi esprimiamo nei loro confronti.
Indossare un colore significa inviare un determinato segnale a un interlocutore o a una persona che osserva, stimolando in lui una precisa reazione emotiva – calma, agitazione, tristezza, gioia, disgusto, ammirazione. Si tratta di una risposta involontaria e genericamente inconsapevole, ma così forte da poter pregiudicare una relazione tra due soggetti.4
Il fatto che i colori abbiano la capacità di generare una reazione emotiva nelle persone dipende anche dalle caratteristiche fisiche della luce. Alcuni studi svolti sull’argomento, come quello sull’associazione dei colori di Joe Hallock o la metafora musicale di Vasilij Kandinskij, hanno portato alla definizione di una scienza definita “psicologia del colore”, che studia le diverse sensazioni provocate dalle caratteristiche fisiche della luce.
In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima.
Vasilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte, SE, 2005, SE, 2005
A ciascun colore, infatti, si associano precise simbologie, che, a loro volta, si traducono in messaggi e significati altrettanto precisi: ad esempio, pensiamo all’abito bianco del matrimonio o alle tinte scure dei riti funebri. Da ciò si evince che un colore non è mai solo un colore, ma è carico di significati culturali, oltre che di sensazioni.
Lo studio delle sensazioni che le tinte cromatiche suscitano negli esseri umani ha origini lontane, ma i primi rigorosi test e i primi scritti sul tema risalgono all’Ottocento. Molti studiosi e uomini di scienza, tra cui Goethe, si dedicarono con interesse alla “cromologia” dopo aver scoperto che ogni tinta innesca uno stimolo diverso nel cervello umano. Uno tra i test più famosi è quello di Lüscher, ideato dall’omonimo psicologo svizzero. Il test mira ad analizzare la personalità dei soggetti in base alla scelta di determinati colori: un colore specifico è associato ad una specifica personalità. Si tratta di uno strumento interessante e impiegato ancora oggi per la conoscenza personale e di altri soggetti, dei loro disagi o delle loro predisposizioni emotive e psichiche. Per questo motivo, viene applicato anche ai disegni infantili per la comprensione delle condizioni psichiche dei bambini.
Tutte queste teorie sui colori – dagli studi di Itten al test di Lüscher – sono state raccolte nell’essenza teorica dell’armocromia e trasferite nell’ambito della consulenza d’immagine: l’immagine o “facciata personale”, come la teorizzò il sociologo Erving Goffman, è un mezzo di comunicazione della propria identità, accanto al modo in cui parliamo, ci muoviamo e ci riferiamo agli altri. Il colore diventa dunque, a tutti gli effetti, parte integrante del sistema comunicativo dei soggetti, senza che questi ne siano necessariamente consapevoli. Indossare un colore significa prendere una posizione, decidere di raccontare determinate caratteristiche di sé e offrire una precisa visione della propria personalità.
L’errore che le persone commettono più frequentemente in fatto di look? Vestirsi dei colori sbagliati. È un fatto di armonia: ci sono colori che stanno bene insieme, che si danno forza l’un l’altro, e che combinati sprigionano una grande energia! Con i colori giusti si può davvero sembrare più bella e più giovane.5
Non parliamo solo dell’abbinamento dei colori dei vestiti che si indossano, ma anche di quanto armonicamente questi siano combinati con i colori naturali del soggetto: la sua pelle, il colore dei capelli, degli occhi e del sottotono. Dunque, il primo approccio di un consulente d’immagine con il proprio cliente è sempre l’analisi del colore. Esistono diversi metodi e orientamenti, ma tutti sono accomunati dall’idea secondo la quale trovare la palette cromatica che valorizza un individuo è fondamentale per consigliargli come vestirsi, truccarsi e, in fin dei conti, come stare meglio con se stesso. L’interrogativo a cui l’armocromia intende rispondere, quindi, è: quali colori risultano armoniosi se accostati a quelli naturali del soggetto?
Per rispondere a questa domanda, i professionisti dell’immagine utilizzano il metodo del drapping, che consiste nell’accostamento di drappi di tessuto di colori diversi al viso per stabilire quali siano quelli più valorizzanti. In modo progressivo, si passano in rassegna tutte le tonalità, così da definire la palette cromatica del soggetto.
La più famosa teoria dell’armocromia, nonché quella attualmente in voga, è quella delle stagioni, che riconduce tutti i colori a quattro gruppi. Ogni soggetto viene accostato ad una stagione e, in base ad essa, si definisce la palette dei suoi colori e nuance.
Analizzando il colore di capelli, quello delle sopracciglia, degli occhi, il tono e il sottotono della pelle del soggetto, si può definire la sua qualità cromatica e pertanto la sua stagione di appartenenza.6
La prima scrematura è tra colori caldi e freddi, la seconda tra colori soft e intensi. Ecco, quindi, come vengono classificate le quattro stagioni:
- Primavera: colori caldi e soft;
- Estate: colori freddi e soft;
- Autunno: colori caldi e intensi;
- Inverno: colori freddi e intensi.
Ma come mai si parla di… stagioni? Come ho già accennato, l’artista Johannes Itten pensò di dare delle indicazioni cromatiche ai suoi studenti raggruppando i colori per “famiglie”, in particolare ispirandosi alle stagioni e ai colori della natura in ciascuna di esse. Nella zona temperata in cui viveva Itten, la primavera era caratterizzata da colori molto vivaci, caldi e piuttosto chiari (fiori colorati, prati verdeggianti, ecc.), l’estate, invece, era meglio rappresentata da colori chiari e freddi, per lo più smorzati (cieli azzurri-grigi, verdi tenui, qualche fiore nelle sfumature del viola, ecc.); l’autunno era caratterizzato da colori caldi e profondi (terra bruciata, rosso mattone, arancio, giallo ocra, ecc.) e infine l’inverno si distingueva per i forti contrasti e i colori freddi e accesi (la neve candida e i tronchi degli alberi del bosco quasi neri, i cieli di un blu intenso, ecc.). Dunque, per convenzione, in armocromia si è da allora continuato a parlare di stagioni per riferirsi ai gruppi di colori con le caratteristiche descritte sopra7.
La teoria delle 4 stagioni è molto utile per cominciare a capire a quale tipo appartiene il cliente, ma negli anni è stata perfezionata, apportando ulteriori dettagli.8
Mary Spillane, consulente d’immagine inglese, fu tra le prime ad accorgersi che la suddivisione in quattro tipologie cromatiche non era sufficiente. Coniò così il termine flowing per indicare la possibilità per ogni tipologia di virare verso le due stagioni immediatamente più vicine. Ognuna delle quattro stagioni si suddivide così in tre sottotipi, dando origine alla nuova teoria delle dodici stagioni.
Al di là delle specializzazioni e delle più raffinate sistemazioni della teoria, alcuni fondamenti dell’armocromia hanno riscosso un successo incredibile. Basti pensare a quante pagine a tema sono spuntate sul web o al successo raggiunto da alcuni content creators che si occupano della questione. Se ne parla molto, se ne discute: insomma, si è generato un attivo e vivace dibattito intorno alle stagioni e alle palette, che sono goffamente atterrate nelle nostre vite e soprattutto nel rapporto con il nostro aspetto fisico (non sempre sereno), destando non poca curiosità.
A mio parere, il motivo alla base di una tale popolarità risiede (tra le altre cose, come la nostra ossessione per le etichette) nel fatto che l’armocromia costituisce una disciplina le cui implicazioni sono direttamente percepibili dalle persone nella loro vita quotidiana, nonché nelle relazioni con gli altri e soprattutto con se stesse. A chi non è mai capitato di guardarsi allo specchio e pensare: questo colore proprio mi “sbatte” oppure, al contrario, con questo colore mi vedo più carinǝ? E chissà quante altrettante volte le persone ci hanno osservati e hanno avuto le medesime impressioni. Tutti noi, che lo vogliamo o no, che ne siamo consapevoli o no, facciamo i conti con l’armocromia tutti i giorni.
Certamente, sta poi ad ognuno di noi decidere come maneggiarla e, soprattutto, quanto margine lasciarle nelle proprie scelte di consumo. Ciascunǝ è liberǝ di abbracciare l’armocromia come fosse una sorta di neo-religione, oppure di rivolgervi lo sguardo quella volta ogni tanto (magari nelle occasioni in cui ci teniamo ad apparire più belli) o, ancora, di rifiutarla e continuare a indossare semplicemente ciò che ci fa sentire bene con noi stessi, di qualunque colore esso sia.
Per quanto riguarda me… beh, ammetto di aver più volte preso il cellulare in mano, aver aperto Safari e aver digitato “come capire che stagione sono?”. Un test mi ha detto di essere una primavera, l’altro un’estate. Nel dubbio, cerco di evitare il nero (cosa alquanto complicata) e indosso ciò che sento essere armonioso, più che con i miei colori, con me stessa.
E tu, che stagione sei?
di Marta Gatti
Note
- Isabella Ratti, La professione del Consulente D’immagine, p. 47, in Isabella Ratti style coaching & consulting (https://isabellaratti.com/).
- Ivi, p. 49
- Ivi, p. 48
- Ivi, p. 44
- Ivi, p. 40
- Ivi, p. 51
- https://www.esritalia.com/armocromia-analisi-del-colore/
- Isabella Ratti, op. cit., p. 58
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[…] scontato e ripetitivo affrontare il tema della bella stagione, dato che le abbiamo già dedicato un editoriale ben due anni fa. Perciò, questo mese L’Eclisse vi conduce nell’affascinante e misterioso mondo […]