Inizio X secolo. Notte fonda, sotto una violenta pioggia un branco di creature, urlanti e invasate, assetate di sangue, divenute così a causa del loro oscuro passato, esprimono la loro bestialità in un rito, fragoroso e violento, scuotendo la notte delle lande nordeuropee. Un uditore, lontano nella selva, potrebbe pensare ad un branco di orsi o lupi inferociti, per nulla sazi del loro pasto, ma rimarrebbe stupito scoprendo che quegli urli provengono da esseri umani. Attorno a un fuoco quasi sacrale, questi umani (se si può definire così un uomo imbestialito) consumano il loro rito preparandosi alla prossima battaglia.
Questa Immagine è una delle tante che mi ha colpito profondamente di The Northman – l’ultima pellicola del regista statunitense Robert Eggers, alla sua terza pellicola dopo The Witch (2016) e The Lighthouse (2019). Eggers è una delle sorprese più floride di quest’ultimi anni di cinema: classe ’83, si fa conoscere al mondo dei cinefili nel 2016 con The Witch (La Strega), un film la cui straordinaria potenza non solo gli fa aggiudicare innumerevoli premi1, ma riporta anche in auge dopo anni di crisi di idee il genere horror. Eggers, utilizzando tutti i crismi classici del genere, porta alla luce una storia freschissima che dona un dettagliato approfondimento su un tema abusato come quello stregonesco, riuscendo, a mio avviso, a riportare l’horror d’autore nel panorama mondiale.
Il merito di Eggers è stato quello di riprendere gli stilemi dell’horror primigenio, quello fra tutti del Nosferatu (1922) di Mournau, che fece scuola non solo al genere, ma fu fondamentale anche per il cinema in quanto tale. Nel linguaggio cinefilo si utilizza il termine “arthouse horror” per definire le pellicole in cui la chiave horror ha una fortissima componente autoriale e indipendente2. Questo termine è perfettamente accostabile al regista statunitense; basti notare come i suoi primi due film siano stati prodotti da una delle più fiorenti (se non la più fiorente) case di produzione americane dell’ultimo decennio, la “A24”3, fortemente legata al genere horror. Oltre a Eggers, la “A24” ha prodotto i film di un altro regista che ha riportato in vita il genere, Ari Aster (regista di Hereditary e Midsommar)4.
Un altro elemento denotativo della filmografia di Eggers sono le ambientazioni storiche. In The Witch ci troviamo tra le valli e i boschi del New England nel XVII secolo, dove Anya Taylor Joy (attrice lanciata nel panorama mondiale grazie a questa pellicola) è messa alla prova da una strana “forza” proveniente dai boschi. Nel secondo film, The Lighthouse, girata completamente in bianco e nero, racconta di due guardiani di faro (gli strepitosi Robert Pattinson e Willem Dafoe), sperduti su un’isola verso la fine del XIX secolo, obnubilati da una pazzia scatenata da “qualcosa” di più grande.
In The Northman Eggers decide di trasportare lo spettatore ancora più indietro: siamo nel 895 d.c in Norvegia, dove incontriamo il protagonista di questa epopea vichinga, Amleth (interpretato da Alexander Skarsgård). La vita di Amleth è segnata, sin dalla tenera età, dall’omicidio del padre (interpretato da Ethan Hawke), re di un popolo sulle coste di Norvegia, perpetrato da parte del fratello Fjolnir (Claes Bang). Come aveva fatto in The Witch, dove si trattava di un racconto folkloristico seicentesco, e in The Lighthouse, dove, partendo da un racconto incompiuto di Edgar Allan Poe, sviluppava una storia originale, in The Northman Eggers si rifà principalmente al mito di Amleth, personaggio al centro del racconto del terzo e quarto libro delle Gesta Danorum 5 del danese Saxo Grammaticus (1150-1260). Saxo, importantissimo storico e scrittore medioevale, sarà ispiratore del celeberrimo Amleto di Shakespeare. Entrambe le versioni sono riprese nella pellicola: di Saxo si ritrovano le ambientazioni e le atmosfere, cariche di inquietudine e mistero; di Shakespeare, in secondo piano rispetto al primo autore, si può trovare quella forte tensione emotiva che si viene a creare tra i personaggi e le forze in gioco che, dopo un estenuante tensione , si scontrano definitivamente nel finale del film.
Dobbiamo per forza sottolineare che questa ispirazione, seppur cardine nella creazione dell’opera, lascia un’enorme libertà al regista che, come accaduto con le sue opere precedenti, riesce a imporre il suo stile narrativo ed espositivo. Per tale motivo si ritrovano elementi in comune con i film antecedenti, come lo scontro tra un uomo e una Madre natura al limite dell’onnipotenza, oppure la presenza di un animale che, dopo il caprone di The Witch e il gabbiano di The Lighthouse, offre soccorso al protagonista. L’animale in questione è un corvo, simbolo del padre assassinato, che segue passo dopo passo le vicende del figlio.
Ma di cosa parla precisamente questa pellicola? Come già scritto, tutto ruota intorno alla vendetta di Amleth nei confronti dello zio Fjolnir come spiegano semplicemente i tre obiettivi che il piccolo orfano si pone – “Ti vendicherò padre, ti salverò madre, ti ucciderò Fjolnir” – mentre fugge dal suo villaggio natale, preda della furia dello zio. Un salto temporale ci mostra come un innocente bambino si sia trasformato in un uomo lupo, selvaggio, crudele e spietato. Amleth non è più un erede al trono, ma una bestia, assetata di sangue, che spende le proprie giornate in un gruppo di rudi vichinghi che assaltano e sterminano i villaggi.
Proprio durante uno di questi saccheggiamenti, gli verrà rivelato da una strega come il destino, sia il suo che quello della sua stirpe, sarà funesto se continuerà a rifuggire la sua vendetta: l’assassinio di Fjolnir. Deciso a porre rimedio a questa mancanza, salpa, insieme a una sensitiva (interpretata dalla bravissima Anya Taylor Joy) di cui si innamorerà, per l’Islanda, dove lo zio, cacciato dalla Norvegia da popoli più forti, governa su un minuscolo e debole regno. Qui ritroverà anche l’amata madre (una Nicole Kidman che non vedevo così convincente da tempo), che crede rapita dallo zio e violentata per ottenere figli.
Mi fermo qui per evitare spoiler. Dopo questa lunga sequela di righe vi starete chiedendo se la pellicola è degna di visione oppure no. Come avrete già intuito, The Northman è il classico percorso dell’eroe, ossessionato dalla vendetta, che lo porterà ad un’epica resa dei conti, situata alle “Porte di Hel”, il vulcano Hekla.
Pur avendo una trama già vista, The Northman riesce a creare un universo che rapisce lo spettatore per quasi due ore e venti, provocando una moltitudine di emozioni e sensazioni contrastanti. Se quasi empatizziamo con il furioso Amleth, allo stesso tempo ci sentiamo distanti e uniti con quella lontana era dell’umanità. L’incontrastabile forza dell’uomo bestia, fusa a una fragilità quasi infantile, rende l’Amleth di Skarsgård, un personaggio stupendo, mai bidimensionale o invincibile. I vari comprimari, nessuno di loro dimenticabile, rappresentano varie sfaccettature del sentire umano: per esempio la ridicola convinzione di Fjolnir di governare ancora un regno, che risulta invece allo spettatore come solo un paio di case di tufo e nient’altro, oppure l’ingenuità e la scaltrezza Olga (Anya Taylor Joy) o la crudeltà e pazzia della regina Gudrun (Nicole Kidman), mascherata da una finta compassione e una mal espressa benevolenza.
La bravura di Eggers è anche quella di rendere The Northman, a primo acchito una storia fantasy, un film realistico. Difatti, gli elementi fantasy della pellicola, portati alla luce soprattutto dalle varie figure magiche (fra tutti quella di Dafoe), sono circoscritti e non soverchiano mai la narrazione. Credo si possa dire che il fantasy in The Northman è accennato, quasi offuscato e non chiaro, come a ribadire che quel che accade di fantastico si possa ricondurre alle menti dei personaggi. I continui riti sacrali e la centralità del Valhalla come meta ultima sono solo temi che ricordano allo spettatore di come la religiosità fosse centrale all’epoca. Eggers rende magnificamente questa religiosità grazie a scene orchestrate alla perfezione (come quella descritta a inizio articolo) in cui l’umanità, ancora atavica e animalesca, rispondeva alle proprie domande parlando con gli dèi.
The Northman si pone come un salto di produzione molto importante per il regista. Eggers, dopo le piccole produzioni con “A24” (dove il budget in questione era di pochi milioni), lavora con un budget enorme per i suoi canoni (90 milioni di dollari6) e con una grande major (Universal). Questo però non soffoca, a mio avviso, in nessun modo lo stupendo lavoro del regista che, nonostante possa essere considerata la sua pellicola come la più mainstream e semplice fra le sue opere, mantiene la sua originalità. La bellezza della messa in scena riesce a contrastare alcuni errori di scrittura, soprattutto nella parte finale, che avrebbero potuto intaccare un’opera fino a quel momento impeccabile.
The Northman è una pellicola che si deve vedere obbligatoriamente in sala, una ventata di aria fresca nel mondo dei blockbuster americani, un piacere visivo e un parterre di attori fenomenali. Riempite le sale per aiutare una piccola perla che, tra un blockbuster e l’altro, spero si possa ritagliare un proprio successo non solo di critica, ma anche di botteghino.
Aspettando il remake di Eggers di Nosferatu7, atteso per il 2023, noi ci salutiamo.
Che il Valhalla sia il vostro destino!
Note
- The Witch Awards, IMBd.com
- Altri esempi, oltre quelli citati, possono essere Suspiria (1977) di Dario Argento, Shining (1980) di Kubrick o It Follows (2014) di Mithchell
- Casa di produzione nata a New York nel 2012. Ha portato sul grande schermo, oltre ai film citati, Macbeth (2017) di Coen e sul piccolo schermo la serie tv Euphoria (2019-2022)
- Anche Ari Aster (1986) è considerabile regista dedito all’arthouse horror
- Opera scritta nel XII secolo dedicata alla narrazione della nascita della nazione danese
- “The Northman: ecco perché il film di Robert Eggers non avrà mai una director’s cut” di Andrea Bedeschi, Bad Taste
- “Robert Eggers e Anya Taylor Joy insieme per il remake di Nosferatu” di Redazione, Cinefacts.it
Studente all’Università di Bologna, romagnolo di nascita, da anni coltivo le mie passioni (letteratura e cinema in primis). Dal 2016 faccio parte di una radio bolognese dove dal 2019 presento un programma dedicato alla letteratura indipendente. Tra un film, un libro e (ahimè!) un’esame scrivo per l’Eclisse. Cari lettori vi aspetto tra le righe!