La crisi dell’American Dream
Nel 1931, lo storico statunitense James Truslow Adams definì il concetto di American Dream (in italiano, “sogno americano”) così: «è il sogno di una terra in cui la vita dovrebbe essere migliore, più prospera e più ricca per ogni uomo, con opportunità per ciascuno in base alle proprie capacità o ai suoi risultati»1. Adams poneva l’enfasi soprattutto sui concetti di democrazia e uguaglianza, pilastri importanti per la storia costituzionale statunitense, che affonda le sue radici nell’illuminismo europeo. Possiamo dire che quest’affermazione sia ancora valida?
Quando si parla di sogno americano, si fa riferimento a un forte sentimento di speranza verso un futuro migliore. Solitamente, i fattori determinanti per raggiungere tale obiettivo sono il duro lavoro, il coraggio e la determinazione; in cambio, si spera di ottenere un miglioramento nel tenore di vita generale, maggiore ricchezza e prosperità economica. Insomma, l’obiettivo finale è quello di rientrare nell’upper-middle class, ossia la classe medio-alta borghese. Il sogno americano è probabilmente l’ethos per definizione degli Stati Uniti: non è un caso che anche il mito del self-made man, ossia colui che ottiene successo grazie al merito e alla sua bravura, sia tipicamente americano. L’idea che ogni individuo possa raggiungere il benessere grazie alle opportunità offerte negli USA è la forza motrice di questo “sogno”, il quale è intrinseco alla politica e cultura americana fin dalle sue origini. Infatti, nacque quando i primi coloni europei giunsero negli Stati Uniti durante il diciassettesimo secolo2. Tale mito è poi stato trasmesso di generazione in generazione fino ai giorni nostri.
Come già affermato, il mito nacque nel primo periodo coloniale3 (XVII-XVIII secolo), durante il quale la nuova vita dei coloni veniva vista con grande entusiasmo: la vita da emigratə negli Stati Uniti, principalmente costituita da novità e forti emozioni, era infatti enfatizzata. In seguito, durante il diciannovesimo secolo, il concetto fu ulteriormente sviluppato durante il periodo della corsa all’oro e delle ondate migratorie ottocentesche. L’Europa, parte del Vecchio Mondo, veniva considerata un luogo in cui non vi erano effettivamente possibilità per tuttə: l’idea di possedere una bella casa e di avere un lavoro soddisfacente da un punto di vista economico e sociale erano associati sempre più frequentemente agli Stati Uniti. Le crisi politiche, economiche e sociali europee dell’Ottocento (per esempio, la Grande carestia in Irlanda tra il 1845 e il 1849) spinsero infatti molte persone a lasciare l’Europa in cerca di un futuro migliore nel Nuovo Mondo4. Il mito del sogno americano, il cui termine fu coniato a inizio Novecento, era già fortemente radicato sia all’interno della società statunitense sia nelle menti deglə stranierə. Gli immigrati non erano solamente europei: in effetti, nell’Ottocento si consolidarono anche le rotte migratorie dall’Asia5, in particolare dal Giappone e dalla Cina, verso le grandi città statunitensi, dove nacquero le famosissime Chinatown.
Possiamo affermare che il sogno americano, come lo conosciamo noi, raggiunse il suo apice nel ventesimo secolo. A inizio Novecento, infatti, i grandi imprenditori statunitensi diventarono le icone da emulare e il modello da seguire per migliaia di persone. In particolare, gli anni Venti furono decisivi nel plasmare tale sogno: erano gli anni delle promesse di prosperità economica e ascesa sociale. Furono proprio le amministrazioni dei presidenti Warren G. Harding (1921-1923) e Calvin Coolidge (1923-1929) a porre l’enfasi su «la proprietà di una casa unifamiliare come l’obiettivo di ogni famiglia americana»6. Perciò, il sogno americano era, sia per glə americanə che per glə immigratə o i loro figli, riuscire a possedere una casa di proprietà, il che comportava avere un lavoro stabile e redditizio. In realtà, la casa era un simbolo che rappresentava molto di più della semplice proprietà immobiliare, bensì anche la possibilità di un’istruzione e un futuro migliore per i propri figli, una qualità della vita migliore e la possibilità di ascesa sociale.
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L’American Dream è un tema caro anche ai grandi scrittori americani come John Steinbeck (1902-1968) e Arthur Miller (1915-2005). Nel suo romanzo Uomini e topi7, Steinbeck narra di due amici che, durante la Grande depressione del 1929, hanno il sogno di aprire un ranch di loro proprietà, simbolo di indipendenza economica. Il romanzo, però, mostra come tale sogno non sia effettivamente raggiungibile per tuttə. Miller, invece, propose la sua interpretazione del tema nell’opera teatrale Morte di un commesso viaggiatore (1949): il protagonista, Willy Loman, è un commesso viaggiatore di mezza età ossessionato dalla possibilità di aumentare la sua felicità in senso materialista attraverso il successo. Il drammaturgo mostra come, anche nel secondo dopoguerra, glə americanə fossero ossessionatə dall’idea di ottenere successo e ricchezza attraverso il lavoro e, conseguentemente, di poter comprare una casa in un bel quartiere dove poter crescere i loro figli e di possedere un’automobile. Insomma, anche dalla letteratura traspare come il sogno americano era, come citato prima, quello di riuscire a essere parte della classe media benestante attraverso le possibilità che gli Stati Uniti promettevano di garantire a molte persone.
Ama Wattley, per “The Arthur Miller Journal”, scrive che «le convinzioni di Willy Loman su come avere successo nel mondo degli affari sono caratterizzate dalla sua filosofia secondo cui “l’uomo che si fa notare nel mondo degli affari, l’uomo che crea interesse personale, è l’uomo che va avanti. Siate apprezzati e non vi mancherà mai nulla”»8. Miller cercava già prima degli anni Cinquanta di dimostrare come, in realtà, tale sogno non è effettivamente realizzabile. Effettivamente, per Willy Loman e i suoi due figli, il mito dell’American Dream si dimostra essere irraggiungibile; ciononostante, Willy continua a credere nei valori del mito fino alla sua tragica morte. Sempre Wattley scrive che «nonostante Willy creda nella eccellenza grandezza dei suoi figli, entrambi si rivelano deludenti, persino fallimentari, nella loro vita adulta e, per molti versi, ciò può essere ricondotto ai falsi valori e alle convinzioni che Willy instilla in loro»9.
Questo sogno – o meglio, mito – è tutt’oggi rilevante: ancora nel 2001, l’allora presidente George W. Bush sottolineò come «l’avere una casa di proprietà è il cuore del sogno americano»10. Però, la situazione economica, politica e sociale negli Stati Uniti è profondamente cambiata rispetto al passato. La crisi economica del 2008 e le sue conseguenze hanno profondamente limitato la convinzione nel sogno americano. Infatti, il costo della vita di una persona media è aumentato non solo rispetto alla possibilità di possedere una casa, ma anche rispetto ad altri ambiti come istruzione, sanità e tempo libero. Inoltre, la rapida crescita del fenomeno della globalizzazione ha causato il fenomeno della scomparsa di alcune attività produttive e posti di lavoro storicamente associati alla classe media (hollowing out) e, di conseguenza, la polarizzazione delle capacità lavorative (skill polarization)11 delle persone appartenenti alla stessa classe. Ciononostante, la classe media viene ancora oggi considerata un modello a cui ambire e, allo stesso tempo, viene trattata come una classe omogenea dalla politica, sebbene non lo sia. Alla luce di tutto ciò, in un sondaggio di YouGov del 2020, si è registrato come circa 3 persone su 10 ritengano che il sogno americano sia totalmente irraggiungibile. Secondo un altro sondaggio condotto dal Wall Street Journal/Norc nel 2023, solamente il 36% degli intervistati credeva che il raggiungimento del successo fosse possibile grazie al lavoro duro. Il dato è diminuito rispetto al 2016, che vedeva una percentuale del 48% e ancor più rispetto al 2012, dove la percentuale si attestava al 53%.
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Un altro elemento da non sottovalutare è come la povertà intergenerazionale sia un fattore determinante per l’ascesa sociale ed economica: negli Stati Uniti, «è quattro volte più forte che in Danimarca e Germania, ed è due volte più forte che in Australia e Gran Bretagna»12. Chi vive all’apice della società investe sempre di più, soprattutto nel futuro dei propri figli e nelle attività civiche, mentre le persone più povere tendono a non dare la stessa importanza all’istituzione familiare e a disimpegnarsi dalla società tradizionale, spesso per mancanza di soldi e tempo. Un sondaggio di NBC News (riportato in Italia da “la Repubblica”) mostra come solamente «il 19% degli americani è convinto che la generazione dei figli vivrà meglio di loro», registrando così nel 2023 il dato più basso dal 1990. Un articolo del “Guardian”, parlando del libro Our Kids (2015) del politologo americano Robert Putnam, afferma che «la concatenazione di vantaggi e svantaggi è visibile nell’ordinamento economico a livello di quartiere, che porta all’ordinamento sociale in termini di scuole, chiese e gruppi comunitari»13. Il divario sociale ed economico tra glə americanə sta diventando sempre più ampio, mettendo quindi in crisi il sogno americano basato sui principi di uguaglianza e pari opportunità.
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Il sogno americano è quindi stato messo in discussione da diversi fattori analizzati nell’articolo: le crisi economiche come la Grande recessione del 2008, l’aumento delle disuguaglianze e il deterioramento delle opportunità lavorative, visibile soprattutto negli ultimi decenni. Tuttavia, la retorica degli Stati Uniti come il Paese dalle infinite possibilità per tuttə è ancora molto forte sia all’interno degli USA stessi che all’estero. Un esempio della incisività del termine American Dream è una proposta di legge (con una prima versione dell 2019 e l’ultima del 2023) chiamata American Dream and Promise Act14: non è sorprendente sapere che tale disegno di legge permetterebbe ad alcunə stranierə di ottenere lo status di residente permanente e prevederebbe altre disposizioni in materia di immigrazione.
Note
- J.T. Adams, The Epic of America, Oxon (UK), Routledge, 2017. [TdA]
- Britannica, T. Editors of Encyclopaedia, American colonies, “Encyclopedia Britannica”, 2024. Consultato il 18 aprile 2024, https://www.britannica.com/topic/American-colonies.
- J. Murtoff, American Dream, “Encyclopedia Britannica”, 2024. Consultato il 18 aprile 2024, https://www.britannica.com/topic/American-Dream.
- Library of Congress, Immigration to the United States 1851-1900. Consultato il 18 aprile 2024.
- Ibidem.
- A. John, The Resilience of Myth: The Politics of the American Dream, in “Traditional Dwellings and Settlements Review”, XXV (primavera 2014), n. 2, pp. 7–21. https://www.jstor.org/stable/24347714.
- Of Mice and Men (tradotto in italiano come Uomini e topi) è un breve romanzo di John Steinbeck pubblicato nel 1937 e per la prima volta tradotto da Cesare Pavese nel 1938 per Bompiani.
- A. Wattley, Father-Son Conflict and the American Dream in Arthur Miller’s “Death of a Salesman” and August Wilson’s “Fences”, in “The Arthur Miller Journal”, V (autunno 2010), n. 2, p. 3. [TdA]
- Ivi, p. 10. [TdA]
- The White House, Homeownership Policy Book. Consultato in data 17 aprile 2024 Homeownership Policy Book – Background.
- L. Spadavecchia, La polarizzazione del mercato del lavoro fra sovra-istruzione e disallineamento delle competenze, “Treccani”, 2020. Consultato il 18 aprile 2024. https://www.treccani.it/magazine/agenda/articoli/economia-e-innovazione/polarizzazione_lavoro.html.
- Z. Parolin et al, The Intergenerational Persistence of Poverty in High-income Countries”, OSF Preprints, Maggio 2023. [TdA]
- R. Reeves, Our Kids: The American Dream in Crisis by Robert D Putnam review – concerned, scholarly, “The Guardian”, 20 aprile 2015.
- H.R.16 – 118th Congress (2023-2024): American Dream and Promise Act of 2023. (2023, giugno 15). https://www.congress.gov/bill/118th-congress/house-bill/16.