Immagina vedere un film ed emozionarti parecchio. Immagina guardarlo e riflettere, uscendo dalla sala con dubbi e risposte. Immagina, infine, che questo film mostri “solo” un uomo che cammina verso una meta sconosciuta dopo averlo deciso impulsivamente. Sembrerebbe assurdo, quasi impossibile, per la monotonia. Eppure, non lo è.
L’Imprevedibile Viaggio di Harold Fry, il cui titolo originale è The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry, è un’opera cinematografica tratta dall’omonimo libro di Rachel Joyce, uscito qualche anno fa, che nel 2023 ha ricevuto (probabilmente) tutto, tranne la giusta attenzione che meritava. La quasi contemporanea uscita di grandi pellicole non deve aver aiutato a metterla in luce, ma ciò non toglie che si sia trattata di un’occasione persa per il cinema e per tutti i cinefili. Chi lo ha visto e, soprattutto, chi lo ha apprezzato dovrebbe confermare che la storia di Harold Fry, benché di nicchia, è destinata a diventare un cult, non solo per il grande cast, non solo per le ambientazioni suggestive, dal ruolo molteplice come citato dal blog SentieriSelvaggi, ma specialmente per quello che racconta. Semplice e quotidiano, è vero, ma con una potenza escatologico-narrativa disarmante così forte da far pensare che, forse, si stia perdendo qualcosa di importante nella propria vita, ma che non si riesce tuttavia a cogliere.
Al di là del lato squisitamente cinematografico, però, Harold Fry e il suo viaggio meritano un’analisi di tutt’altro tipo. La trama, di per sé, è molto semplice: una mattina, Harold, un uomo di sessant’anni, riceve una lettera da parte di una sua conoscenza di vecchia data, di nome Queenie, con la quale ha lavorato, che gli confessa di essere in punto di morte a causa di un brutto male. Colto di sorpresa, non solo per la notizia ma anche per i ricordi che quella persona porta con sé, scrive un messaggio scarno in risposta e si reca dapprima alla cassetta delle lettere e poi all’ufficio postale per inviarla. Guardandosi intorno e parlando con alcune persone, fra cui una ragazza che gli spiega l’importanza della fede e della fiducia nei momenti difficili, decide di partire a piedi per recapitare di persona la missiva. Un vero e proprio pellegrinaggio, come viene chiamato nel titolo originale (dall’inglese, pilgrimage), lungo tutta la principale isola anglosassone in vista di una città così lontana ma così vicina. Da qui in poi, senza voler rivelare nulla di quanto capita lungo il cammino, accadono una serie di eventi e di contatti con la natura umana attraverso generazioni, zone geografiche e classi sociali. Una globalità umana che, nelle sue distanti peculiarità, si racchiude sotto alle stesse debolezze e alle stesse speranze. Harold, dal canto suo, grazie alla sua esperienza di vita, riesce a diffondere un po’ di luce in quel buio che, segretamente, pervade la vita di ogni suo incontro; anche di se stesso, ma lasciato da parte grazie alla forza che riesce a dare agli altri. Ben presto, pur non volendo, la sua storia sbarca sui media e sulle televisioni, rendendolo una sorta di eroe. Un Forrest Gump di noi altrə, se si vuole, sia per il periodo storico che per il continente geografico.
La spinta che Harold riceve non arriva che dalla sua voglia di riscatto e dagli errori che ha commesso nel corso del tempo, anche nei confronti della sua conoscente malata. Alcuni fantasmi, in senso quasi letterale, si rincorrono nella sua mente e attaccano il suo fisico nei momenti di maggiore stanchezza e fragilità.
In ogni caso, fare del bene porta del bene: questo è dimostrato anche dai costanti aiuti che Harold riceve nei momenti di difficoltà o quando necessita di fermarsi, ad esempio per mangiare qualcosa oppure per parlare con qualcuno. Da questi dettagli, che si ripetono durante tutto l’arco narrativo del film, possono aprirsi numerosi ragionamenti che permettono di comprendere meglio la storia, soprattutto sul piano morale.
La necessità di comportarsi correttamente verso glə altrə esiste e persiste a prescindere dall’eventuale e presunto tornaconto, ma va mantenuta e praticata per rendere il mondo un posto migliore. Al tempo stesso, la pace interiore deve essere una priorità di tuttə per evitare di cadere in situazioni psicologicamente sgradevoli. Esteso alle proprie conoscenze quotidiane, questo è un principio che dovrebbe essere applicato prima di parlare, giudicare e denigrare qualcuno e/o qualcosa. Infatti, ogni persona può attraversare un momento difficile oppure averlo attraversato nel passato, e riportare alla mente infausti ricordi o terribili sensazioni, anche in maniera del tutto involontaria, potrebbe essere un atto quasi fatale. Aprirsi a loro in maniera cauta, ma sincera, permette di comprenderli e di farsi comprendere. Un problema, forse tacitamente e implicitamente evidenziato anche nella pellicola, che il nostro tempo presenta in maniera tristemente evidente.
Inoltre, viaggiare verso una meta sconosciuta nella speranza di realizzare qualcosa di buono e di ricevere qualcosa di buono implica che ci sia in mezzo anche una forte trascendenza. Nel film, in realtà, questo è un lato personale che viene spesso negato dal protagonista stesso, come si può leggere sul sito CinEuropa. Tuttavia, non si può negare che i principi fondanti della decisione di Harold Fry portino con sé una religiosità neanche troppo celata: la fede, infatti, è l’elemento fondante di tutto il corso degli eventi. Harold non è in grado di sapere con continuità se le condizioni della donna che vuole e deve raggiungere siano costanti, in miglioramento o in peggioramento. Ne riceve aggiornamenti in maniera sporadica durante il cammino e, nonostante il rischio concreto che lei perisca durante il percorso, l’uomo continua a procedere imperterrito verso la sua destinazione. In effetti, la donna sembra migliorare man mano che Harold avanza verso di lei, malgrado non sia, forse, a sua volta, in condizioni di comprendere ciò che accade durante il suo pellegrinaggio e come esso si svolga di preciso. Il fatto che si parli di pellegrinaggio è eloquente ed esemplificativo: Harold non sta raggiungendo solo una persona, bensì uno scopo ben preciso, un fine. La volontà e la speranza di poter rimediare a qualche suo importante sbaglio, insieme alla consapevolezza intrinseca e crescente di stare dando fiducia anche al mondo. Gesti effimeri, forse, destinati a sparire presto dalla memoria della gente, ma non il solco che hanno lasciato e non l’emozione che hanno portato, nonostante il tempo e nonostante l’indifferenza. Non è solo Harold che raggiunge la malata con cui lavorava un tempo, ma è l’umanità intera che si redime e raggiunge un nuovo stato di consapevolezza, di bontà e di generosità.
Contestualmente all’innegabile fede religiosa che si cela dietro questa serie di eventi, è presente la corrispondente laica: la fiducia. Nonostante si pensi spesso che le due parole possano essere assimilabili (e, forse, da un qualche punto di vista, lo sono), in questo caso hanno delle sfumature che sono lievemente, ma indubbiamente, differenti. Come già precedentemente sottolineato, la fiducia, che esiste e persiste all’interno dell’opera, si fonda su un’altra dimensione: la consapevolezza dell’altro. Con “altro”, nella fattispecie, s’intende la relazione binaria fra Harold e la sua ex collega, ma questo concetto può essere esteso alla società, in maniera tale da (ri)scoprire la presenza di qualcuno vicino a noi, sia in senso fisico che emotivo. La fiducia si differenzia dalla fede, in quanto quest’ultima è un’idea più astratta, nella quale si ha, sì la consapevolezza di qualcosa che può dare una mano, ma senza che si abbia la certezza che questo esista, o senza che lo si abbia mai visto. Dunque, la fiducia, di per sé, richiede quel requisito in più, ossia il riscontro, affinché possa esistere. Perlomeno, così emerge la presente relazione secondo gli occhi di chi scrive e in base alla sua interpretazione del film in questione.
La conciliazione delle persone, nonostante le loro differenze, è uno dei propositi metaforici esistenti all’interno dell’esperienza di Harold Fry, benché probabilmente sia fra i più concreti. Non importa dove si trovi e/o con chi abbia a che fare, ogni individuo di fronte a lui si dimostra capace di dargli una mano. E, di questi individui, ne incontra parecchi. In qualsiasi località, in qualsiasi zona del paese e di qualsiasi provenienza, al contatto con l’essenziale e con l’esistenziale, il prossimo si dimostra solidale e comprensivo nei suoi confronti. Una dimostrazione che, in fondo, siamo fatti della stessa materia e della stessa materia diventeremo? Può essere, ma più probabilmente potrebbe essere il suddetto invito alla solidarietà: semplicemente, ma non così tanto come sembra, un giorno anche noi potremmo trovarci nella posizione di prendere decisioni difficili e di dover, anche a malincuore, chiedere (disperatamente, talvolta) aiuto aglə altrə. L’empatia, in questi casi, risulta fondamentale.
L’empatia, in effetti, è un’altra delle componenti di tutta la parabola, se così si vuole definirla, di Harold Fry. Non è solamente la popolazione a dimostrarsi comprensiva e solidale nei suoi confronti: la medesima relazione avviene anche in misura uguale e contraria. Il sapersi confrontare con tuttə, il saper accettare critiche, anche un bacino di persone dalle dimensioni notevoli intorno a lui sono dimostrazioni di quanto Harold possa rapportarsi con il mondo e con l’ignoto. Senza l’empatia, non ci sarebbe stato nessun viaggio, nessuna decisione. Non sarebbe esistita questa storia, in sintesi. E sarebbe stato un peccato.
In realtà, come scritto all’inizio, uno dei motori principali di Harold è il riscatto dalle delusioni avute e causate in passato. Senza svelare un dettaglio molto importante sulla sua vita mostrato e ben ponderato all’interno del racconto, bisogna specificare che Harold Fry è stato anche molto lontano dal comportarsi come la brava persona che pare essere nella trama principale. Spezzando una doverosa lancia nei suoi confronti, bisogna dire altresì che non è stato sempre consapevole di agire in maniera sbagliata nei confronti di persone anche molto vicine a lui, spesso prendendo tali decisioni in totale buonafede, ma questo suo modo di fare ha causato comunque conseguenze veramente nefaste. Come contro-conseguenza, il protagonista è arrivato a toccare il fondo e a causare disastri altrettanto gravi verso se stesso, per i quali è entrata in soccorso la malata, che dovrà poi raggiungere, dovendole restituire il favore, di fatto. Tutto questo meccanismo è una presa di coscienza del protagonista che, perfettamente consapevole di quello che ha combinato e delle possibilità di recuperare, dà il meglio di sé per riuscire nell’intento. Un ulteriore barlume di speranza che coinvolge anche coloro che, in una situazione non propriamente rosea, possono e devono cercare di rimettersi in carreggiata. Sta a loro farcela, ma con l’impegno e la buona volontà, le possibilità aumentano considerevolmente.
In conclusione, non è assolutamente questa la sede in cui esplicitare se Harold abbia avuto successo nel raggiungere Queenie prima della sua dipartita. Certo è, però, che lei ha saputo apprezzare in maniera molto profonda il suo gesto e ne ha saputo trarre forza e volontà, nonché recupero, per quanto possibile. Non è questa la sede per esplicitare se Queenie, come sognava Harold, si sia infine salvata. Non è questa la sede per descrivere, in maniera letterale e/o metaforica, il finale del film. Tuttavia, questa è la sede per scrivere alcune riflessioni finali.
Harold Fry ha inseguito tutto il tempo una stella cometa che avrebbe potuto letteralmente spegnersi in ogni momento. Ha superato il dolore, il freddo, la natura. Ha (ri)vissuto momenti veramente complicati e che avrebbe preferito non ricordare nemmeno. Ha avuto sollievi, anche meritati. Ha marciato sotto al sole cocente e sotto alla pioggia battente. Ha esitato, è vero, ma non si è mai arreso anche quando sembrava finita, anche quando sembrava impossibile e le difficoltà lo hanno messo a terra. Allora, a questo punto, non è Harold Fry a sua volta una stella cometa? Forse “stella cometa” è un’espressione che può stare stretta a qualcuno, ma “modello” dovrebbe andare bene a tuttə. In ciò che è giusto e che è sbagliato, Harold ha portato tracce di luce in quel buio che esiste e persiste. I personaggi e gli spettatori lo hanno riconosciuto e lo hanno seguito, proprio per il bagliore umano che emanava. L’unico a far lottare una persona, Queenie, anche dinanzi a morte certa.
Harold Fry è Harold Fry nella sua incarnazione come persona, è vero, ma è un modello comportamentale. La fede, la fiducia, la speranza, l’empatia e la consapevolezza unite. Quasi inumano, se ci si pensa. Nel pellegrinaggio, intimo e fisico, che percorre insieme a noi e per noi, portando quello stimolo che tuttə dovremmo percepire in noi stessə.
Portando il barlume della Speranza che tuttə dovremmo conservare e diffondere.
Sempre e per sempre.
Fino a nuova Luce.
di Alessandro Mazza
Nato nel 2002 in Romagna, sono studente all’Università di Bologna. Lo studio è, fortunatamente, fra le mie passioni, come lettura, musica e scrittura. Insieme ad altre meno “auliche”, come lo sport. Curioso per natura, mi pongo domande e cerco risposte, molto spesso senza successo, ma con conoscenze in più.
[…] La Stella Cometa di Harold Fry […]