Attenzione: in questo articolo si parlerà di disturbi del comportamento alimentare (DCA). Se hai bisogno di sostegno, puoi trovarlo contattando il Numero Verde SOS Disturbi Alimentari - 800 180969, attivo 24 ore su 24 dal lunedì al venerdì.
“Ho freddo, stare seduta fa malissimo, a causa delle ossa
che sporgono contro la sedia dell’aula.
Ore 11.30: non ho già più forze, ma devo resistere.
Caffè, poi un altro ancora. Sono arrivata a sei per cercare di rimanere sveglia e sopperire un po’ alla fame.
Ore 15.45: esco dalla mia aula del liceo.
Ore 16.15: mi sto allenando, ho fame ma devo bruciare, sono enorme.”
Il monologo qui sopra è una piccola parte del mio diario.
Mi presento: mi chiamo Benedetta Chinnici e ho combattuto contro i disturbi alimentari.
Controllo, calcolo, vuoto e freddo. Utilizzerei queste parole per parlare del mio amore – odio nei confronti dell’anoressia: amore sì, perché per me esisteva solo lei, mi faceva sentire viva, pur svuotandomi piano piano. È iniziato per gioco, probabilmente a causa di un malessere di fondo, quando ho iniziato seriamente, per la prima volta, a sentirmi a disagio per il mio corpo.
Ed è lì che ha avuto inizio il gioco: i partecipanti eravamo io e le calorie. Vincevo quando riuscivo a ridurle e, con il tempo, sono riuscita perfino ad annullarle. Ero fiera.
Durante la mia anoressia, il mio punto focale era il peso: non importava che non mangiassi, non importava che mi allenassi tre ore ogni giorno. Tutti erano spaventati, ma non mi bastava; io non mi bastavo, il numero doveva scendere sempre di più.
Probabilmente, le sfide più grandi sono state il freddo e gli svenimenti, questo perché la fame, dopo un po’, sparisce. Ricordo i primi giramenti di testa: cado per terra e inizio a tremare, non so per quanto sono rimasta priva di sensi, ma non m’importava.
Il freddo, però, era la parte peggiore: pungente dentro le ossa, non c’era niente che mi potesse scaldare.
La mia vita era monotona, ma perfettamente calcolata e precisa, avevo la mia routine che non poteva essere cambiata: le uscite con le amiche erano vietate, perché mi avrebbero potuto far cadere in tentazioni. L’allenamento doveva essere fatto tutti i giorni, anche a Natale e Capodanno, almeno tre ore per bruciare tutto. Il peso era registrato più volte al giorno, in modo da essere certa in ogni momento di non essere ingrassata. Ma, oltre alla bilancia, avevo anche altri modi per testare il mio peso. Questi comportamenti di controllo si chiamano check: monitoraggio della circonferenza del polso, della spalla, della vita e della coscia. Andavano fatti sempre e dovunque.
Ho passato anni della mia vita ferma, mentre gli altri andavano avanti ed io restavo ancorata alle mie uniche regole e certezze. Solo ora capisco quanto questo mio legame con lei fosse frutto di un mio malessere interiore immenso.
L’anoressia porta con sé molti drammi. In particolare, la perdita di peso è ciò che ti lacera mentalmente: perdita di concentrazione, depressione, ansia. Queste sono solo una piccola parte di che cosa comporta la diminuzione del peso sotto “il giusto standard”.
Avevo perso il ciclo ed è stato un terribile spavento: oltre a non essere più una ragazza normale della mia età, non ero più nemmeno una donna.
La parte più difficile del problema alimentare è stata il riavvicinamento al cibo, ovvero ricominciare a mangiare cibi che, per me, erano proibiti. Il cibo si trasforma in tuo nemico, mentre il disturbo diviene l’unico appoggio: ti rende forte, sei certa di poter smettere quando vuoi e di tornare a vivere come prima con la stessa velocità con cui s’impara ad andare in bicicletta. Ti senti di avere il controllo, dici a tutti che puoi smettere, ma dentro sai che non è così.
Non ero sicura di volere riportarvi una parte della mia esperienza, dato l’argomento particolarmente fragile e la sofferenza che ha comportato, ma, a pensarci bene, ora più che mai serve parlarne: io per prima avrei voluto la certezza di poterne uscire. Quindi no, non è un tunnel infinito. È solo un lungo percorso, frastagliato e doloroso, ma che poi passa, combattendo.
Soffrire di un disturbo alimentare non è figo.
Soffrire di un disturbo alimentare non è una scelta, per guarire non basta mangiare.
Tuttavia, l’anoressia non resta quasi mai da sola, ma questa, per ora, è un’altra storia…
Tutte le illustrazioni di questo articolo sono state realizzate da Francesco Fatini.
di Benedetta Chinnici
Mi presento: mi chiamo Benedetta Chinnici, per gli amici B, per i fans BND (per ora non ho fan, ma potresti essere il primo).
Frequento il primo anno di Fashion Design all’Accademia Naba, con sede a Milano.
So fare poche cose, ma riuscirò a farvi avvicinare al mondo della moda e farvi conoscere i problemi alimentari parlandovi della mia storia.