Attenzione: seguono spoiler sui film di Quentin Tarantino!
La rappresentazione dell’universo femminile nella poetica tarantiniana può definirsi unica nel panorama hollywoodiano: forti, ribelli e determinate, le “crazy girls” ribaltano ogni stereotipo fin dal 1994.
Lungi dall’essere principesse in pericolo salvate da un aitante forzuto, da Uma Thurman a Margot Robbie, ci troviamo a fronteggiare personaggi talmente indipendenti da risultare controversi. Le “donne di Quentin” combattono, uccidono e ingannano, senza che venga loro risparmiato nulla. In buona parte delle pellicole le vediamo maltrattate, vessate o sfruttate, ma sempre in grado di rialzarsi e combattere contro gli oppressori. Ci troviamo di fronte ad una metafora cinica e cruenta della lotta delle donne contro un sistema, il patriarcato, che cerca di ostracizzarle da tempo immemore.
Ciononostante, il regista è stato più volte accusato di misoginia, in particolar modo dopo l’uscita di The hateful eight (id., 2015), nel quale la figura di Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh), un’assassina senza scrupoli, scortata verso il patibolo da un cacciatore di taglie, viene insultata e malmenata per tutta la durata del film, fino ad arrivare alla morte nell’epico finale. «Il suo interesse per la violenza selvaggia contro la donna è, se guardiamo indietro, un filo conduttore in quasi tutti i suoi film» scrive Roy Chacko sul The Guardian.
Le accuse vengono definite da molti “totalmente infondate”. Persino la stessa Jennifer Jason Leigh afferma: «Io credo che Quentin sia il regista più concentrato sulle donne. E scrive i migliori ruoli per le donne in circolazione. Non è sessista. Non parla di donne descrivendole come vittime delicate. Daisy è un’assassina. Lei è un tipo alla ‘Okay, scarica la tua rabbia su di me, non me ne importa niente. Picchiami ancora, non mi frega un accidenti.’ Non mostra alcuna vulnerabilità e questa tattica che usa ci dice molto sul suo passato e sulla sua infanzia. Quentin ama le persone, ama gli uomini e ama le donne. Non c’è misoginia nei suoi lavori. E se non lo capite guardando le sue opere, allora c’è qualcosa che non va».
Le controversie sono numerose: qual è il limite tra parità di genere e deliberata violenza contro la donna? Ci troviamo davanti ad un’esasperazione della realtà o alle fantasie di un pazzo? O è forse la rappresentazione di personaggi femminili talmente forti da superare le controparti maschili che tende a far sentire a disagio alcuni spettatori, abituati all’idea di “donna angelo del focolare”? Per fugare ogni dubbio ai nostri lettori, ci proponiamo di analizzare, in ordine cronologico, le eroine di otto film di Tarantino (nove, se si considerano separatamente i due volumi di Kill Bill):
Indubbiamente, in ciascun film ci troviamo davanti a figure femminili inusuali, per le quali l’industria cinematografica non è ancora completamente pronta: personaggi negativi visti come positivi, che subiscono in maniera incensurata continui attacchi dal mondo che li circonda, ma che riescono a uscirne sempre a testa alta.
Personalmente, nelle pellicole non trovo neanche l’ombra della presunta misoginia del regista, ma, al contrario, credo le controversie in merito nascano dal fatto che una società fortemente patriarcale, come purtroppo è ancora la nostra, non sia pronta ad un tale distacco dagli schemi tradizionali.
Nel caso di Daisy Domingue, nonostante il film sia ambientato nel 1867, la ragazza non subisce niente di diverso da quello che tante donne sono costrette ad affrontare tutti i giorni all’interno delle mura domestiche: vessata, seviziata, costantemente obbligata al silenzio; ogni suo tentativo di ribellione e fuga verso la libertà ha tragico esito. Che sia la rappresentazione cinica e senza alcun tipo di censura ad infastidire i più? Trovarsi a fronteggiare la realtà in maniera così spietata può spaventare chi cerca di nascondere la testa sotto la sabbia, fingendo che secoli di abusi non siano mai esistiti.
La scelta artistica non è dettata da odio represso nei confronti del genere femminile, quanto più da un tentativo ben riuscito della rappresentazione del mondo che ci circonda, nel quale, nonostante il passare degli anni, dinamiche malate e lesive non sembrano accennare a sparire.
Per quanto riguarda le altre protagoniste precedentemente citate, queste vengono dipinte al pari degli uomini: si tratta di rappresentazioni ben distanti dall’ideale angelico a cui potremmo essere abituati a causa degli stereotipi, troppo spesso portati sul grande schermo. In quanto donna, ritengo che questo sia un comportamento estremamente femminista, che tende a far scomparire ogni convenzione di genere. “Le donne di Quentin”, come la sensuale Mia o la coraggiosa Beatrix, possono essere una fonte di ispirazione per tutti e un pretesto per distaccarci da un mondo che ci vuole perfette, innocenti, timide e riservate.
Con Tarantino, ci troviamo di fronte ad una rivoluzione artistica alla quale molti non sono ancora pronti: siamo costretti ad osservare l’animo umano in tutte le sue sfaccettature, senza alcuna illusione a cui aggrapparci per far rientrare nei nostri schemi mentali le aggrovigliate trame da cui siamo tanto vincolati. Se questa sia la misoginia, non le volgari e caricaturali rappresentazioni femminili a cui tanto siamo stati educati in anni e anni di cinepanettoni, lascio deciderlo a voi!

di Petra Amantea
Eccomi, la persona di cui non avevate bisogno e che non stavate cercando.
Sono Petra, studio Lingue comunicazione e Media all’Università Cattolica di Milano e mi definisco un centrifugato di ansia, rabbia repressa, amore per le drag queen e burraco nel circolo di ottantenni. Cercherò di introdurvi nel mio magico mondo (per cui vi invito a pensarci bene prima di leggermi) attraverso articoli su cinema, letteratura e tanto altro ancora!