Corpo
Vorrei arrivare a perdonarmi Per quello che sono A comprendere me stessa Il mio corpo, Tanto a fondo Da guardarmi allo specchio E ricordarmi ogni volta Che non c’è niente di più speciale Del momento in cui Fragilità e insicurezza Mutano Per diventare Rispetto e consapevolezza.
Mi sono seduta su uno sgabello e ho pensato
La presunzione di essere insostituibile Mi fa vacillare: Stringi le mani di un’altra Mentre la guardi, Desideri lei e lei baci Ed io invidio quella familiarità Quell’intimità Fisicamente abbattuta Mentalmente prosciugata Sola. Mi muovo nello spazio Alla costante ricerca Di qualcuno che assecondi Il mio ritmo. Ballare da soli: Quand’è che da liberatorio Diventa avvilente?
di Greta Beluffi
Studentessa di lettere classiche a Milano, scrittrice di poesie a Pavia: mi chiamo Greta e ho 21 anni. Vivo di arte e di Spritz ma, si sa, “mens sana in corpore sano”, e lungo i moltissimi km di corsa giornalieri amo pensare al marxismo, alla psicanalisi lacaniana e alle letture post strutturaliste delle opere d’arte, di cui spero di poter scrivere senza far storcere il naso a chi, come me, non si intende di filosofia.