Infine sarà aula.
Il 13 luglio, il DDL Zan approderà al Senato per la discussione, finalmente.
Hanno creato solo scompiglio gli eclettici emendamenti di Italia Viva al testo: cambiare tutto per non cambiare nulla, appunto. Piegandosi alla destra, Renzi e Scalfarotto cercano di fare il botto, provando una “mediazione” che sa più di bischerata che di un concreto sostegno alla legge.
Ma andiamo con ordine. Oggetto di modifica sono gli articoli 1, 4 e 7.
Il primo è quello riguardante la tanto dibattuta identità di genere: sostanzialmente, si vuole cassare l’articolo uno, inserendo al suo posto un’aggravante per i reati commessi per omofobia, transfobia o abilismo. Il quarto articolo, sulla libertà di espressione, da cancellare. Il settimo, invece, da modificare ribadendo l’autonomia scolastica per quanto riguarda l’organizzazione di eventi, o simili, per sensibilizzare sul tema delle discriminazioni.
Nonostante l’appoggio di Lega e Forza Italia alle modifiche, PD e Cinque Stelle hanno fatto muro. Prima di tutto, perché togliere l’identità di genere renderebbe troppo vaga la fattispecie penale, senza contare il carattere non inclusivo della categoria “transfobia”, che lascerebbe fuori le persone non-binarie e intersessuali. “Identità di genere”, per altro, è un concetto già esistente nell’ordinamento, sia in sentenze della Corte Costituzionale, che in trattati internazionali sottoscritti anche dall’Italia: includerla significa tutelare l’interiorità e l’espressività delle persone. Questo lo sapeva molto bene anche la deputata Annibali, proprio di IV, che aveva lavorato all’articolo uno e alla definizione di questo concetto. La rimozione del quarto articolo e la modifica del settimo sono uno specchietto per le allodole e lasciano il tempo che trovano.
A detta di Renzi, gli emendamenti presentati hanno l’obbiettivo di fare arrivare in Aula un testo che possa ottenere i voti necessari per passare. Ma qual è il senso di votare una legge svuotata di tutto il suo contenuto? Il DDL Zan è prezioso, sia perché manca una legge simile in Italia, sia perché è piuttosto all’avanguardia nella tutela dell’individualità della persona. Sembra, piuttosto, il classico “caso” all’italiana: in un paese ancora molto conservatore, si rifugge il cambiamento e anche quando questo arriva si cerca di ingarbugliarlo il più possibile, affinché le cose non cambino veramente più di tanto.
E poi, siamo così sicuri che ci sia bisogno di una mediazione? È vero che i sostenitori del DDL Zan, ovvero l’ex maggioranza del Conte II, possono contare solo su numeri risicati. Vero anche che circolano voci di franchi tiratori: il voto, infatti, avverrebbe a scrutinio segreto, ma il rischio è alto da entrambe le parti. Se IV smettesse di giocare a rimbalzino tra una parte e l’altra del Parlamento, in preda alle manie da Copperfield della politica di Renzi, il testo sarebbe molto meno in bilico di quanto lo è oggi: non c’è niente di più lontano dal Paese reale che queste manovre, difficilmente comprensibili, anche di fronte a centinaia di piazze che chiedono a gran voce una legge che manca da trent’anni. E lo dice anche la popolazione: secondo BiDiMedia, i favorevoli rappresentano il 56%, contro un 26% di contrari. Ipsos riporta, invece, risultati che si discostano leggermente – 49% favorevoli e 31% contrari – ma, di fatto, i sondaggi ci restituiscono di circa metà della popolazione favorevole e l’altra metà spaccata tra indecisi e contrari: mi sembra chiaro che non sia una battaglia “ideologica”, ma che anche gli italiani abbiano compreso l’importanza di questa legge.
Non possiamo più rimandare. A questo punto, che si vada in aula è un bene: si voterà e ognuno si assumerà le responsabilità delle proprie azioni e delle proprie scelte. Tenendo bene a mente che ogni ritardo, ogni emendamento e ogni eventuale voto contrario, si ripercuote sull’esistenza delle persone.
Basta scuse: cambiamo, per davvero.
di Andrei Daniel Lacanu
Studente di scienze politiche, economiche e sociali all’Alma Mater Studiorum di Bologna.
Nato in Romania nel 2000 – il 6/6 quasi apocalittico per mia nonna – sono cresciuto tra Abbiategrasso e Milano con la voglia di spingere l’asticella sempre più in là, per me e per gli altri. Sono un appassionato di politica e temi sociali ma, anche se davanti ad una birra potrei comiziare che Lenin spostati, mi piace molto leggere e scoprire l’arte, sia naturale che artificiale. Uno dei motivi per cui vado pazzo per gli impressionisti.
Poliglotta, sommelier della birra, ex rugbista, milanista, pelato con la barba e sedicente studioso: what else?