Ci stiamo incamminando verso la fine del 2021. Finalmente, quando tutto sembrava prendere una svolta positiva dopo il disastroso 2020, il colpo di grazia è arrivato il 4 ottobre 2021, che passerà alla storia come il 04/10, il giorno del blackout: preparatevi a trovarlo sui libri di storia dei vostri figli!
Tutto sembrava andare bene, erano le 17 di un classico pomeriggio di un triste lunedì, soprattutto per chi, come me, ha ripreso le lezioni.
Apri Instagram e “il server non funziona”, ricarichi la pagina, vedi la stessa foto per la quarta volta e ti rendi davvero conto che il server non funziona. Così chiudi l’app, stacchi e riattacchi il Wi-Fi, riapri l’app, carichi, esci, blocchi il cellulare, lo sblocchi, togli e rimetti i dati. Instagram non va e, mentre insulti il modem del Wi-Fi, apri Whatsapp. Intanto, ti accorgi che i gruppi dell’università si sono zittiti improvvisamente e la scritta “caricamento”, in alto, non se ne va.
Credo che, più o meno, sia andata così per tutti.
Non è la prima volta che si verifica un blocco improvviso dei social di Zuckerberg – l’ultima volta era accaduto a luglio – ma questo è stato, senza dubbio, il più lungo: dalle sei alle sette ore di silenzio su tutte le applicazioni di Facebook, a causa di un errore interno dei server.
Whatsapp, Instagram, Messenger e Facebook sono il fulcro delle comunicazioni interpersonali, ma anche fonti di guadagno incredibili per molte aziende e business. E quando miliardi di utenti non hanno potuto connettersi, in tanti ci hanno rimesso: oltre a perdite di grandi somme di denaro da parte di Facebook e di chi lavora con i social 24/7, c’è chi ha perso l’occasione di uscire con crush…
Sette ore senza i social più usati dagli italiani, e non solo, ci hanno costretto ad alzare la testa e trovare altro da fare, mentre seguivamo le lezioni o aspettavamo un pullman. Dopo una breve indagine, abbiamo deciso di riassumere nei seguenti punti le soluzioni più innovative per passare il tempo, così che possano esservi di spunto per il futuro.
1. L’italiano medio, non potendo seguire le elezioni dai gruppi Facebook, ha dovuto accendere la TV per guardare il telegiornale. Soluzione noiosa, non particolarmente consigliata, data la mancanza di teorie complottiste e di poter mandare foto della buona notte con stelline che brillano.
2. La maggior parte di noi ha cercato rifugio su TikTok. Non che prima non ci passassimo le ore, ma lunedì sera, ci siamo ritrovati in tantissimi a guardare in loop video di influencer e non, che si lamentavano del down di Instagram. Semplice parere personale: dovremmo essere più grati a TikTok, che ci salva sempre.
3. I nostalgici, presi dalla disperazione, hanno scavato tra le più vecchie app di messaggistica. Purtroppo, si sono ritrovati più soli di prima, perché tutti i loro amici stavano guardando meme su Twitter.
4. Twitter. Scaricata anni fa, rimane sempre nell’angolino della home perché “non si sa mai”, anche se, in realtà, pochi di noi si ricordano di averla e ancora meno sanno come usarla. Twitter coglie la palla al balzo, mandando un grande saluto al mondo al quale rispondono tutti gli altri social, tra i quali iniziano conversazioni interessanti. Bravi e furbi, i Social Media Manager che hanno saputo ironizzare e creare un legame con gli utenti spaesati e affranti. In evidenza, troviamo non solo i tweet di addetti alle comunicazioni di grandi aziende, che cercavano di calmare le acque, ma anche i lavori di grandi artisti, i mematori, avvoltoi che riescono sempre (e in 0,1 secondi) a sfruttare le disgrazie del momento per un po’ di gloria. Personalmente, ho riso tanto, ma forse anche il mio umorismo era in down.

5. Una storia interessante, che forse pochi di voi hanno visto o sentito, è quella del Social Media Manager di Unieuro. Ha portato un grande esempio di come, per comunicare e creare un legame simpatico con il proprio pubblico, basti davvero poco: una storia. Che sia inventata o meno, ci ha fatto sorridere. Non c’entra nulla con i prodotti o la pubblicità di elettronica, potrete pensare. In realtà, lo scopo è molto più sottile: umanizzare la marca per far vedere che è fatta di persone. Grande case study per i miei colleghi di comunicazione, tecnica consigliata nel caso di un blocco dello scrittore.
6. I raffinati hanno usato iMessage e non hanno resistito a rivendicare la supremazia di Apple. Probabilmente, hanno creato dei gruppi-sette per sparlare dei prodotti Samsung.
7. Qualcuno molto coraggioso è andato a cercare quale fosse il primo anno segnato sull’app del calendario. Non faccio nomi, ma, se vi interessa, il primo anno è il 4712 a.C. e non c’è segnato l’anno 0: un po’ deludente.
8. Tante persone hanno detto di aver intrapreso, per la prima volta, conversazioni con i propri coinquilini o con la propria famiglia. Non è mai troppo tardi, dai!
9. Infine, in molti mi avete confidato di esservi sentiti “stupidi”. Beh, anche io, quindi questo ultimo punto avrà bisogno di più righe.
Più di una volta, durante il down, ci siamo trovati ad aprire Whatsapp o Instagram istintivamente, benché sapessimo benissimo che non funzionassero. Non mentiamoci: non era per controllare se si fosse ristabilita la connessione. Piuttosto, si trattava di un movimento così tanto automatizzato che non riuscivamo a controllare il dito, che si muoveva da solo, come un riflesso istintivo, verso le icone dei social. Sarò sincera, questa cosa mi ha un po’ spaventata e mi sono fatta pena da sola… non so voi. Dopo i primi momenti di sconforto in cui ho capito di essere davvero dipendente, mi sono fatta un esame di coscienza e la prima cosa che ho deciso di fare è stato inserire il limite di utilizzo sul cellulare. Potrà sembrare una cambiamento minimo, ma sicuramente può aiutare.
Ci siamo abituati così tanto alla connessione immediata e internazionale, che ogni momento di disconnessione è un evento incredibile, tanto da meritarsi una marea di articoli (tra i quali, inseriamo anche il nostro). Questo perché il senso di vuoto o frustrazione quando non abbiamo accesso ai social è comune a quasi tutta la popolazione e a diverse fasce d’età. Eppure, rivela una grande verità: i social media camuffano molto bene la realtà, rendendoci tutti sempre presenti ovunque per allontanare il rischio del silenzio e dell’isolamento, che ci farebbero ritrovare faccia a faccia con noi stessi.
L’equilibrio tra reale e digitale non è facile da raggiungere, ma, poco a poco, si può imparare a gestirlo. Per farlo ci vuole del tempo, bisogna esplorare e studiare il nuovo ambiente digitale in cui ci troviamo immersi quotidianamente – che, a mio avviso, è stupefacente – ma, soprattutto, dovremmo imparare ad essere persone vere anche sui social.
Nel caso di un altro Social Down, non fatevi prendere dal panico, lasciatevi trasportare dalla tranquillità del social detox.
E per arrivare a cifra tonda:
10. Leggetevi qualche articolo dell’Eclisse (se siete rimasti indietro), non ve ne pentirete.