È un assolato pomeriggio di fine ‘800, passeggi trovando sollievo all’ombra dei grandi alberi, volti lo sguardo e godi della vista del vasto lago, i cui riflessi ti catturano e non puoi fare a meno di pensare che il mondo, in definitiva, non sia altro che un grande mosaico di colori.
Questo pensiero si insinua in te a tal punto che l’universo intero diventa l’insieme di infiniti punti, i quali, accostandosi l’uno all’altro, dipingono ciò che i tuoi occhi vedono ogni giorno: ti trovi all’interno de La grande Jatte, dipinto da George Seurat tra il 1884 ed il 1886, il quadro manifesto del movimento del Pointillisme, o, in italiano,“Puntinismo”.
Definito dagli studiosi come un movimento “scientifico”, il Puntinismo si caratterizza per la forma della pennellata e la sensazione di sospensione del tempo che essa è in grado di conferire al dipinto. È, infatti, dalla forma della pennellata “a puntino” che il movimento prende il suo nome, piccoli punti che possono però variare nella forma e nella dimensione, sino a diventare brevi segmenti. Si tratta di una pennellata realizzata con il colore puro, ovvero non mescolato ad altri colori: ciò significa che i toni del dipinto si relazionano tra loro nel momento in cui vengono osservati dall’occhio umano. Essendo, quindi, il dipinto costituito da una serie di puntini, elementi statici che non danno alla pennellata nessuna direzione né movimento, la raffigurazione risulta ferma, dando l’idea che il tempo abbia smesso di scorrere.
A tutti gli effetti, il legame tra arte e scienza è il tratto fondamentale di questa corrente, che prende ispirazione dalla “Legge dei contrasti simultanei”, studiata dal chimico Eugène Chevreul, il quale ipotizza un nuovo rapporto tra i colori complementari. La legge spiega infatti che due tonalità di colore, poste l’una adiacente all’altra, portano l’occhio umano a sintetizzare un terzo colore, alterando così la percezione dei primi due, che risulteranno diversi dalle tonalità di partenza.1

Partendo dai suoi studi di ottica, Chevreul realizzerà quindi un cerchio cromatico, studiato per rendere la vita più semplice a chi, con i colori, doveva lavorarci: egli era stato incaricato da un’azienda di tessuti di studiare nuovi metodi per l’utilizzo delle tinte industriali. Il cerchio cromatico di Chevreul conta settantadue sfumature di colore e, all’opposto di ognuna di esse, è possibile trovare il suo complementare. Gli studi di Chevreul verranno successivamente citati anche da Charles Blanc, un altro grande ispiratore della corrente puntinista, nel suo scritto Grammatica dell’arte del disegno, testo esplicitamente rivolto al mondo degli artisti. Anche Blanc lavorerà quindi sul contrasto tra i colori complementari, elaborando un proprio disco cromatico, formato da una serie di triangoli che contengono i colori primari e secondari, e che, nell’insieme, compongono una stella.

A confermare questo collegamento sarà Seurat stesso, dichiarando di non vedere nei suoi dipinti la poesia che vi vedono gli spettatori: nelle sue stesse opere, infatti, egli non vede altro che scienza.
Assimilando questo concetto, Seurat e i suoi colleghi, tra i quali Paul Signac, Henri-Edmond Cross e Maximilien Luce, realizzeranno dei dipinti interamente basati sull’accostamento di punti o tasselli di colore, che, nel complesso, ci restituiscono un’immagine chiara e precisa, anticipando a tutti gli effetti quella che sarà la rappresentazione delle immagini in informatica.
Considerando come avviene ora la rappresentazione delle immagini in informatica e mettendo questa modalità a confronto con la tecnica del Pointillisme, possiamo analizzarne i punti in comune. Prima di tutto, entrambe condividono l’approccio scientifico: il Puntinismo parte dalla teoria di Chevreul, così come l’immagine digitale parte dalla struttura dell’occhio umano, utilizzando, di fatto, le tre onde elettromagnetiche che esso sfrutta maggiormente, rispettivamente quelle dei colori rosso, verde e blu.

Le immagini di un monitor, per essere visualizzate, si servono, infatti, della sintesi additiva, esattamente quella che sfrutta l’occhio umano per distinguere i colori tra loro. Con la sintesi additiva, siamo in grado di distinguere i colori primari prodotti dalla luce ovvero rosso, verde e blu, ed essendo gli schermi strumenti che proiettano luce, è comprensibile capire perché sia necessario utilizzare questo tipo di sintesi, semplificata nell’acronimo RGB (Red, Green, Blue). In breve per ogni pixel viene determinata la quantità di rosso, verde e blu, per cui il colore presente in maggior quantità sarà quello che costituirà il pixel risultante, il quale, affiancato agli altri, ci restituirà l’immagine nel suo complesso.
Esiste un’altra tipologia di sintesi, la sintesi sottrattiva, usata per lavorare con i pigmenti. Essa utilizza come colori primari il ciano, il magenta ed il giallo, ed è dunque nota con la sigla CMYK (Cyan, Magenta, Yellow, mentre la K, per convenzione, indica il colore nero). Si tratta della sintesi utilizzata dalle stampanti: le immagini su schermo, quindi, per essere stampate, vengono tradotte dalla sintesi additiva a quella sottrattiva.
Un secondo punto di incontro è il fatto che la pennellata utilizzata da Seurat, Signac e i loro colleghi sia comparabile ai pixel che formano l’immagine. Si potrebbe affermare che, in questo caso, l’arte abbia preceduto la tecnologia: non sarebbe un’affermazione inopportuna, se consideriamo l’arte come la massima espressione e forma di comunicazione dell’Uomo, in grado di elevare sempre a nuove prospettive.
Scavando ancora nella storia dell’arte, si potrebbe addirittura considerare il mosaico come antico progenitore delle immagini a pixel, sebbene la sua nascita sia avvolta da circostanze ancora poco note. In ogni caso, permane l’idea di molti elementi che, nel complesso, formano la figura, tanti piccoli atomi che permeano la nostra vita, restituendoci la visione di ciò che, ormai, non guardiamo più con meraviglia.
La relazione tra il Puntinismo e i pixel odierni non è che uno tra i tanti esempi che testimoniano come scienza, tecnologia ed arte abbiano intrapreso un percorso comune nel corso degli anni: si può ricordare che, poco prima del pointillisme, nacque uno dei movimenti più famosi di fine ‘800, l’Impressionismo, il quale grazie all’invenzione di una “nuova tecnologia”, i tubetti di colore, facilmente trasportabili per lavorare en plein air, portava ad un nuovo tipo di studio del paesaggio. Ancora prima, già a metà del XIX secolo, i pittori realisti stavano portando avanti un meticoloso studio anatomico, che andava di pari passo con lo sviluppo scientifico dell’epoca: Théodore Géricault per esempio, dipingeva, copiando dal vero, parti di corpi umani che egli stesso reperiva dagli obitori.
Un altro esempio di movimento artistico che presenta uno stretto legame con la scienza è il “Raggismo”, facente parte delle avanguardie russe sviluppatesi nei primi anni del ‘900. I suoi più grandi esponenti, tra cui Natal’ja Gončarova, affascinati dalle nuove scoperte scientifiche, in particolare dai raggi X, tentarono di realizzare dei quadri che sembrassero visti attraverso questa nuova tecnologia, ottenendo effetti sorprendentemente innovativi e d’impatto, com’è possibile constatare nei dipinti Rayonist Street Lights o Rayonist Sausages and Mackerel di Michail Larionov e Yellow and Green forest della Gončarova.

Alla luce di tutto questo, è sorprendente notare come ogni conquista tecnica sia il risultato dell’unione di più campi di conoscenza: doveroso ricordare che è da Leucippo, filosofo greco del V secolo a.C., che nasce l’idea di una materia costituita da minuscole particelle, che Democrito definirà come elementi eterni, indivisibili, immutabili e privi di qualità sensibili.
“Per convenzione il colore, per convenzione il dolce, per convenzione l’amaro, in realtà, solo atomi e vuoto.” 2
Secondo Democrito, allievo e successore di Leucippo, questi atomi si muoverebbero di un moto turbinoso nel vuoto e il loro continuo scontrarsi darebbe origine alla materia. Essi sarebbero, inoltre, i responsabili delle nostre percezioni sensoriali: gli atomi, staccandosi dai loro oggetti di appartenenza e colpendo la nostra pelle, ci restituirebbero la sensazione corporea:
Filosofia che nutre la scienza, arte che precede la tecnologia: due campi apparentemente opposti danno vita, intrecciandosi, alle più importanti innovazioni dell’umanità.
In conclusione, emerge con chiarezza il dialogo che Arte, Scienza e Tecnologia hanno sempre intrattenuto tra loro, sfere di cultura che contribuiscono assieme alla crescita dell’Uomo, intrinsecamente legate da un impalpabile filo, a conferma del fatto che l’eclettismo è ciò che ci innalza come specie.
Bibliografia
1 CHEVREUL, M. E., De la loi du control simultané des couleurs et de l’assortiment des objets colorés, 1839
2 DEMOCRITO, fr. 125.