“La memoria è già dolore”
Il Bifronte Giano, girando il calendario,
esamina ricordi dell’anno già passato;
della nostra noncuranza ci dice innervosito:
“la memoria è un gesto necessario!”
«L’anno che sta arrivando tra un anno passerà/ io mi sto preparando è questa la novità»1. Caro Lucio, come ci si prepara ad un anno nuovo? Io la lista dei buoni propositi, per buon augurio, l’ho stilata…
Gennaio è il mese dei buoni propositi: per tutto il mese, da capodanno alla fine, facciamo una lista (anche piuttosto consistente) di tutto quello che ci proponiamo di fare per rendere il nuovo anno speciale ed indimenticabile. Propositi che probabilmente non porteremo a termine, perché si sa, “le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni”. Ce lo ricorda soprattutto Neruda nella sua Ode al primo giorno dell’anno, dove un uomo, fermo alla stazione, riflette su quanto il capodanno,
[…] nuovo giorno dell’anno, sebbene tu sia uguale agli altri come i pani a ogni altro pane, ci prepariamo a viverti in altro modo, ci prepariamo a mangiare, a fiorire, a sperare.2
Ad animarci, in tutto questo, è sicuramente una buona dose di entusiasmo; è l’entusiasmo della novità; l’entusiasmo di gennaio, che «viene silenzioso e lieve»3. Silenzioso perché gennaio è freddo (anche se la crisi climatica sembra dirci l’esatto contrario, vista questa strana ondata di caldo che ci portiamo dagli ultimi giorni di dicembre) e la neve, simbolo del freddo, attutisce ogni rumore; lieve in quanto gennaio, proprio perché il mese nuovo di un anno nuovo, ci dà la possibilità di costruire nuovi istanti, nuovi progetti, e quindi nuovi ricordi. Per poter costruire è però necessario guardarsi indietro: non a caso il nome di questo mese, gennaio, deriva da Ianus, Giano, che per i latini era il dio che guardava al futuro con un occhio sempre vivo al passato, e per questo detto Bifronte. Il 2021 rimarrà impresso e vivo nella memoria di ognuno di noi, perché, come Paese, abbiamo costruito molti ricordi. Pensiamo a tutti i successi sportivi o musicali che hanno portato onore e lustro alla nostra Italia. I ricordi sono necessari, in quanto parte integrante della memoria, ma al tempo stesso sono rischiosi, perché trasfigurano la realtà. Mi spiego meglio rifacendomi a zio Giacomo, che alle rimembranze ha dedicato pagine e pagine della sua opera. In più passi dello Zibaldone, parlando dei ricordi, attraverso un paragone tra l’infanzia e l’età adulta, Leopardi ci fa capire l’illusione dovuta alla delusione, da adulti, di guardare una certa cosa che da bambini guardavamo con gli occhi dello stupore (Zib., 514-16):
Anzi osservate che forse la massima parte delle immagini e sensazioni indefinite che noi proviamo pure dopo la fanciullezza e nel resto della vita, non sono altro che una rimembranza della fanciullezza, si riferiscono a lei, dipendono e derivano da lei […] Così che la sensazione presente non deriva immediatamente dalle cose, non è un'immagine degli oggetti, ma della immagine fanciullesca; una ricordanza, una ripetizione, una ripercussione o riflesso della immagine antica.4
Cosa c’entra tutto ciò con i ricordi dell’anno appena trascorso? Semplicemente, nella narrazione dei momenti che hanno attraversato il 2021, sono sempre e solo tre i successi a cui si fa riferimento: la vittoria dei Maneskin a Sanremo e poi all’Eurovision, la nostra Nazionale di calcio che ha vinto gli Europei lo scorso luglio e le due vittorie di Jakobs e Tamberi alle Olimpiadi. Questi tre momenti, belli sia chiaro, rischiano di stigmatizzare la memoria e di oscurare gli altri, ad esempio i numerosi successi ottenuti alle Paralimpiadi, la vittoria delle due nazionali di pallavolo, quella femminile e quella maschile, o il premio Nobel per la fisica consegnato al professor Giorgio Parisi. A questo pensiero, riecheggiano in me le calzanti parole di una lettera scritta da Van Gogh a suo fratello Theo, proprio a proposito di bei ricordi che rischiano di oscurare altro:
il ricordo di tutto ciò che abbiamo amato rimane e ritorna a noi alla sera della vita. Quei ricordi non sono morti, ma soltanto assopiti; ed è bene raccoglierne un fascio prezioso.5
Ripeto: non dico che faccia male tornare a quei successi, ma sarà forse un caso che riguardino praticamente solo maschi (escludendo Victoria)? Mi sembra una esaltazione eccessiva. Per non parlare del fatto che ricordare gli episodi piacevoli, proprio come Giano, ha un rovescio della medaglia. Non ci sono solo i momenti belli: ci sono anche i tanti problemi che rischiano di essere dimenticati, se lasciati lì assopiti. Il 2021 ha visto ancora la pandemia e una crisi climatica galoppante, troppi esseri umani morire sul lavoro e ancora troppe donne vittime di violenza e femminicidi. Tenere viva la memoria mediante i ricordi è un lavoro faticoso, è proprio un mestiere; tenerli costantemente vivi è un’operazione di continua archiviazione di momenti ben precisi, e tenerli tutti insieme richiede un grande impegno. Non a caso molti autori, anche fra quelli che ho già citato nel discorso, hanno sentito proprio l’esigenza di dedicare alcune pagine della propria letteratura alla memoria, perché i ricordi passano, ma la memoria resta, e la memoria è un dovere, privato ma anche civile. Quello della memorialistica è un genere molto labile e sottile, che spesso si tende a confondere con la diaristica o con l’autobiografia, generi che appartengono anch’essi alla sfera della scrittura intimistica, ma che hanno degli scopi diversi. Il diario documenta un evento nell’istante o anche la descrizione di un pensiero; la biografia ricostruisce in modo più o meno dettagliato gli eventi caratterizzanti dell’esistenza di un individuo. Il libro di memorie permette invece di stigmatizzare i ricordi, rendendoli più lunghi di un semplice istante, perché, come diceva Pavese, «le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno. Ricordare una cosa significa vederla – ora soltanto – per la prima volta»6. C’è un motivo se ho citato Pavese, in quanto, come in Leopardi, la memoria è sempre presente nelle sue opere, ed è una memoria sempre intrisa di malinconia. In Pavese il ricordo è sofferenza perché, come per Leopardi, è qualcosa che ci fa provare un profondo senso di malinconia, nel sapere di non poter afferrare e riportare in vita il passato. Per Pavese, la memoria non è solo un affastellarsi di ricordi, ma è una vera e propria rimembranza, fatta di sensi, odori, sapori, di oggetti dotati di sostanza reale. Pensiamo a La notte, scritto che lega ulteriormente Pavese a Leopardi, non solo per l’incipit stesso (che richiama quello de La sera del dì di festa, di cui ho parlato qualche mese fa («Dolce e chiara è la notte e senza vento»)), ma proprio per la trasfigurazione mnemonica dei ricordi dell’infanzia:
Ma la notte ventosa, la limpida notte che il ricordo sfiorava soltanto, è remota, è un ricordo[…] Talvolta ritorna nel giorno nell’immobile luce del giorno d’estate, quel remoto stupore[…] Talvolta ritorna nell’immobile calma del giorno il ricordo di quel vivere assorto, nella luce stupita.7
Questa anafora del talvolta, così come la continua ripetizione della parola ricordo, mostra quel continuo bisogno di Pavese di aggrapparsi con tutte le forze al ricordo stesso, come se ripeterne interiormente le dinamiche lo riportasse davvero in vita. Il ricordo a cui si riferisce è la visione presente di un paesaggio della sua infanzia, e proprio come in Leopardi è la delusione del cambiamento e della perdita dell’entusiasmo a farsi spazio tra i pensieri del poeta. Il ricordo, in Pavese, è fortemente intriso anche di rimpianto. Di La luna e i falò, forse uno dei suoi romanzi più celebri, mi risuona sostanzialmente una frase, a tal proposito:
quasi quasi vorrei non aver fatto la mia vita, poterla cambiare.8
Pavese tornò sempre a Santo Stefano Belbo, il suo natio borgo selvaggio, perché «S. Stefano fu il luogo della sua memoria e immaginazione»9, pur sentendosi sempre un esule, complice il suo malessere interiore. È proprio ne La luna e i falò che Pavese delinea quell’idea di ricordo come elemento costitutivo del Mito, ovvero l’insieme di tutte quelle storie che ci formano fin dalla più tenera infanzia e che, appunto, si insinuano per sempre nella memoria e rafforzano le nostre radici, dalle quali lo scrittore fuggirà sempre ma a cui resterà sempre legato:
Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.10
Avere scelto di parlarvi di memoria, questo mese, non è stato un caso, ma, come dicevo all’inizio, una scelta e un dovere civile di cui ho sentito l’esigenza. I ricordi non sono sempre facili da ricordare (mi perdonerete l’involontario gioco di parole) e da riesumare, perché spesso intrisi di dolore, e porre la mente al dolore non ci piace. Quando rimembrare è doloroso, «che cos’è la memoria, se non una variazione dell’oblio?». È una memoria che non è altro che «la rimozione del ricordo». Queste parole mi sono capitate per caso sfogliando L’Agenda del Lettore 2022 della Feltrinelli alla data del 27 gennaio, e appartengono allo scrittore Wlodek Goldkorn, che nel suo libro Il bambino nella neve uscito nel 2016, riflette appunto sulle seguenti domande, «Cos’è la memoria? Cos’è il passato? Cosa resta delle vite e delle morti di chi abbiamo amato, di chi ci ha preceduto? Riflessioni universali, che diventano lancinanti quando si applicano al passato di un ebreo, polacco e comunista»11. A gennaio cade la Memoria, quella non lieta, quella di cui ancora oggi si fa fatica a parlare, a sentire e che ci viene consegnata da custodi importanti, i sopravvissuti alle terribili tragedie umane del secolo scorso, i nonni e più in generale gli anziani, che hanno tanto da trasmetterci ma ai quali spesso, per la fretta che sembra affliggerci costantemente, non prestiamo attenzione. Se non li ascoltiamo ora, se non ascoltiamo ora le loro storie, quando saranno altrove, come faremo a costruire le nostre memorie, la nostra Storia? Ricordare è un dovere necessario, è il dovere di ciascuno di noi, perché, come diceva Liliana Segre nel suo discorso al Senato nel 2018 per la fiducia al governo Conte, anno nel quale ricorreva l’ottantesimo anniversario dall’emanazione delle leggi razziali:
Salvarli dall’oblio [si riferisce ai ricordi, ma in particolar modo alla minoranza ebraica deportata nei campi di concentramento] non significa soltanto onorare un debito storico verso quei nostri concittadini di allora, ma anche aiutare gli italiani di oggi a respingere la tentazione dell’indifferenza verso le ingiustizie e le sofferenze che ci circondano. A non anestetizzare le coscienze, a essere più vigili, più avvertiti della responsabilità che ciascuno di noi ha verso gli altri.12
…parlo tanto, non mi dire,
tra versi e canzoni,
tra emozioni e riflessioni;
al prossimo mese, tutto da sentire.
1 L’anno che verrà, L. Dalla, 1979.
2 Neruda, P., Ode al primo giorno dell’anno, da Terzo libro delle odi (1957); come per qualche articolo fa, non esistendo una raccolta cartacea di tutte le odi e i componimenti di Pablo Neruda, rimando al seguente link, progetto molto interessante che raccoglie in modo quasi completo e in open source tutta la produzione scritta di Neruda: http://www.antoniogiannotti.it/–1957–terzo-libro-delle-odi.html
3 Canzone dei dodici mesi, F. Guccini, 1972.
4 Leopardi, G., Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, Le Monnier, Firenze, 1921, p. 436.
5 Lettera del 30 maggio 1877, da Lettere a Theo, Guanda, Parma, 2013, p. 85.
6 Frammento del 28 genn. 1948 del Secretum professionale, da Il mestiere di vivere, Garzanti, Milano, 2021.
7 Pavese, C., La notte, da Lavorare stanca, Passerino Editore, 2021, p.88.
8 Pavese, C., La luna e i falò, Einaudi, Torino, 1950, p. 20.
9 Guiducci, A, Il mito Pavese, Firenze, Vallecchi, 1967, p.15.
10 Ivi, p. 3 da La luna e i falò.
11 Dalla quarta di copertina.
12 Segre, L., Scolpitelo nei vostro cuore, Piemme, Milano, 2018, p. 47.