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Il Presidente della Repubblica è una carica fondamentale nel sistema politico italiano. Mattarella, con sobrietà e fermezza, ha ricordato che il suo non è un ruolo di mera presenza, svuotato di qualsivoglia funzione. Resteranno a lungo nelle nostre memorie i suoi discorsi, mai banali e sempre capaci di imporci una riflessione profonda sul momento storico nel quale viviamo: Mattarella è riuscito ad avvicinare nuovamente la sua carica ai cittadini. Anche se non sono stati loro ad eleggerlo.
Non mi sorprende, quindi, che il momento del cambio della guardia sia vissuto con un certo distacco. Questo perché le fasi precedenti il voto sono pura tattica politica: un Risiko giocato da funamboli che devono trovare un equilibrio tra spinte centrifughe, franchi tiratori e “operazioni scoiattolo”. Spesso non abbiamo ben presenti le procedure stesse di questo gioco.
Proviamo a fare un po’ di ordine.
A partire dal 24 gennaio, i parlamentari si riuniranno per scegliere il Capo dello Stato. Egli rappresenta l’unità nazionale e possiede numerose funzioni connesse da un filo rosso: il/la Presidente si configura come garante della Costituzione e dell’equilibrio tra i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) in quanto potere “neutro”. Per questa ragione, le maggioranze richieste per eleggerlo sono molto ampie, come vedremo in seguito.
I suoi poteri sono, in linea di massima, formali, con i quali, però, può incidere sul dibattito politico in corso. Ad esempio, una delle sue prerogative è la nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri e, dopo aver sentito le sue proposte , degli altri Ministri. Ciò avviene a seguito di consultazioni con le forze parlamentari: è chiaro che il Presidente non possa nominare una persona di sua esclusiva scelta.
Tuttavia, può intervenire nel corso del procedimento, come successo con Mattarella.
Nel maggio 2018, il primo tentativo di formare un Governo tra Movimento 5 Stelle e la Lega fallì perché il Quirinale respinse la nomina di Paolo Savona al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Savona è infatti un noto economista anti-euro e c’era il diffuso timore di una reazione negativa da parte dei mercati finanziari, oltre che di un approccio estremo nei confronti delle istituzioni europee.
Una chiave di lettura riconosciuta per spiegare le tendenze più o meno interventiste del Presidente della Repubblica la dobbiamo a Giuliano Amato e la sua teoria dei “poteri a fisarmonica”: nei periodi di relativa stabilità politica, la figura del PdR tendenzialmente sta in disparte per poi riemergere con un ruolo determinante nel momento in cui ci sia una crisi politica o un governo precario.
Oltre a questa, esiste una lunga lista di prerogative importanti. L’inquilino del Quirinale può inviare messaggi al Parlamento, che può anche sciogliere (ma non nei sei mesi che precedono la scadenza del suo mandato, chiamato semestre bianco); può anche nominare 5 senatori a vita, nominare un terzo dei membri della Corte Costituzionale, concedere la grazia….
Insomma, non si annoia mai.
Data l’importanza della carica, i costituenti hanno previsto dei requisiti “minimi” per poter ricoprire la carica che, semplicemente, sono la cittadinanza italiana, il godimento dei diritti civili e politici e almeno i cinquant’anni d’età.
Il vero scoglio, per chiunque aspiri a questa carica, è rappresentato dalle modalità di elezione. Tanto che, nel novembre scorso, Romano Prodi ha detto che diventa PdR chi ha “meno veti, non più voti”.
Voti e veti sono da ricercare in Parlamento, che opera con una forma particolare. In tempi pre-pandemici, l’appuntamento era a Palazzo Montecitorio per un parlamento in “seduta comune”, ovvero deputati e senatori insieme: oggi significa 630 deputati e 321 senatori.
A questi, vanno aggiunti i delegati regionali, 3 per ogni Regione (di cui 1 assegnato alle minoranze) ad eccezione della Valle d’Aosta che ne indica solo 1: il totale è di 58 delegati.
In tutto, fanno 1009 “grandi elettori” (per scoprire la composizione protagonista della prossima elezioni, cliccate qui).
Il 2022 è un anno particolare: da un lato, la pandemia impone una seduta comune scaglionata, perché è impensabile vedere 1009 persone nella stessa aula; dall’altro, sarà l’ultima volta che vedremo un’adunata tanto numerosa, per via del Referendum del 2020, con il quale è stata approvata la riduzione del numero di parlamentari.
Sono numeri imponenti, talvolta difficili da combinare nelle formule richieste. Le modalità di elezioni prevedono due tipi di maggioranze: qualificata per i primi tre scrutini, assoluta a partire dal quarto scrutinio. Quindi, nelle prime tre votazioni sono necessari 673 voti, ovvero i due terzi dei componenti. Dalla quarta in poi, 505, che sono la metà più uno dei componenti.
Queste ampie maggioranze sono necessarie perché, come ormai avrete intuito, la figura del Presidente della Repubblica dovrebbe essere il più possibile rappresentativa e condivisa.
Una volta eletta, c’è il giuramento di fronte al Parlamento in seduta comune, a partire dal quale iniziano i sette anni di mandato.
Perché sette? Per slegare il Presidente dal Parlamento che lo ha eletto e limitare al minimo eventuali influenze politiche: infatti, i parlamentari vengono rinnovati con elezioni ogni cinque anni.
La maggioranza richiesta per l’elezione si abbassa dal quarto scrutinio perché non sempre i Parlamenti riescono a trovare la quadra sul nome. Un caso emblematico di questa difficoltà fu quello di Giorgio Napolitano, unico Presidente della Repubblica ad essere eletto per un secondo mandato nell’aprile 2013 (per poi dimettersi nel 2015): un unicum dovuto alla grande instabilità politica del momento. Anche se, a detta di alcuni, uno scenario simile potrebbe ripetersi la prossima settimana.
Nella storia delle elezioni presidenziali, ci sono stati Presidenti eletti al primo scrutinio (De Nicola1, Cossiga, Ciampi), ma anche estremi opposti, come Saragat e Leone, entrambi eletti con più di 20 scrutini.
Una chiave di lettura importante delle prossime elezioni sarà sicuramente la relazione tra l’ampiezza della maggioranza di governo e il numero di scrutini impiegati. L’esempio più emblematico sono i 23 scrutini record necessari per Giovanni Leone. A governare, in quel 1978, c’era il quarto governo Andreotti, sostenuto da un’ampissima maggioranza parlamentare, che, però, riuscì a consegnare a Leone il primato della più bassa percentuale di voti (51,4 %). Altri casi simili sono il Fanfani IV, che elesse Segni nel maggio 1962 con 9 scrutini e il Moro II, che elesse Saragat, nel dicembre 1964, impiegandone 21.
Tra pandemia, incertezza politica dovuta ad un parlamento molto frammentato e precedenti storici, non c’è ancora nulla di certo. Ma certi nomi sono circolati tra generale stupore e curiosità: L’Eclisse cerca di esplorarne alcuni!
- Nominato, il 28 giugno 1946, dall’Assemblea Costituente Capo provvisorio dello Stato per diventare effettivamente Presidente della Repubblica il 1° gennaio 1948 fino al 12 maggio 1948.
Trovato su LinkedIn
CERCASI: Presidente della Repubblica – Roma
Per ruolo dirigenziale, altissima responsabilità, la Repubblica Italiana, sede in Roma, cerca una risorsa di primo piano da impiegare all’interno del proprio Ufficio di Coordinamento Sedi Istituzionali, con sede al Palazzo del Quirinale, Piazza del Quirinale 1, 00187 Roma.
La risorsa si occuperà di:
- Gestione di situazioni di crisi governativa della Repubblica, a contatto strettissimo con i Presidenti delle Camere e altre figure di primo piano, per ristorare il pieno funzionamento dell’apparato presieduto.
- Comunicazione istituzionale relativa al suo ruolo e alle sue attività nonché a quelle della Repubblica nel suo complesso.
- Dialogo con rappresentanti di partner extraterritoriali; gestione del loro riposo e ristoro in Roma.
- Partecipazione attiva al programma “Nonno degli Italiani” (maggiori informazioni disponibili a breve).
- Trasporto del Peso della Mia Carica©.
- Organizzazione e scrittura di discorsi, in particolar modo del tradizionale discorso di fine anno del Presidente della Repubblica.
La risorsa ideale:
- Padroneggia la lingua italiana in forma scritta e orale; è in grado di utilizzarla per inviare messaggi velati ad altri rappresentanti delle istituzioni.
- Conosce a fondo i meccanismi istituzionali della Repubblica. A questo scopo, sono prioritariamente considerate le risorse aventi:
- Ampia esperienza istituzionale presso altri organi della Repubblica, in particolar modo quelli del gruppo “Istituzioni Governative Neutrali Oscure e Totalmente Inconoscibili” (I.G.N.O.T.I.);
- Lunga presenza parlamentare – per almeno un quinto della vita della risorsa – all’interno di formazioni politiche di scarso spessore, ignota origine o assodata apoliticità;
- Amicizia personale con altri membri del Settore Dirigenziale della Repubblica.
- Possiede una laurea in Giurisprudenza. Preferibilmente, insegna o ha insegnato Diritto Amministrativo, Costituzionale o altra materia pubblicistica.
- Ha esperienza con altri titoli presidenziali (Presidente del Consiglio, della Camera, del Senato, della Corte Costituzionale, della Fondazione, del Circolo del Tennis, della propria squadra di calcio, eccetera). Per assodare questo aspetto, sarà valutata positivamente la risorsa che si giri più velocemente quando viene chiamata “Presidente” da qualcuno posto alle sue spalle.
- Ha un portamento elegante e un comportamento adatto al ruolo. (Questa caratteristica specifica sarà valutata dal Comitato Nonne d’Italia o da un suo legale rappresentante.)
- Non ha preso alcuna decisione controversa, né assunto alcuna opinione non largamente condivisa, negli ultimi 15 anni.
Costituisce titolo preferenziale l’assenza di procedimenti giudiziari a carico della risorsa. La retribuzione è di euro 239.000 (duecentotrentanovemila)/anno, corrisposta in tredici mensilità. Il contratto ha durata settennale e non è soggetto a rinnovo salvo casi di emergenza nazionale (assenza di altro candidato, instabilità politica insanabile (dichiarata da due specialisti in Medicina delle Istituzioni), astenia partitica o altri sintomi di noia, guerra nucleare o altro). Il presente annuncio è rivolto ad entrambi i sessi, ai sensi delle leggi 903/77 e 125/91 e a persone di età superiore ad anni cinquanta e di nazionalità italiana, ai sensi dell’art. 84 Cost.
Ai fini dell’informazione dei candidati, proponiamo ora alcuni profili pienamente compatibili con i requisiti da Noi ricercati, la cui candidatura è già pervenuta alla nostra attenzione, divisi per punti:
- Berlusconi Silvio, dotato di ampia esperienza come imbonitore di folle (punto 1), membro del Parlamento per cinque legislature, amico di tutti e nemico di nessuno (punto 2), laureato in Giurisprudenza (punto 3), già noto come “Presidente” (punto 4), notoriamente apprezzato dal Comitato Nonne d’Italia (punto 5).
- Cartabia Marta, presidente della Corte costituzionale (parte del gruppo I.G.N.O.T.I.) e Ministro della Giustizia (punti 2, 3 e 4), dalle posizioni ignote ai più (punto 6).
- Draghi Mario, ripetutamente parte del gruppo I.G.N.O.T.I. alla Banca d’Italia e all’estero, attuale presidente del Consiglio (punto 4), dal portamento istituzionale indiscusso e indiscutibile (punto 5).
- Tremonti Giulio, già Ministro delle Finanze e parlamentare (punto 2), laureato pure lui in Giurisprudenza e professore universitario (punto 3), vicepresidente del Senato (punto 4), nessuno aveva mai pensato a lui (punto 6). (NOTA: Si dice che nel lontano 1992 sia stato lanciato un terribile anatema che impedisce a chiunque porti il nome “Giulio” di raggiungere la carica oggetto di questo annuncio. Non è chiaro se questo sortilegio potrà mai essere spezzato).
- Pera Marcello, filosofo di chiara fama accademica (punto 1), membro del Comitato storico scientifico per gli anniversari di interesse nazionale (gruppo I.G.N.O.T.I., cintura nera sesto dan), parlamentare e presidente del Senato (punti 2 e 4), portamento ancora non sottoposto a giudizio; in compenso, è anch’egli ignoto (punto 6).
- Amato Giuliano, membro della Corte costituzionale (punti 2 e 3), due volte Presidente del Consiglio (punto 4), noto esclusivamente per il suo portamento istituzionale (punti 5 e 6). NOTA: L’anatema del nome Giulio è stato per ora sempre valido anche per i candidati di nome Giuliano.
Sono pervenuti altresì alla nostra attenzione i nomi di Casellati Maria Elisabetta, Moratti Letizia, Casini Pier Ferdinando, Franceschini Dario.
ATTENZIONE: Per motivi procedurali, la nomina, valutata attentamente e sostenuta ufficialmente dai più importanti personaggi della vita politica della Repubblica, è sottoposta all’approvazione del Comitato Operativo Interregionale per le Nomine Pubbliche e la Legificazione in Materie di Interesse Nazionale, Transnazionale o Affini (ex Parlamento). La Repubblica si scusa in anticipo con qualsiasi candidato che, benché in possesso dei suddetti requisiti e accettato dal Settore Dirigenziale, veda la sua nomina esclusa dal Parlamento, il quale spesso agisce secondo criteri ignoti ai più. Si rimanda per questi fini al noto detto: Senatores boni viri, senatus mala bestia.
L’iceberg del Quirinale
L’elezione del Presidente della Repubblica è un momento di somma importanza e d’alta solennità nel ciclico svolgersi della democrazia di questo Paese (e no, non siamo ancora in una dittatura sanitaria). Un po’ come per il cenone di Natale, quando si tira fuori il servizio di classe, la tovaglia d’occasione e pomposi centrotavola più grandi della tavola stessa, anche Montecitorio ora si fa bello per la settennale cerimonia. Il Transatlantico è vuotato dei seggi temporanei, si copre il cortile interno e la buvette è tirata a lucido. Chiunque nel Paese è, perlomeno a grandi linee, in modo attivo o passivo, a conoscenza di cosa si sta per consumare, e ciascun cittadino ha trovato un modo a lui consono per informarsi sui vari candidati di prima fascia e sulle temute Riserve della Repubblica, sempre pronte all’agguato.
Abbiamo il cittadino che potremmo definire absolute normie: colui che si limita a galleggiare nella pantalassa di inverecondo pattume il cui livello è ogni giorno costantemente innalzato dalle più disparate chiacchere da bar e da parrucchiere. “Sai, ho letto che Draghi è un rettiliano”, sente dire mentre è in coda dal macellaio. Lui non si fa domande, assimila passivamente.
Un livello più sotto troviamo l’advanced normie: colui che invece l’inverecondo pattume lo va a cercare, ci s’immerge e ci sguazza, si compiace e quando legge su Mag24 che “Non poteva mancare la solita candidatura della traditrice Emma Bonino al soldo di Soros” non può fisiologicamente esimersi dall’urlarlo ai duemila follower su Facebook e al malcapitato cassiere del supermercato.
Il normie poi è quel cittadino medio che, se capita, sente il tg a cena, ma non lo ascolta perché impegnato a litigare con la moglie, o che scrolla i social imbattendosi in qualche titolo clickbait dei sempre ottimi La Repubblica e Corriere della Sera, e si fida. I nomi che girano sono quelli Silvio Berlusconi, Una Cartabia, Marta Donna, Stefano Rodotà. Ogni tanto s’imbatte in qualche post dell’absolute normie e si chiede se abbia forse un po’ di ragione.
Scendendo ancora di profondità (da qui è necessario avere il brevetto da sub) incontriamo le prime specie dank, inquadrabili, forse, in tre livelli. Il primo, in piena transizione da normie, è stato spinto ad emanciparsi dal successo dal sempre odiato vicino, neo-consigliere comunale, dal quale non gli va proprio giù farsi battere: segue con attenzione la pagina politica di un qualsiasi tg; sa a grandi linee dell’operazione scoiattolo, intuisce che l’ipotesi Amato è un grande cazzata ma è sicuro che il centrosinistra si sbudellerà anche stavolta. Tracce di normie si individuano nel mi piace che sovente scappa per i commenti “ha fatto anche cose buone” sotto ai post dei precedenti.
Ma il dank vero e proprio è colui che segue sempre e soltanto il TG La7 perché convinto sostenitore di Mentana, che rincorre con attenzione l’andamento delle quotazioni di Casini o di Casellati, spera in un Mattarella-bis per la salvaguardia della Pax Augusti draghiana, non cambia canale quando nei talk show intervengono Sallusti, Senaldi, Zurlo.
Chiude l’inner dank, che segue sempre e soltanto il TG La7 perché convinto sia quanto di meno peggio l’informazione in TV offra, ed è ormai rassegnato a vedere al Colle qualche vecchio sodale berlusconiano dal nome pulito come Moratti, Frattini, Pera. Cambia canale quando nei talk show intervengono Sallusti, Senaldi, Zurlo.
Esiste però anche una parte di cittadini che non solo si informano, ma agiscono, con il nobile obiettivo di aiutare l’Italia, popolo di poeti, di artisti, di memer, di startupper, di morti sul lavoro, di sindacalisti che dopo ogni morto sul lavoro lagnano lo stesso copione, di coloro che quando Berlusconi si dimise erano al Quirinale con tanto di orchestra a suonare l’Alleluia e ora votano gente che, almeno di facciata, lo vuole dentro quello stesso palazzo. Questi cittadini sono gli ingenui, i sognatori e chi accetta compromessi.
L’ingenuo novax che urla alla dittatura sanitaria e si butta nelle braccia di Pappalardo perché ha avuto paura di morire, di perdere il suo piccolo mondo; uno a cui nessuno ha avuto la creanza di spiegare che cosa è successo in quest’epocale sconvolgimento globale, e che ha creduto al primo viscido manipolatore che l’ha tratto in salvo dall’ipotermia dell’ignoto.
Il sognatore che fa una petizione su quel sito farsa che è change.org chiedendo l’elezione di Liliana Segre, ignorando sia l’effettiva ineleggibilità della stessa, sia la nullità pratica delle petizioni online.
Infine, chi accetta compromessi, conscio che potremmo essere all’alba di una nuova epoca di benessere così come avviati al default finanziario; chi sa rinunciare al sogno delle metafore di Bersani al Quirinale per confluire su un nome qualunque ma capace, pulito, non divisivo, che sappia il gioco della politica, che sappia la politica, perché l’informazione è l’arma della negoziazione. Lancio il nome: Bruno Tabacci, il semi-sconosciuto compagno con lo scudo crociato sul cuore, e si sa che se vai sullo scudo crociato non sbagli mai. (E tra l’altro, a proposito di sognatori, c’è pure una petizione su change.org per Tabacci al Quirinale.)
A un giorno dall’inizio delle operazioni di voto le domande sono ancora molte:
Silvio avrà la dignità di non presentarsi prima che i suoi lo cannibalizzino?
Il povero Zampetti conserverà il posto?
Se Draghi finisse al Quirinale, riusciremo mai a scrivere una legge elettorale in grazia del Signore prima delle elezioni anticipate?
Non resta quindi che godersi lo spettacolo, magari non prima d’aver fatto tappa al nuovo McCameraDrive, ordinare la specialità della casa, consiglio la Spigola di Buonanno (o Dicentrarchus Labrax per i professoroni) e, anche voi, votare. Tornate quindi sul vostro divano di casa, in piena comodità, senza mai scendere dall’auto e indossando sempre FFP2 o superiore, ça va sans dire.