Andrea Ghidotti, classe 2002, è un giovane autore di Cologno al Serio (BG) molto legato alla località savonese di Pietra Ligure, da sempre la sua seconda casa. Nel primo lockdown, durante una videochiamata con gli amici, guardava con speranza all’estate successiva e decise che avrebbe scritto un libro, se la avesse potuta trascorrere in Liguria. Una precedente idea era stata quella di scrivere una canzone, subito scartata poiché non era un bravo cantante. Questa scommessa si è poi concretizzata nella sua prima opera letteraria, Estate 2020, un diario sentito e diretto in cui racconta la sua esperienza di libertà e felicità nella sua seconda casa, circondato dai tanti amici che aveva riunito in quell’angolo di Riviera.
Incontro ‘Ghido’ in università, come ogni giorno, dove entrambi frequentiamo il primo anno di Scienze della Comunicazione. È lunedì, piove e non potendo chiacchierare davanti a un caffè, ci spostiamo in un’aula vuota.
Vorrei iniziare quest’intervista con una domanda un po’ particolare: quanto la tua personalità e il tuo umore influenzano il tuo stile di scrittura?
La mia personalità devo ancora capirla, perché sono fondamentalmente una persona abbastanza umile, però ho quel pizzico di arroganza che serve soprattutto quando arrivi a contattare, come nel mio caso, case editrici o personaggi affermati per video e collaborazioni. Se qualcun altro, magari, perde opportunità perché “non vuole disturbare”, io non sento nessun disturbo ad inviare richieste del genere. L’umore invece si sente meno, tranne che nel primo libro, un diario con mie impressioni su certe dinamiche anche criticate da alcuni miei amici, che in esse si sono riconosciuti. Io sono dell’idea che il libro, avendolo scritto come una sorta di diario personale, debba contenere dei miei pareri e non quelli altrui.
Una domanda un po’ spinosa, come ti vedi tra 10 anni?
Tra 10 anni ne avrò 29, quasi 30. Ora non saprei dire come sarò di preciso, perché credo che dipenderà molto dal proseguimento della mia carriera e dalle esperienze ad essa collegate. Spero, comunque, di avere un buon lavoro e riuscire ad essere indipendente, poiché adesso, come la maggioranza dei ragazzi, non riesco a vivere senza l’aiuto dei genitori, a livello economico e affettivo. Spero anche di essere una persona matura, di non essere allo sbando, avere un buon lavoro e una relazione stabile, magari di potermi sposare. Sono tutte speranze, ma in questo momento non riesco ancora a definirle più precisamente.
Qual è la tua più grande paura e come l’hai affrontata?
Risale ai miei primi anni di vita, anche se in quel periodo non riuscivo a capirla del tutto. Prima di compiere cinque anni sono stato operato tre volte perché si pensava che io avessi un tumore alle orecchie. Per quanto possibile mi sono accorto che qualcosa non andasse, anche perché ero molto spesso dal pediatra e non andavo quasi mai all’asilo. Vedere i miei genitori così in pensiero non è stato bello. Tuttora, quando mia madre lo racconta, mi viene la pelle d’oca, perché ovviamente ho corso un rischio molto serio. Anche il Covid-19 mi ha spaventato seriamente. Essendo di Bergamo, l’ho vissuto durante il primo lockdown e ho preso una bella batosta. Non posso negarne l’impatto e l’incidenza sulla vita di chiunque. In seguito, però, ho cercato di vivere con maggiore positività, di non sprecare nemmeno un’opportunità nonostante il virus. Spero che questa pandemia finisca il prima possibile perché sta provocando seri danni sia a livello psicologico sia economico-sociale.
Al contrario di quanto si faccia solitamente, invece di chiederti a chi ti ispiri nella scrittura, volevo domandarti se tu vorresti ispirare qualcuno? E se sì, a fare cosa?
Vorrei ispirare i ragazzi, i giovani come me. Subito dopo il lockdown tanti miei coetanei e amici hanno perso la voglia di fare, di uscire, di vivere. Molti si sono ripiegati sui social, piuttosto che aprirsi al mondo esterno. Voglio dare un segnale, staccarsi da questa mentalità, rinascere e soprattutto buttarsi in qualcosa. Lo consiglio soprattutto ai ragazzi tra le medie e i primi anni delle superiori, ma anche a quelli un po’ più grandi, perché la vita è imprevedibile, bisogna essere più produttivi possibili e non aver paura del giudizio altrui. Voglio ispirare la fascia di età dai ventun anni in giù a non mollare, a combattere per qualcosa, a costruire e a cercare di costruirsi un futuro creandosi alternative; soprattutto a non perdersi sui social o al bar. Penso che sia importante cercare di evitare le distrazioni di tutti i giorni, che ci stanno, ma che si devono dosare a favore di un tempo usato più consapevolmente.
Hai nuovi progetti in cantiere o dovremo attendere per una nuova pubblicazione?
A gennaio 2021 avevo già terminato un secondo libro, che però uscirà molto più avanti. Parla del rientro a scuola durante il periodo del COVID e non me la sentivo di farlo pubblicare adesso, perché non riuscirei a leggerlo nemmeno io. Ora come ora lo conservo in prima stesura nelle note del telefono. L’ho scritto principalmente per sfogarmi, vista la situazione difficile. Sto invece scrivendo un terzo libro, che pubblicherò presto, dove mi concentro sui vizi e sugli eccessi dei ragazzi. A differenza del primo, sarà un romanzo più tradizionale dedicato a quattro ragazzi che partono da Bergamo e vanno in vacanza in Liguria, narrato in terza persona. Ad ogni modo, l’elemento più importante non sarà la trama, ma il contorno, ovvero i comportamenti sopra le righe dei protagonisti, che purtroppo non sanno riconoscere i propri limiti. Io in primis, non necessariamente per quanto riguarda droga o simili, ma magari per arroganza, sfrontatezza e mancanza di contegno, di cui spesso sottovaluto le conseguenze.
E quale sarebbe l’obiettivo di questo racconto?
L’obiettivo, appunto, è far capire ai ragazzi cosa provi quando stai vivendo determinate cose, quanto ti può eccitare il momento, ma saper prevedere le conseguenze, immediate o meno. Può sembrare bello vivere in maniera spericolata al momento, ma tra dieci anni sarai riuscito a gestire la tua vita e a costruirti un futuro, oppure avrai sperperato tutto subito? Questi sono diversi punti di vista che servono: non si può negare qualche sgarro a un ragazzo, perché sono esperienze, però bisogna fargli capire cosa potrebbe accadere nel caso non riuscisse a porsi un limite.
I tuoi personaggi hanno il merito di essere molto realistici, ma perché hai optato per questo tipo di rappresentazione?
Nel romanzo ci sono personaggi verosimili per far capire ai ragazzi che ci vuole veramente poco per sbagliare e che può capitare a tutti. Essere un bravo ragazzo non significa avere la testa a posto: ho visto tantissimi bravi ragazzi che, da un momento all’altro, entrando in brutti giri, hanno lasciato chi li conosceva senza parole. Potrebbe capitare a chiunque, come poteva capitare a me. Ovviamente, avere una famiglia e un contesto favorevoli aiuta a rimanere sulla strada giusta.
Facendo un paragone con la tua prima opera, come pensi di essere cambiato? Pensi di aver acquisito nuove tecniche espressive?
Il mio modo di esprimermi è migliorato significativamente. Me ne sto accorgendo proprio durante la scrittura, specie a livello sintattico. Il testo è indubbiamente più scorrevole. Credo abbiano aiutato anche le interviste e la partecipazione al concorso di Sport Italia a settembre.
Un’ultima domanda proprio su questo: potresti approfondire il concorso di Sport Italia?
Mi ricordo che era l’ultimo giorno delle superiori: mentre in aula stavamo festeggiando, ho visto una storia su Instagram di Mirko Cisco, un tipster che lavora a Sport Italia. Proponeva un concorso per i ragazzi dai diciannove ai trentadue anni per prender parte a una settimana di prove di conduzione, telecronaca e scrittura di articoli sportivi nella redazione di Sport Italia, a Crescenzago. Ho chiamato la redazione di Sport Italia per maggiori informazioni e contattato mia madre, il mio ‘agente’. Ho colto la palla al balzo e adesso sto studiando Scienze della comunicazione per avverare il mio sogno. In quella settimana ho avuto l’opportunità di confrontarmi con tanti giornalisti e conduttori più grandi di me che mi hanno dato i consigli più disparati. Del resto, la stragrande maggioranza già scriveva per siti e conduceva, senza contare chi lavora in redazione come Michele Criscitiello, Gianluigi Longari e Francesco Letizia, che sono stati veramente importanti per il progetto. Far esperienza con prove in diretta nazionale sul canale 60 e vedere le registrazioni che andavano in diretta tv è stato molto emozionante, un grande salto, seppur piccolo, che mi ha dato tanto. Non mi dimenticherò mai la prima esperienza con giornalisti professionisti.