La lingua italiana e la lingua spagnola si pongono in maniera molto differente rispetto all’utilizzo di anglicismi. Nell’articolo in abbinato, ne abbiamo discusso approfonditamente per cercare di coglierne le motivazioni. Ad ogni modo, potremmo discorrere per ore, noi italiani, sull’idea che ci siamo fatti dell’inglese e sull’atteggiamento molto diverso adottato dagli spagnoli. Ma, poiché son lungi dal fare i conti senza l’oste, ho deciso di intervistare uno spagnolo “DOC”! Vi lascio di seguito la traduzione italiana delle interessanti risposte di Alvaro1 alle mie domande:
Per prima cosa vorrei chiederti di parlarmi un po’ di te, così da poterti conoscere meglio.
Mi chiamo Álvaro García Daroca e, sebbene sia nato a Granada, sono cresciuto a Málaga. Entrambe sono province dell’Andalusia, una regione nel sud della Spagna. Tuttavia, attualmente vivo a Madrid, dove ho conseguito la laurea in Ingegneria dell’Organizzazione industriale e attualmente lavoro come analista per un’azienda globale di consulenza tecnologica.
Qual è la tua lingua materna tra le diverse presenti nella penisola iberica?
Molte volte lo spagnolo dell’America Latina viene confuso con il castigliano o il catalano, il galiziano, ecc. In realtà, in Spagna coesistono diverse lingue, tra le quali il castigliano costituisce la lingua ufficiale del paese e, in determinate regioni, condivide il suo status (ndr: Alvaro non dice “status” ma “oficialidad”) con altre: catalano in Catalogna, Valencia e Isole Baleari; Basco nei Paesi Baschi e Navarra; Galiziano in Galizia; Asturiano nelle Asturie e così via. Nel mio caso, parlo solo castigliano.
Sai come si relaziona la tua lingua con l’inglese?
So che sia il castigliano che l’inglese condividono parte delle loro radici, cioè entrambe le lingue sono influenzate dal latino. Nonostante ciò, lo spagnolo ha un’influenza molto più forte: da qui la sua grande somiglianza con l’italiano.
D’altra parte, sia lo spagnolo che l’inglese incorporano vicendevolmente parole autoctone, come il termine castigliano “mosquito”, accolto dall’inglese, o i termini inglesi “sandwich”, “whisky”, “internet” che lo spagnolo ha importato.
Ad oggi, lo studio dell’inglese in Spagna viene svolto principalmente per aumentare le proprie opportunità di lavoro, poiché attualmente è indispensabile per quasi tutte le figure professionali.
Sai menzionarmi degli anglicismi che si usano spesso in spagnolo?
Potrei citarne decine o addirittura centinaia, ad esempio: sándwich, whisky, blíster, bluetooth, cash, flash, clip, garaje, hobbie, skill, internet, show, stop, junior, chequear, casting, bullying, snow, surf, core, ecc. Ci sono migliaia di anglicismi che lo spagnolo ha fatto propri, o che, almeno, usiamo tra noi in maniera naturale.
Usi tanti anglicismi quando parli in spagnolo?
Sì, uso anglicismi, ma solo quelli che ritengo siano già stati incorporati naturalmente. Voglio dire, quelli che sono stati spagnolizzati: quello che faccio è quindi evitare di usare parole inglesi pure. Mi spiego meglio:a differenza dei latinoamericani, in Spagna, se disponiamo di un termine castigliano, usiamo preferibilmente quel termine o, tutt’al più, il corrispondente inglese ma spagnolizzato. È molto raro udire le persone usare parole inglese integrali, come invece fanno più spesso alcuni latino-americani (di solito dell’alta borghesia e i giovani).
La situazione nel mondo imprenditoriale è molto diversa: in questo ambiente, si usano sempre di più parole inglesi, dal momento che gli affari sono internazionalizzati e un continuo intercambiare i termini a volte diventa un po’ pesante. Ti faccio un esempio: nell’ambiente di lavoro, oggi, non si parla di “tener una riunión”, ma di “tener una meeting”, o invece di “llamada”, si dice “call”.
La verità è che queste ultime versioni non mi piacciono molto, pertanto cerco di non usarle. Tuttavia, alla fine, quello che succede è che l’inglese finisce per “scapparmi”. Voglio sottolineare che questo accade solo nell’ambiente di lavoro: nella quotidianità, inciampare nell’inglese è cosa davvero molto rara.
I tuoi insegnanti ti hanno mai dato indicazioni o informazioni a riguardo?
Non sono mai stato corretto in questo senso, dal momento che, come ho detto prima, è assai raro per noi usare termini in inglese che non sono stati spagnolizzati. Sicuramente, però, nei corsi accademici ci sono professori che potrebbero essere infastiditi dall’uso eccessivo di parole inglesi pure al posto delle equivalenti spagnole.
Nella tua cultura popolare, per esempio quella veicolata dalla televisione o dai new media, ti è mai capitato di imbatterti in contenuti che scoraggiavano l’uso degli anglicismi?
A dir la verità, non ho mai percepito in maniera esplicita questa tendenza. Suppongo sia qualcosa di implicito nella nostra cultura. Quello che è certo è che in Spagna tutte le serie e i film (ndr: Alvaro non dice “film” ma “películas”) sono doppiati in spagnolo quando vengono trasmessi in TV o al cinema. Questo accade anche perché l’industria del doppiaggio in Spagna è molto grande e gode di molto potere: sicuramente, questo è stato un elemento di barriera all’introduzione di più termini inglesi.
Credi che ci siano differenze nella relazione con l’inglese tra la tua generazione e quella passata? Te lo chiedo perché alcuni studiosi credono che la generazione passata, avendo avuto esperienza diretta della dittatura franchista, abbia mantenuto un approccio linguistico più conservatore rispetto ai giovani.
Dal mio punto di vista, la relazione tra generazione passata e la scarsa apertura all’inglese non si deve alla dittatura di Francisco Franco. È certamente vero che a quel tempo, soprattutto nei primi decenni, la Spagna era molto chiusa al mondo per la sua iniziale politica autarchica, ma, nel mezzo della dittatura, cambiò e numerosi stranieri vennero in Spagna come turisti. Penso che sia piuttosto una questione di necessità: attualmente, in un mercato globale, la conoscenza dell’inglese è passata dall’essere facoltativa a quasi obbligatoria. Inoltre, l’aumento di potere d’acquisto ha avuto un impatto significativo e l’ingresso della Spagna nell’Unione Europea ha reso più facile per le persone viaggiare all’estero, così come l’ingresso di società estere che investono nel Paese. Situazione che precedentemente era ben più complicata.
In breve, la globalizzazione e la modernizzazione hanno trasformato l’inglese in uno strumento di comunicazione essenziale e le persone ne hanno compreso l’importanza.
Hai mai consultato la RAE o l’Istituto Cervantes?
L’Istituto Cervantes penso di non averlo mai consultato, mentre la RAE tante volte, poiché raccoglie nel suo Dizionario tutte le parole ufficiali del castigliano. Ho consultato la Reale Accademia Spagnola diverse volte per risolvere dubbi e questioni grammaticali, sia ai tempi della scuola che oggi in alcune occasioni lavorative.
Che stima nutri nei confronti della tua lingua materna?
Ritengo che ogni lingua sia un tratto identitario importante per ciascuna persona, nonché riflesso diretto della cultura di un popolo, del suo modo di pensare e agire, pertanto è senza dubbio un elemento dal potente senso patriottico. Ma il fatto è che la lingua è molto di più, poiché unisce un popolo, lo definisce e lo identifica. Per esempio, il castigliano è ricco, espressivo, allegro, chiassoso, elegante e volgare, caldo e soprattutto vivo.
Secondo la tua personale opinione, come valuti l’ingresso di anglicismi in una lingua?
Le lingue sono strumenti vivi e viventi, che si evolvono con la società ed esistono “para y por” il popolo: in questo senso, penso che siano gli spagnoli ad essere conservatori e non la lingua.
Al di là di ciò, mi piace che la lingua spagnola mantenga la sua personalità senza un eccessivo apporto di parole inglesi. Che senso ha che oggi ci siano persone che conoscono l’inglese meglio della loro lingua materna? La necessità di conoscere entrambi, poi, è un’altra storia.
Come vedi il futuro della tua lingua in riferimento ai rapporti con la lingua inglese?
Prevedo un ottimo futuro per la mia lingua: chiaramente, sarà influenzata dall’inglese, ma, allo stesso tempo, credo che anche l’inglese sarà sempre più influenzato dal castigliano. L’influenza dello spagnolo nel mondo è in aumento: oggi è tra le 4 lingue più parlate al mondo. Si stima, inoltre, che nel 2050 gli Stati Uniti saranno il primo paese per numero di ispanofoni con circa 140 milioni di parlanti di lingua spagnola.
Spero che questa intervista vi abbia colpiti e vi abbia in qualche modo lasciato il seme della riflessione. Non credo di dover aggiungere altro rispetto alle parole di Alvaro, poiché le trovo estremamente puntuali e assolutamente coerenti con l’argomentazione proposta nell’articolo in abbinato.
Parlare con Alvaro mi ha ricordato quanto possa essere illuminante aprirsi a diversi modi operandi e pensandi, nonché adottare una prospettiva diversa da quella a cui siamo stati socializzati, per allontanare il pensiero acritico e far luce sulla realtà in maniera più obiettiva e consapevole.
1. LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/alvaro-garcia-daroca-399907125
Marta Gatti
Vi presento Marta: made in 2001, vive in provincia di Brescia ma studia Scienze della Comunicazione a Bergamo. Ama profondamente la Città dei Mille: infatti, per la gioia della metà bresciana dei suoi parenti, preferisce definirsi bergamasca («eretica!»). Da grande vorrebbe diventare una giornalista. Ama dibattere e ama scrivere: se l’avete persa di vista, probabilmente sarà rimasta a discutere con qualcuno su femminismo, donazione del midollo osseo e vegetarianesimo. Per lei non esiste parola e scrittura pubblica che non sia connotata e mobilitata (e spera, mobilitante). Quando non studia con fastidiosa pignoleria, suona Morricone al pianoforte, mangia Nutella e ascolta podcast in spagnolo; ah, e dimostra il suo affetto scrivendo chilometriche lettere sigillate con cera lacca. Su L’Eclisse scrive solo di ciò che la galvanizza.