Ci sono padri e “padri”
Fin dall’antichità, la società giapponese si è sempre contraddistinta come una società fortemente rigida che si regge su una forte gerarchia interna. Nel periodo feudale, una delle classi sociali più importanti era quella dei samurai, che, per molti secoli, giocarono un ruolo fondamentale nella storia giapponese. In particolare, a seguito della crisi economica tra gli anni Settanta e Ottanta, le figure maschili hanno vissuto una rapida ascesa come salaryman, i “samurai moderni” del Giappone postbellico1, ma hanno subito anche una dura caduta all’interno del nucleo familiare. In quegli stessi anni, infatti, si era sviluppata un’inclinazione verso una maggior autonomia individuale e un’idealizzazione dell’immagine familiare2, provocando una rottura con la struttura familiare patriarcale confuciana in favore di una nuova famiglia “all’occidentale”: grazie all’espansione economica e ai rinnovati rapporti commerciali con l’Occidente, il Giappone si è aperto ai modelli euro-americani. A seguito di questa apertura, il vecchio ruolo del capofamiglia viene rifiutato: il padre rimaneva la principale fonte di guadagno della famiglia, dedicandosi assiduamente al lavoro, ma questa sua assenza non era più rispettata all’interno del nucleo familiare e della società. Il ruolo della figura genitoriale paterna, nel dopoguerra giapponese, non ha più la passata dignità, sostituita, invece, da stanchezza e disillusione, avviando un circolo vizioso di svogliatezza nell’adempiere al loro ruolo familiare3. Inoltre, la sua assenza non favorirà di certo all’educazione del figlio, lasciato solo con la figura genitoriale femminile, la quale non solo avrà un ruolo dominante, ma anche eccessivamente presente, sebbene l’assenza fisica del padre non impedisca che egli risulti una figura particolarmente influente e ingombrante: le sue “gesta eroiche” vengono spesso raccontate dalla madre al figlio, il quale sentirà la pressione a dover ricalcare le orme paterne4.
Dopo questo breve excursus che mira a far comprendere a voi, carǝ lettorǝ, questa “non figura paterna” nella terra del Sol Levante, vi presenteremo anche come essa viene rappresentata negli anime (cartoni d’animazione giapponesi), o meglio, come non viene rappresentata.
ATTENZIONE, SPOILER
François Augustin Reynier de Jarjayes (La Rose de Versailles – Lady Oscar)
Iniziamo questa lista in maniera soft, per non travolgervi fin da subito. Per chi non avesse la minima idea di chi sia costui, provate a ripercorrere i cartoni della vostra infanzia fino a quando non vi imbattete in vaghi ricordi della Rivoluzione Francese: non sto parlando della Rivoluzione Francese che si studia a scuola, ma sto parlando di quella Rivoluzione Francese con l’unica e sola Lady Oscar. Ebbene sì, François Augustin Reynier de Jarjayes è suo “padre”. Già a partire dalla sigla, cantata dall’inimitabile Cristina D’Avena, capiamo subito che non è di certo un genitore esemplare: “Il buon padre voleva un maschietto, ma, ahimè, sei nata tu.”
Il buon caro François fa parte di quella categoria di figure genitoriali che impongono i propri interessi ai loro figli, senza tener conto dei loro desideri e facendoli soffrire inevitabilmente sotto il peso di un’aspettativa. Il dramma di Lady Oscar parte proprio dal padre, il quale voleva un erede maschio e, invece, si è ritrovato una femmina; tuttavia, questo non l’ha fermato dal crescere Oscar (nome poco femminile) come se fosse “suo figlio”. Questa educazione estremamente maschilista ha portato Lady Oscar ad avere, nel corso della sua esistenza, continui dubbi sulla sua identità di genere, tanto da non capire i suoi sentimenti per André se non in punto di morte. Addirittura, ricordiamoci che il conte Fersen5 l’ha definita in più occasioni “il mio migliore amico”. Di male in peggio, insomma.
Minato Namikaze & Naruto Uzumaki (Naruto)
Il destino di queste due figure è strettamente legato, in quanto si tratta di padre e figlio: il primo muore tragicamente dopo pochi minuti di screentime, il secondo rimane orfano e, dopo mille avventure, si forma una famiglia, ma l’esempio di figura paterna che segue è, inesorabilmente, quello del padre (no, non muore di morte orribile, abbiate un poco di pazienza).
Minato Uzumaki è sia un padre sia il capo del villaggio dove vive con la sua famiglia, ma non sembra rendersi conto del primo ruolo di cui è investito. Nonostante la morte, il suo comportamento l’ha portato ad essere un padre non molto amato nella storia degli anime, in quanto non solo ha reso orfano suo figlio, rinchiudendo al suo interno la forza di un demone volpe estremamente potente, ma ha anteposto il suo dovere di capo-villaggio all’essere una figura presente nella vita di suo figlio, un atto imperdonabile. Al contrario, sarà proprio suo figlio a perdonarlo, dopo aver capito il motivo delle sue azioni, ringraziandolo per essersi sacrificato per lui e per l’intero villaggio.
Naruto Uzumaki sembra diventare un modello migliore rispetto al genitore, ma le sue attitudini finiscono per riflettere quelle del padre: anche Naruto, ormai adulto e avente una certa autorità, è diventato capo-villaggio, e avendo assunto l’importante compito di proteggerlo, trascura i suoi due figli, Himawari e Boruto. Quest’ultimo, tuttavia, a contrario di suo padre da giovane, non capisce la posizione di Naruto e, di conseguenza, lo odia perché non è presente nella sua vita né in quella di sua sorella.
Grisha Jaeger (Attack on Titan)
Se esistesse il premio “Miglior Padre di sempre”, di sicuro Grisha non lo vedrebbe neanche con il binocolo. Da sempre identificato come il padre peggiore di sempre, Grisha Jaeger appartiene anche lui alla categoria di genitori che fanno soffrire i propri figli solo per il loro puro egoismo ed interesse narcisistico. Se con l’avvento della terza stagione dell’Attacco dei Giganti il personaggio si è attirato le ire di chiunque, nella quarta stagione non può che provocare risentimento e, forse, anche un po’ di pena.
Grisha Jaeger è un medico eldiano, rinchiuso in un campo di internamento sotto il controllo di Marley, e il suo sogno è quello di liberare tutti gli Eldiani. Tuttavia, per raggiungere il suo scopo, gli serve qualcuno di non sospetto che entri di nascosto nelle file dei Marleyani: chi meglio del suo primogenito Zeke? Negli episodi di quest’ultima stagione, riviviamo dei flashback particolarmente traumatici dell’infanzia di Zeke Jeager, trattato non come un normale bambino, bensì come un potenziale strumento per riportare in auge il progetto dei Restaurazionisti, la “Restaurazione dell’impero di Eldia”. Ciò che rende abominevole Grisha Jeager è il lavaggio del cervello che opera sul proprio figlio già dall’infanzia per imporgli la sua ideologia, totalmente ignorando i desideri di Zeke, il quale si chiede continuamente perché i suoi genitori non giochino con lui e non gli vogliano bene.
Per quanto riguarda il secondogenito, nonché protagonista dell’opera di Hajime Isayama, ovvero Eren Jaeger, Grisha deve assicurarsi che il Gigante d’Attacco e il Gigante Fondatore siano trasmessi in maniera “adeguata”, per cui conduce Eren all’interno di una foresta con un pretesto e lo trasforma in gigante, facendosi divorare a sua volta.
Isayama non lascia nulla al caso, per cui molte altre azioni di Grisha verranno spiegate nel corso del manga e dell’anime6 (vi invito caldamente a leggerlo e a guardarlo), ma nulla toglie al fatto che Grisha Jaeger sia uno dei padri più deplorevoli che siano mai stati scritti, in quanto ha condannato entrambi i figli ad un destino crudele in un mondo altrettanto folle.
All Might VS Endeveador (My Hero Academia)
Terminiamo questo elenco di figure genitoriali con due figure che non potevano non mancare all’appello: All Might (Toshinori Yagi) e Endeavor (Enji Todoroki), rispettivamente l’eroe numero 1 e l’eroe numero 2, sebbene le carte vengano ribaltate quando All Might si ritira, lasciando il suo posto ad Endeavor.
Questi due modelli sono continuamente messi a confronto nel corso dell’opera di Kōhei Horikoshi, in quanto rappresentano due pilastri eroici ed esempi paterni profondamente diversi: da una parte, All Might, sebbene non abbia figli, è il padre che tutti vorremmo avere, perché rappresenta il nostro “papà eroe” per eccellenza, che tuttǝ ammirano e amano, simbolo di speranza e vittoria, sempre con il sorriso sulle labbra ad infondere coraggio.
Al contrario, Endeavor è una figura più cupa, tetra e misteriosa, di cui non si sa quasi nulla; naturalmente, però, nascondere i propri scheletri nell’armadio non è mai abbastanza. A differenza di All Might, Enji Todoroki è sì padre di famiglia, ma non del tipo amorevole, in quanto ha commesso talmente atrocità nei confronti della sua famiglia che ci viene incredibile riconoscerlo come l’eroe numero 2. Già, numero 2: un gradino sotto nel podio, e infatti l’obiettivo di Endeavor è superare All Might a qualunque costo, anche cercando la sposa giusta per avere la combinazione perfetta di Unicità7 nella sua prole. Sposa così Rei, che possiede il potere del ghiaccio, mentre lui quello del fuoco8: quello di Endeavor è un ossessivo progetto eugenetico, che ha un impatto disastroso sulla famiglia Todoroki. Infatti, il primogenito, Touya Todoroki, sviluppa solo il potere del padre, ma ben più potente (le sue fiamme sono blu, non rosse9), ma eredita anche la salute cagionevole della madre, che lo porta progressivamente ad avere i capelli bianchi. L’ossessione di Endeavor nei confronti del primogenito e il desiderio maniacale del figlio di rendere orgoglioso il padre si tramuta in una tragedia e Touya perde la vita in un tragico incidente, anche se tornerà per ricordarci che “il passato non dimentica”.
Shoto Todoroki è l’ultimogenito, l’unico ad aver ereditato entrambi i poteri dei genitori. Il rapporto che hanno i due è un rapporto abusivo: il padre tratta il figlio alla stregua di un oggetto,uno strumento per poter realizzare il suo sogno di sorpassare All Might, e sottopone Shoto, fin da quando aveva 5 anni, ad allenamenti durissimi. A subire le conseguenze di questo suo atteggiamento sono anche gli altri due figli maggiori, Natsuo e Fuyumi, che crescono nella solitudine ignorati dalla figura paterna, dal momento che anche la madre Rei era vittime di violenze da parte di Endeavor10, generando una spirale di odio e devastando la famiglia. In particolare, il rapporto con Natsuo è parecchio teso: il ragazzo non riesce a perdonare il padre per come si è comportato in passato, mentre la sorella Fuyumi vorrebbe rivedere la sua famiglia unita, per cui funge spesso da tramite tra il padre e i fratelli. Lei non perdona la condotta del padre, ma crede che possa cambiare11.
Negli ultimi episodi dell’anime, assistiamo, però, all’inizio del famigerato Endeavor atonement arc, ovvero “l’arco narrativo di espiazione di Endeavor”: egli realizza di essere stato un mostro nei confronti della sua famiglia e di essersi dimostrato un ipocrita, per cui decide di scusarsi, sebbene lui stesso si renda conto di quanto queste sue parole non abbiano alcun peso sulla vita di una famiglia ormai rovinata. Il punto focale è la sua consapevolezza che il perdono non risolve le azioni passate, ma che è comunque possibile prendere decisionecon la coscienza di abbandonare l’odio e il risentimento. D’altra parte, l’espiazione è il tentativo di rimediare in qualche modo alle conseguenze causate dalle azioni del passato: Endeavor se ne rende conto. Scegliendo di attraversare quest’ultimo percorso, c’è una crescita nel personaggio di Endeavor, che diventa un vero e proprio mentore per gli alunni dell’U.A12. e un punto di riferimento per gli altri eroi.
Un’altra decisione che colpisce tuttǝ noi è l’accettazione da parte di Endeavor del fatto che, per realizzare la felicità della sua famiglia, deve separarsi da essa: decide di costruire una casa tutta nuova per i suoi figli e sua moglie, mentre lui rimarrà nella vecchia casa in una condizione di esilio volontario. Infatti, una nuova abitazion costituirebbe la spinta giusta per far sì che la famiglia Todoroki ricominci da capo, senza dover soffrire nella loro vecchia magione, che rievoca brutti ricordi: questo pensiero viene elaborato da Endeavor nel ricordarsi di un sogno ricorrente, dove la famiglia Todoroki è seduta al tavolo a mangiare allegramente, senza di lui13.
In conclusione, possiamo sottolineare come la finzione dei manga o degli anime e la realtà giapponese non siano molto distanti, se ci riferiamo all’ambito familiare, in particolare quello paterno. Se, da un lato, la figura del padre viene rappresentata come egoistica e narcisistica, dall’altro possiamo affermare con certezza che tutti questi esempi sopracitati vivano prima o poi, all’interno della loro storia, in una fase di pentimento nei confronti dei loro figli. Io sono del parere che tuttǝ meritano una seconda chance, ma bisogna guadagnarsela. Queste storie ci mostrano che è sempre facile chiedere scusa, fingendo e sperando che la situazione si sistemi magicamente, ma la realtà spesso non va come vogliamo: soltanto dalle azioni, e non dalle parole, possiamo capire quanto ad un padre importi riconquistare la fiducia dei propri figli.
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Note
- HAMADA TOMOKO, Absent Fathers, Feminized Sons, Selfish Mothers and Disobedient Daughters: Revisiting The Japanese Ie Household, JPRI Working Paper n° 33, May 1997
- HASHIMOTO AKIKO, TRAPHAGAN JOHN W., Imagined Families, Lived Families: Culture and Kinship in Contemporary Japan, State University of New York Press, Albany, 2008.
- GALLI SILVIA, tesi di laurea Essere padre in Giappone. Dal dopoguerra fino agli anni duemila,2014-2015, Corso di Laurea magistrale in Lingue e istituzioni economiche e giuridiche dell’Asia e dell’Africa Mediterranea, Università Ca’ Foscari di Venezia.
- https://www.hikikomoriitalia.it/2013/06/il-padre-che-non-ce.html#:~:text=La%20separazione%20dei%20ruoli%20tra,e%20dell’educazione%20dei%20figli
- Un giovane conte svedese, primogenito di un senatore di nobile estrazione del regno, dotato di bell’aspetto e di un animo nobile. Diventerà l’amante della regina Maria Antonietta, ma sarà anche considerato “l’amore impossibile” di Lady Oscar, perché non corrisposto dal conte.
- Tutt’ora, la seconda parte della quarta stagione è ancora in corso.
- Nel mondo di My Hero Academia, quasi tutti hanno un potere chiamato Unicità (o Quirk).
- Per la precisione, l’Unicità di Endeavor viene definita Hellflame (“fiamma infernale”). https://myheroacademia.fandom.com/wiki/Enji_Todoroki
- Le fiamme blu hanno un impatto più letale rispetto alle normali fiamme rosse: il colore del fuoco di Touya è dovuto sia all’intensivo allenamento che ha subito fin da piccolo sia perché l’odio profondo nei confronti di suo padre alimenta le fiamme.
- Queste violenze arrivano ad un punto tale che Rei viene internata in un ospedale psichiatrico, specialmente dopo aver rovesciato sul lato sinistro del volto (definito da lei stessa “disgustoso”) di suo figlio Shoto l’acqua bollente del tè.
- https://ilovevg.it/2021/06/enji-todoroki-endeavor-analisi/
- https://www.mangaforever.net/715074/my-hero-academia-il-vero-significato-della-sigla-u-a#:~:text=My%20Hero%20Academia%20%E2%80%93%20il%20gioco%20di%20parole%20bilingue%20del%20nome%20U.A.&text=Il%20nome%20completo%20della%20scuola,come%20%E2%80%9CU.A.%E2%80%9D%20in%20inglese
- https://www.cbr.com/my-hero-academia-season-5-endeavor-not-redemption-arc/
Pater
Editoriale · L’Eclisse
Anno 1 · N° 11 · Marzo 2022
Copertina di Laura Maroccia.
Hanno partecipato alla realizzazione di questo editoriale: Greta Beluffi, Oscar Benedetti, Matteo Capra, Michele Carenini, Anna Cosentini, Joanna Dema, Francesco Fatini, Eugenia Gandini, Marta Gatti, Chiara Gianfreda, Andrei Daniel Lacanu, Nikolin Lasku, Silvia Loprieno, Matteo Mallia, Valentina Oger, Alessandro Orlandi, Elisa Paccagnella, Luca Ruffini, Arianna Savelli, Tommaso Strada, Vittoria Tosatto, Marta Tucci, Marta Urriani, Francesco Vecchi, Adriano Zonta.