*Cric..Cric* – il materasso cigola, ha quasi ventidue anni, io ho quasi ventidue anni.
*Click* – spengo la luce, aggiusto il cuscino, tiro su le coperte, appoggio la nuca e rilasso i muscoli. Guardo il buio intorno a me, non mi turba come una volta. Da bambino avevo paura come tanti dell’oscurità e, come accade sempre con le nostre paure, cercai fin da subito di esorcizzarla. Inizialmente fu mio padre e le sue storie ad aiutarmi poi, concluso il periodo delle favole, dovevo essere io il narratore della mia buonanotte.
Non prendevo sonno facilmente, così inventai dal nulla una grande storia: il materasso su cui ero steso si trasformava in una enorme metropoli e, lungo la coperta, immaginavo le vite dei suoi abitanti. A forza di inventare storie, il mio corpo si stancava e mi addormentavo senza accorgermene (chissà se questo accade anche quando si muore).
Finite le idee, finita la creatività da bambino, oggi è più difficile prendere sonno con divertimento. Ora ho altre cose per la testa: preoccupazioni, quesiti, esami, ipocondria ed attesa. Insomma si cresce e si perde una certa magia nel vedere le cose.
Tutti questi pensieri vorticosi però talvolta sono messi fuori gioco da qualcosa di più forte. Basta pochissimo, un piccolo movimento nervoso del cervello, una sinapsi che mi sussurri: “Ehi, vedi questo buio intorno a te? Questo lasciarsi abbandonare a Morfeo1? Ebbene un giorno le tenebre regneranno e tu non sarai più nulla”.
Colto da un brivido, mi giro e rigiro nel letto. “Non è il momento di pensare a questo”, rimugino. Proprio allora la sinapsi, come il peggior amico che ti ribadisce le tue debolezze, mi sibila: “Vorresti non pensarci vero? Invece ci penserai, è proprio lì davanti a te, in quell’oscurità: la morte”.
Le parole della sinapsi mi colpiscono come una potente scarica elettrica che, partendo dalla nuca, attraversa tutta la spina dorsale e conclude la sua frustata lungo i talloni. Mi alzo, giro per la stanza al buio, cerco di calmarmi.
Il colpo di frusta fa sgorgare da tutte le parti il pensiero:
“Eh, no! Non voglio pensarci! Ma come fanno certi miei amici? Della morte non mi importa nulla dicono, scommetto che anche loro qualche volta sono presi dallo spasmo di ribellione che provo. Certo è anche colpa mia! Sono sempre stato fissato con la morte, i necrologi, le chiese (queste c’entrano sempre con i morti). Ma che devo fare io? Apro la finestra e vedo il necrologio, ascolto le persone in giro e dicono Mai hai visto Massimo? Poveretto, era così giovane, accendo la tv e parlano della morte di quel grande tal dei tali che Muoiono sempre i migliori e i più grandi. Per non parlare di internet, la stessa minestra. La morte è ovunque!”
Respiro, i battiti vanno veloci:
“Certo, noi siamo bravi anche a dimenticarcene, a scordare la morte. Credo che la quantità di input e impegni che abbiamo sia direttamente proporzionale alla nostra paura della morte. Contrariamente, l’eremita, senza appuntamenti o simili, pensa sempre alla propria fine. Però, a differenza nostra, lo fa senza paura, anzi l’accoglie benevolo. Noi non abbiamo più un istante per riflettere, fermarci sulla nostra vita, siamo tenuti a inseguire perennemente mille obiettivi che dicono ci renderanno felici. Quanta paura della morte abbiamo!”
I battiti hanno un’accelerata improvvisa:
“Non abbiamo la guerra né la fame, eppure siamo così atterriti. Non ci penso o vabbè, capita a tutti non sono frasi da dire. Tanto lo so che siete terrorizzati come me…Almeno credo.”
Il mio pensiero si blocca per qualche millesimo di secondo. Che bel silenzio. Poi:
“Forse dico così perché non voglio sentirmi solo. La morte non si può condividere con qualcun altro, si affronta da soli. Avrei voluto saperlo prima. A scuola, tra un atomo e una data, potevano dirmi come accettare la mia disgregazione. Aveva ragione Comenio2! Serve una scuola che ti prepari a morire, aperta a tutte le età…Dovrei essere anche più religioso, forse accetterei tutto di buon grado. Aldilà. reincarnazione, simulazione, il nulla: a me la scelta.”
Qualche istante di silenzio. La mia testa è stanca e la morte viene scalfita da un altro pensiero:
“Domani devo andare con Simo e Davide al cinema. Me l’ero scordato. Ci facciamo anche una bella gara a bowling e poi…”
Faccio un lungo respiro. Il mio cuore si è calmato. La morte è tornata in fondo ai pensieri.
Il materasso cigola, sistemo il cuscino, tiro su le coperte, appoggio la nuca.
Lontano suona una campana.
Illustrazioni di Maria Traversa
Note
- Morfeo, dio dei sogni nella mitologia greca
- Giovanni Comenio (1592-1670) è considerato il padre dell’educazione moderna. Comenio è stato sempre per una scuola aperta a chiunque (compresi i malati mentali). Secondo Comenio la scuola doveva continuare durante tutta la vita della persona e tra le tante immaginava una “scuola della vecchiaia” (per accettare l’invecchiamento) e quella “della morte”.
“L’altra faccia della Luna” è la nuova rubrica de L’Eclisse, una rubrica personale, in cui vogliamo mettere a nudo le ansie e la vita quotidiana di noi giovani.