Il 5 luglio 2023 è uscito il quinto album di Luca Burgalassi, Back to the roots, anticipato dal singolo Finding love again pubblicato il 22 maggio. Nato a Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno, Burgalassi studia musica sin dalla tenera età fino ad ottenere il diploma con lode all’Accademia Lizard di Fiesole. Dalla Toscana si trasferisce in America, dove continuerà a studiare musica: infatti, sono molto forti le influenze della tradizione musicale d’oltreoceano nella sua produzione– che vanno dal folk, al jazz, il blues – e poi ancora ballate celtiche e rock ballad. In seguito alla pandemia, il cantante ritorna in Italia.

Il nuovo album, completamente in inglese, affronta la necessità di ritornare alle proprie origini, alla terra a cui apparteniamo. Questo percorso è necessario per scoprire e ritrovare noi stessi. L’album è un nostos, ma con un bagaglio in più, pieno delle nuove esperienze vissute e delle nuove influenze musicali da cui il cantante si è lasciato affascinare. Da un punto di vista musicale, è importante la presenza degli strumenti acustici, in particolare la chitarra. Tale importanza si evince anche dalla copertina dell’album che, in bianco e nero, raffigura un albero, il cui tronco è formato da rami intrecciati che sembrano essere il proseguimento delle radici, anche queste ben visibili nella copertina. Queste, intrecciandosi tra di loro, formano il titolo dell’album, mentre i rami che formano il tronco danno vita a una chitarra, che resta incastonata tra i rami stessi. Sebbene la maggior parte dello spazio sia occupato dalle radici e dal tronco, un piccolo spazio nella parte superiore mostra le fronde dell’albero. Tutta la struttura dell’album rappresenta un continuum che parte dalle radici, come a sottolineare il fatto che, ciò che fiorisce, ha origine da quello che c’è sotto e che spesso non è visibile. Oltre alla chitarra, gli altri strumenti utilizzati sono la chitarra elettrica, il banjo, il dobro, il mandolino e la lap steel.
Il primo brano, che dà il titolo all’album, sottolinea questa necessità del cantante di tornare alle proprie origini, di ricongiungersi al proprio gruppo. Dice Burgalassi:
“BACK TO THE ROOTS” è il disco del ritorno; ritorno alle radici, ritorno alle origini, con il nuovo bagaglio delle esperienze musicali e personali accumulate negli ultimi anni (…) alla ricerca dell’io originale1
Quindi, tornare alle radici per ritrovare se stessi, per tornare alla propria essenza originale. Tornare con la certezza, o forse la speranza, che ciò a cui apparteniamo, la terra, la famiglia, gli amici, ci stiano aspettando a braccia aperte. Nella parte finale del brano, il cantante si rivolge direttamente a un interlocutore ipotetico invitandolo a tornare a casa, dopo aver viaggiato per il mondo e aver fatto nuove esperienze. Nel brano viene sottolineata non solo la necessità di attuare un cambiamento, ma anche di farlo immediatamente, senza aspettare il momento giusto. In Back to the roots, Burgalassi canta anche la propria volontà di vivere al massimo la propria vita, senza perdere un attimo.
Il tema ritorna anche in Always on e in Beautiful life. Nella prima traccia il cantante ci invita ad essere sempre attivi, ad andare sempre avanti e ad essere protagonisti della nostra esistenza. Nel brano, il cantante usa la seconda persona plurale, we, noi, come se la capacità e la volontà di trovare la forza di proseguire nel nostro percorso e crescere si possa trovare solo stando con gli altri e grazie agli altri. L’obiettivo è quello di raggiungere la cima, di arrivare e vivere al massimo. In Beautiful life improvvisamente, appena svegli, in una mattina di pioggia, si osserva la vita in maniera diversa, ci si rende conto di quanto sia meravigliosa e di quanto spesso si dia per scontata e, piuttosto che viverla, la sprechiamo.
La speranza nel futuro e l’entusiasmo di vivere trovano il loro alter ego in Black tide: un brano dai toni orientali che trasporta l’ascoltatore in una dimensione quasi onirica. La sensazione che provoca è simile a quella dell’annegamento. Il protagonista della canzone si trova sopraffatto dall’alta marea, incapace di respirare. La sensazione di solitudine e smarrimento pervade il brano: ci si trova da soli, in una terra sconosciuta, circondati da volti mai visti, in un posto al quale non si appartiene, lontanissimi dalla propria casa. L’alta marea ci assale, ci chiama, ci sopraffà e noi siamo incapaci di reagire.

In Staring at the moon, Burgalassi duetta con Matteo Becucci, noto per aver partecipato al programma diretto da Carlo Conti Tale e quale show sia in veste di concorrente nel 2014 che come vocal coach dall’ottava edizione in poi. Come in un sogno, l’effetto ammaliante e ipnotizzate della luna coinvolge i due cantanti. Fissare la luna, cercando di colmare la distanza con un amico lontano, e con la luna stessa, provoca un dolore perfetto, dolce e malinconico. Improvvisamente, durante la contemplazione del satellite, ci si accorge che ogni cosa è a suo posto, ogni pezzo del puzzle si incastra perfettamente. Nonostante l’enorme distanza che ci separa dalla luna, il suo effetto magico ci riguarda e ci costringe ad interrogarci su noi stessi, su quello che sentiamo.
Come già detto in precedenza, l’album risente delle influenze della musica folk e del blues. Ciò si evince anche dal titolo di due tracce, The blues and me e My blues still call your name. Entrambe sottolineano l’importanza che la musica blues ha per il cantante. Il blues sembra accompagnarlo in ogni sua esperienza; nel suo blues risuona il nome di un amore ormai perduto, e che sembra irrecuperabile. Nonostante non ci sia più nulla che l’uno o l’altra possano dire per tornare indietro e salvare il loro amore, ormai solo, perso nei suoi pensieri, il cantante si sente come appeso, e continua a cantare il suo blues.

Se My blues still call your name racconta di un amore ormai finito, in Finding love again c’è la speranza trovare un nuovo amore. Come in un sogno, l’amore ci porta oltre l’oceano, oltre le nuvole, ci insegna a scalare montagne insormontabili. Il sentimento di solitudine viene sostituito dalla certezza della presenza dell’altro e ci si stupisce di come tutto ciò che ci circonda sia reale.
Il senso di smarrimento ritorna in The river, brano pervaso dal desiderio di fuga e di evasione. Come un fiume che scorre incessantemente, allo stesso modo si vuole correre senza fermarsi mai, in cerca di una nuova luce, cancellando ad ogni passo la strada percorsa, e quindi il nostro passato. Anche da un punto di vista musicale, la melodia è incalzante e riproduce il fruscio dello scorrere dell’acqua.
In tutto l’album c’è un equilibrio e un dialogo costante tra luce e ombra, positività e negatività, dolore e speranza. Anche nel brano conclusivo, New Dawn, l’oscurità e la luce sono presenti. All’inizio della canzone ci si trova smarriti, al buio, persi e soli, il cielo è privo di stelle, nessuno con cui parlare e non c’è alcun segno di speranza. Intorno il nulla. Poi all’improvviso spunta l’alba e tutto appare più chiaro, più luminoso, più vivo. Montagne, terre, voci, ogni cosa appare sotto una luce di diversa. L’album si chiude con un messaggio di speranza e di positività. Il passaggio dal buio alla luce, oltre ad essere descritto dal testo, viene reso dalla musica, che nella prima parte è più cupa, quasi ansiogena, mentre nella seconda parte i suoni sono più vivi.
Tra radici, incubi, blues e nuove speranze, l’album ha una dimensione intima e personale, in cui il cantante ci mostra la profondità di alcune emozioni, come la solitudine e il senso di abbandono, ma anche la voglia di vivere e di cambiare che appartengono non a un singolo individuo, ma a tutto il genere umano. Emerge, inoltre, la necessità di un nuovo contatto con la natura, di sentirsi in dialogo e parte di essa. L’uomo si sente come un fiume, fissa la luna, ha bisogno di ritrovare le proprie radici per fiorire. Si cerca anche una nuova forma di contatto con il prossimo, con il proprio gruppo originale, con quello a cui si appartiene. Con la musicalità tipica del blues e delle ballate folk e country, Back to the roots ci porta ad immaginare terre sconfinate, cieli immensi e foreste, e ci invita a ritrovare noi stessi, tornando indietro, alle nostre radici.

Marta Tucci
Mi chiamo Marta Tucci e studio Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi Roma3. Quando non sono immersa nei miei viaggi mentali mi piace leggere e scrivere. Mi occupo di musica, filosofia e comunicazione.