Chicago, la città del vento, è famosa in tutto il mondo come la prima che ha visto nascere un grattacielo, l’home insurance building, un edificio del 1885, una decina di piani per 42 metri di altezza. Un primato che ancora oggi con sfrontatezza ricorda a chiunque ne osservi il suo imponente skyline. Ma Chicago è il luogo anche di un altro primato: a circa 11km a sud dal celebre edificio di Adams St, non lontano dalle sponde del lago Michigan, sorge l’Alonzo Stagg Field, un centro polisportivo dell’Università di Chicago dove, fino a qualche anno fa, era presente anche uno stadio. Dai locali sottostanti le tribune, il 2 dicembre 1942, mentre un gruppetto di persone era intento a stappare una bottiglia di Chianti della cantina Bertolli, partì una telefonata che segnò l’inizio di una nuova era: «The Italian navigator has landed in the New World», dice l’uomo al suo interlocutore, che replica «How were the natives?» – «Very friendly». Ai due capi del telefono vi erano il fisico premio Nobel Arthur Compton e James Conant, presidente dell’Università di Harvard e capo del National Defense Research Committee, l’istituzione statunitense preposta a coordinare le ricerche scientifiche durante lo sforzo bellico nel secondo conflitto mondiale1 2.
Presso l’università cittadina aveva sede il cosiddetto Metallurgical Laboratory (Met Lab), un fittizio laboratorio di metallurgia popolato dai fisici Arthur Compton, Herbert Anderson, Walter Zinn, George Weil ed Enrico Fermi. Lo scopo di tale laboratorio era di fornire la copertura a uno dei progetti cardini del più ampio Progetto Manhattan, ovvero la struttura di ricerca governativa preposta allo studio e allo sfruttamento dell’energia atomica. Il Met Lab raggiunse un cruciale risultato proprio quel primo mercoledì del dicembre 1942, quando alle 15:25 Fermi annunciò ai colleghi presenti che, con l’esperimento in quel momento in corso, per la prima volta erano riusciti ad ottenere una reazione nucleare che si autososteneva. Quel piccolo reattore nascosto sotto la tribuna dello stadio, nome ufficiale Chicago Pile-1, reattore che lo stesso Fermi definì poi come «una pila grezza di mattoni neri e travi in legno» senza alcun tipo di protezione e sicurezza, al cui interno vi erano plutonio e grafite, per quattro minuti e mezzo produsse energia elettrica con una potenza di 0,5 watt3 4. Per la prima volta l’uomo è giunto nel nuovo mondo del nucleare, un ingresso, come definito da Compton al telefono, sicuramente very friendly, visto il risultato positivo e privo di incidenti, ma la permanenza sarà tutt’altro che pacifica, come insegnerà la Storia.
Da quella bottiglia di Chianti stappata per festeggiare il mezzo watt prodotto, settanta anni dopo l’uomo può vantare ben 392 miliardi di watt costantemente prodotti in tutto il globo da reattori ben più articolati e sicuri di una catasta di mattoni e travi in legno. Potenza addomesticata e dedita ai più disparati impieghi civili, ma sempre quel mezzo watt è stato l’inizio anche dell’impiego militare dell’esuberante energia atomica: dai 63 TJ sprigionati dalla bomba di Hiroshima nel 1945, si passa poco tempo dopo agli stimati 420 mila TJ della bomba Zar5 6.
Ma innanzitutto, che cos’è l’energia atomica? Come dice il nome stesso è sicuramente una forma di energia, e dato che l’energia non può né comparire dal nulla né tantomeno essere fatta sparire nel nulla, l’attributo atomica dovrebbe essere indicativo del dove questa è immagazzinata. E infatti così è: se l’energia cinetica è quella forma di energia “immagazzinata” nella velocità di un corpo e la potenziale quella nella sua posizione, l’energia atomica è quella parte di energia racchiusa nella materia, nello specifico nell’atomo. Attenzione però a non confondere l’energia atomica con l’energia chimica, infatti quest’ultima è dovuta ai legami presenti tra un atomo e l’altro e non all’interno dello stesso. Pensiamo al gas naturale o metano, un gas formato da molecole composte da un atomo di carbonio legato a quattro atomi di idrogeno. Nel momento in cui noi mettiamo sul fuoco l’acqua per cucinare, l’energia per portarla a bollore la preleviamo dal metano stesso: con l’aiuto dell’ossigeno presente nell’aria, in una particolare reazione chimica chiamata combustione, la “strappiamo” dai legami che uniscono carbonio e idrogeno.
A valle della reazione di combustione abbiamo estratto dell’energia a noi utile per far cuocere la pasta, energia proveniente sì dall’interno della materia, però tanti atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno avevamo all’inizio, e tanti ne abbiamo alla fine, abbiamo solo ridisposto gli ingredienti a nostra disposizione. Noi cuciniamo quindi con un’energia di fonte chimica. Sarebbe stata una fonte atomica se nel consultare la lista degli atomi coinvolti, prima e dopo la combustione, ci accorgessimo mancare o comparire qualche nuovo elemento prima presente o assente.
Tutti gli atomi presenti in natura sono formati dagli stessi mattoncini: prendiamo un atomo A ipotetico formato da un protone, un elettrone e un neutrone, prendiamo poi un atomo B formato da due elettroni, due protoni e due neutroni. Se riuscissimo a unire due atomi A potremmo quindi avere un atomo B, o il contrario, se potessimo dividere un atomo B ne avremmo due del tipo A. Queste sarebbero reazioni nucleari: l’energia non proverrebbe da legami chimici come nel caso precedente, proverrebbe proprio dall’atomo stesso in quanto sul finale della reazione avremmo elementi differenti da quelli di partenza. L’operazione, o meglio la reazione, di unire più atomi in uno solo prende il nome di fusione nucleare; la reazione opposta, quella di dividerne uno in più, prende il nome di fissione nucleare.
Come visto prima tutti gli atomi in natura sono una differente combinazione di protoni, elettroni e neutroni. Il protone particella con una carica positiva, elettrone particella con una carica negativa e invece il neutrone è una particella neutra, senza una particolare carica elettrica; è intuitivo pensare quindi che un atomo per esistere ed essere neutro dal punto di vista della carica elettrica debba avere un eguale numero di protoni e di elettroni. Quanti neutroni abbia non è influente vista la loro neutralità. Le proprietà chimiche di un atomo dipendono soltanto dal suo numero di elettroni, che deve essere uguale a quello di protoni. Possiamo quindi usare il numero di protoni per classificare gli atomi: un atomo contenente un protone si chiama idrogeno, uno con due protoni è l’elio, uno con sei il carbonio, uno con 92 protoni è l’uranio.
La classificazione per numero di protoni, unita alla irrilevanza dei neutroni nel bilancio elettronico, potrebbe portare a classificare come idrogeno due atomi non esattamente uguali: fintanto che il nostro atomo ha un protone (e di conseguenza, per essere neutro a livello di carica, un elettrone) idrogeno è e idrogeno resta, non importa se ha uno, due o tre neutroni. Ciascuna di queste forme prende il nome di isotopo. Ad esempio esistono, come anticipato, tre versioni (isotopi) di idrogeno: quella priva di neutroni chiamata pròzio, quella a uno chiamata deuterio e quella a due chiamata trizio, tutte ovviamente però con un protone e un elettrone7. E questa varianza esiste per molti altri atomi, come l’uranio: tutti hanno 92 protoni, ma esiste l’uranio-235 con 143 neutroni, l’uranio-238 con 146 neutroni e l’uranio 234 con 142. La diffusione in natura degli isotopi dell’uranio è tutt’altro che uniforme8. In un campione medio di uranite, minerale formato da ossidi di uranio, si osserva che la specie chimica è presente al 99,275% nella forma U-238, al 0,7% nella forma U-235 e in quantità trascurabili per la U-234.
Se la reazione di fusione è ancora in piena fase di studio e test, almeno per quanto riguarda l’aspetto civile, dato che nell’ambito militare la diffusione di testate termonucleari è lo stato di fatto, la fissione è la consolidata base scientifica del processo tecnologico di produzione dell’energia elettrica mediante energia nucleare. Infatti, anche solo guardando la questione sotto un profilo squisitamente numerico, la produzione di energia per via atomica è enormemente più efficace rispetto a quella per via chimica con un potenziale di 83,14 TJ/kg per la fissione dell’uranio-2359.
Per ottenere materiale utile a tali scopi, la distribuzione degli isotopi che si trova in natura però non è adatta, bisogna infatti aumentare, di una percentuale variabile a seconda delle applicazioni, la presenza del più reattivo U-235 rispetto al comune U-238. Questo processo è definito come “arricchimento dell’uranio”. Termini come uranio arricchito e uranio impoverito, che per diversi motivi negli ultimi anni hanno popolato i telegiornali, trovano significato come prodotti del processo di arricchimento. Infatti, se in ingresso abbiamo una data quantità di uranio “al naturale”, in uscita avremo una quantità di uranio avente più isotopi 235 rispetto alla partenza, uranio arricchito, e una avente, per una ovvia ragione di bilanciamenti, meno quantità di U-235, il cosiddetto uranio impoverito.
Il processo di arricchimento è un processo molto energivoro e basa il suo funzionamento sulla differente densità dei due principali isotopi: sfruttando la forza centrifuga è possibile, all’interno di particolari centrifughe, selezionare e dividere i pesanti atomi di U-238 dai più leggeri U-235. Più questo processo sarà estremizzato e maggiore sarà la concentrazione dell’isotopo più reattivo. Definito uranio naturale quel materiale avete lo 0,7% di U-235, possiamo definire anche uranio a basso arricchimento quello con U-235 < 20% e uranio ad alto arricchimento quello con U-235 in percentuali maggiori10.
L’impegno civile dedito alla produzione di energia elettrica sfrutta uranio con gradi di arricchimento bassi/moderati a seconda della tipologia di reattore: quella più diffusa, ossia quella ad acqua, sfrutta arricchimenti nell’ordine del 3%. L’impiego militare invece sfrutta uranio ad altissimo arricchimento, del 90% circa, per sfruttare al meglio il potere di creare una reazione a catena. La necessità di avere alti gradi di arricchimento trova spiegazione quando si osserva come avviene la fissione dell’atomo di uranio.
L’uranio 235, se colpito da un neutrone, diventa così instabile da non riuscire più a mantenere la compattezza del nucleo e si divide in Bario, elemento con 56 protoni, e Kripton, elemento con 36 protoni (infatti 56+36= 92, numero di protoni dell’uranio), più tre neutroni liberi che, a questo punto, andranno a colpire un altro atomo di uranio provocando la sua fissione e innescando una reazione a catena.
È pertanto chiara ora, essendo l’isotopo 235 la parte attiva nella reazione di fissione, la necessità di altissimi gradi di arricchimento per il combustibile destinato a scopi militari: una bassa concentrazione dello stesso rallenterebbe la diffusione della reazione nella massa fissile, con perdita di efficienza in termini di potenza liberata. Rallentamento che però, al contrario, risulta necessario in ambito civile dove è importantissimo tenere sotto controllo la reazione: per aiutare questo rallentamento si usano vari materiali, detti moderatori, che assorbono i neutroni in esubero per mantenere la reazione ad un livello di equilibrio. Tra gli elementi più utilizzati a questo scopo vi sono l’acqua e la grafite, quest’ultima resa famosa anche dalla serie TV Chernobyl sull’omonimo disastro nucleare11.
A seguito di questa reazione è rilasciata una grande quantità di energia, 8,3 miliardi di Joule per ogni grammo di materiale fissile, sotto varie forme. Tale energia, che in prima istanza si esprime come aumento della temperatura, è raccolta all’interno del reattore mediante il sistema di raffreddamento che, scaldando l’acqua, la porterà poi a trasformarsi in energia elettrica con l’ausilio di turbine a vapore. Ossia macchine che convertono gli elevati valori di temperatura e pressione del vapore in lavoro meccanico e quindi in energia elettrica che sarà consegnata, in definitiva, alla rete di distribuzione per l’uso civile e industriale.
Chissà che l’energia elettrica usata per alimentare il pc o smartphone con cui stiamo percorrendo questo breve viaggio dell’atomo non provenga proprio da qualche centrale nucleare del nord Europa. Fermarsi a pensare che, forse, un sasso di una qualche miniera kazaka, si sia convertito, a forza di arricchimenti e fissioni, nel nostro svago quotidiano, nel nostro lavoro e più in generale nella forza propulsiva del mondo moderno basato sull’elettricità, è profondamente affascinante. L’essere umano con la sua capacità di comprendere e assoggettare il mondo che lo circonda è riuscito, anche questa volta, a plasmare uno strumento potentissimo che se usato al meglio potrà essere fonte di benessere, in caso contrario sarà la tomba dell’uomo stesso. Ecco forse la prossima grande sfida.
di Tommaso Strada
Umpa Lumpa della scienza: triennale in meccanica al Politecnico di Milano e magistrale in Mechatronics a Bergamo. Da buon meccanico sono affascinato da qualsiasi cosa si muova, le auto sull’asfalto, gli aerei in cielo e le persone nella storia. Classe ’98, milanese, so meglio il dialetto dell’inglese, ma vivo troppo vicino a Busto Arsizio e così, tra le verdi brughiere, le verdi autostrade e il verde lega ho capito che le cose più belle sono quelle rosse. Anche se da daltonico quale sono, fatico un po’ a capire cos’è rosso e cos’è verde. Il Negroni no, quello è rosso sicuro.
Note
- https://www.ne.anl.gov/About/legacy/italnav.shtml
- https://cref.it/enrico-fermi-e-la-costruzione-della-prima-pila-atomica/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Chicago_Pile-1
- https://en.wikipedia.org/wiki/Chicago_Pile-1
- https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_nucleare
- https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_degli_ordigni_nucleari
- https://www.chimica-online.it/download/isotopi-idrogeno.htm
- https://material-properties.org/uranium-protons-neutrons-electrons-electron-configuration/
- https://en.wikipedia.org/wiki/Uranium-235
- https://it.wikipedia.org/wiki/Uranio_arricchito
- https://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_ad_acqua_leggera