Correva l’anno 2016 e Beyoncé si esibiva insieme alle The Chicks con il suo brano Daddy Lessons ai Country Music Awards. È stato subito paurosamente chiaro quanto la sua presenza in quel contesto non fosse gradita, di certo non per mancanza di competenza. Il doloroso messaggio: non c’è posto nel country per i neri, tantomeno per una donna. Avanti fino al 2024, anno in cui Beyoncé rilascia, piena di orgoglio, il suo primo album country intitolato COWBOY CARTER: Act II. Questo album arriva dopo lo straordinario successo del primo, RENAISSANCE: Act I, che fa parte di una trilogia di progetti discografici; non dimentichiamo, l’iconico tour mondiale in supporto ad esso. Queen Bey conduce il suo pubblico nel capitolo centrale del suo viaggio alla rivalsa dei generi e all’abbattimento di tutte le barriere.
COWBOY CARTER si apre con AMERIICAN REQUIEM (la doppia I non è un errore, ma una scelta stilistica a sottolineare che questo sia proprio l’atto II), il manifesto dell’intera opera: la sorprendente produzione musicale, che unisce country e rock con un risultato epico, rivendica tutta la fatica che Beyoncé ha dovuto fare per poter cantare le sue canzoni, dopo una capillare ricerca delle radici che la musica country affonda nella cultura nera degli Stati Uniti del sud. La grinta di quel They don’t, don’t know how hard I had to fight for this1 è commovente. Le sue intenzioni sono ancora più chiare in BLACKBIIRD, una cover del brano dei Beatles, inciso per dare speranza di poter “volare” agli oppressi, gli ultimi e i diversi. La traccia è interpretata insieme alle artiste country emergenti Tanner Adell, Brittney Spencer, Tiera Kennedy e Reyna Roberts; Beyoncé si erge a paladina di una nuova generazione di artiste country nere, legittimandole e dando loro visibilità, come ribadisce nel verso You were only waiting for this moment to arise2.
L’album segue un concept ben preciso: le sue tracce sono le canzoni trasmesse dalla fittizia KNTRY RADIO, i presentatori sono niente poco di meno che leggende del country, come Willie Nelson, Linda Martell e la strepitosa Dolly Parton, che anticipa in un interludio la cover della sua JOLENE, realizzata da Beyoncé. Ciononostante, il testo è stato alterato in maniera significativa per essere in linea con uno dei temi cardine dell’opera, ovvero i rapporti familiari dell’autrice. “Miss Honey B” medita sul suo ruolo di madre, figlia e moglie, diventando allo stesso tempo PROTECTOR e BODYGUARD, e descrive come abbia sognato di fare del male a quella “Jolene” che ha provato a rubarle il marito e a distruggerle il matrimonio. Dopo averla sentita cantare l’aria dell’opera italiana Caro Mio Ben nella meravigliosamente macabra DAUGHTER, non ci sono dubbi: JOLENE non avrà il coraggio di farsi sentire di nuovo.
Questa narrazione estremamente personale spicca nella sublime 16 CARRIAGES (una delle canzoni preferite del vostro autore, anche al di fuori del disco): una ballata dai toni solenni e un ritornello da brividi dipingono uno struggente quadro di resilienza generazionale, una celebrazione dei sacrifici e del duro lavoro che la cantante ha dovuto affrontare per costruire la sua carriera, rinunciando prematuramente ad un’innocenza che non avrà mai più indietro.
Non sarebbe un album di Queen Bey senza una buona dose di quel concetto impalpabile che il rapper Shaboozey, con cui Beyoncé collabora in SPAGHETTII, definisce simpaticamente That Beyoncé Virgo Shit3 (abbreviato in TBVS): messa da parte la solennità delle ballate più intime, Beyoncé è solita comporre canzoni in cui esorta i suoi ascoltatori a credere nella miglior versione di sé, considerandola come un esempio. Spesso, queste “iniezioni” di autostima sono trasmesse attraverso testi consapevolmente sgrammaticati, espliciti e squisitamente dritti al punto. Possiamo dire che il suo album precedente, RENAISSANCE, fosse praticamente un’ora intera di questo TBVS. Nel secondo atto, questa filosofia fa la sua comparsa prepotente nella geniale TYRANT, che combina un coro angelico con un beat trap e un fiddle4 per creare un ibrido sfacciatamente divertente.
A tal proposito, è impossibile non citare l’iconica TEXAS HOLD ‘EM, l’hit che ha reso Beyoncé la prima donna nera a raggiungere la prima posizione della classifica della Billboard Hot Country Songs5. È scientificamente provato che sia impossibile restare seduti (e di cattivo umore) durante l’ascolto, perché, ora del secondo ritornello, starete già cercando dove si comprano un cappello e degli stivali da cowboy. La scienza suggerisce che pure RIIVERDANCE faccia lo stesso effetto.
Nell’album non mancano affatto delle gloriose collaborazioni: II MOST WANTED è un duetto con Miley Cyrus, in cui le loro splendide voci si uniscono alla perfezione, senza prevaricarsi a vicenda, per osannare la forza di un’amicizia. La ciliegina sulla torta è l’interpolazione6 con la melodia dell’iconica Landslide dei Fleetwood Mac, scritta da Stevie Nicks. Neanche il tempo di apprezzare cosa abbiamo appena ascoltato che arriva LEVII’S JEANS con Post Malone: il testo tende verso il sopracitato TBVS; infatti, la passione di cui parlano è molto carnale, ma traspare in maniera molto naturale e sincera. L’arrangiamento avvolgente e le interpretazioni vocali di rilievo la rendono uno dei momenti più alti del disco.
Allacciamo le cinture per l’ultima parte dell’album, nonché la più movimentata, in cui le pause tra le tracce sono praticamente impercettibili (esattamente come in RENAISSANCE), un lavoro di produzione di gran classe che conferma la spettacolare coesione degli album di Beyoncé.
Tra queste spicca SWEET HONEY BUCKIIN’, probabilmente quella più particolare, senza ritornelli e semplicemente divisa in tre parti così diverse, ma capaci di coesistere magnificamente nello stesso brano. Il testo, in puro stile TBVS, ci fa partire da un rodeo in Texas fino a terminare in discoteca ad ascoltare RENAISSANCE con il cappello da cowboy che, presumibilmente, abbiamo comprato dopo aver sentito TEXAS HOLD ‘EM: la perfetta crasi dei due album, che unisce il country alla musica house. Una vera chicca, prima di essere colti completamente di sorpresa (per l’ennesima volta, ma non ci si fa mai l’abitudine!) con la traccia conclusiva in cui Beyoncé canta un vero e proprio inno pieno di vita e orgoglio, riprendendo la melodia e le parole della traccia di apertura.
Them old ideas are buried here7 canta la diva americana, dopo aver demolito una quantità, forse non ancora immaginabile, di barriere, spesso di matrice razziale, che ancora dividono il mondo della musica, piegando al suo volere i confini dei generi più disparati e facendoli coesistere anche nello spazio di un solo brano. COWBOY CARTER è già un classico al momento della sua uscita: un lavoro di magnifica fattura ed esecuzione, sorretto da una genuina rilevanza sociale e solenne dignità.
Parola di Beyoncé,
AMEN
- “Loro non sanno, non sanno quanto duramente ho dovuto lottare per questo”
- “Stavate solo aspettando questo momento per alzarvi”
- “La roba buona di Beyoncé, tipica di chi è del segno della Vergine”
- Uno strumento simile al violino, tipico del genere country.
- https://www.billboard.com/music/chart-beat/beyonce-texas-hold-em-number-1-hot-country-songs-chart-1235610582/
- In musica, si parla di “interpolazione” quando si inserisce in un brano un segmento che ha origine da un’altra canzone.
- “Quelle vecchie idee sono qui sepolte”
Matteo Mallia
Mi chiamo Matteo, mi vanto di essere nato in un anno con 3 zeri, frequento la facoltà di Ingegneria Fisica al Politecnico di Milano, fin da piccolo ho sviluppato un’inguaribile passione verso i libri. Amo la musica: mi piacciono solo le cantanti con il nome d’arte che inizia con la L (sta a voi indovinare!) ma la mia preferita è Taylor Swift. Non riesco a non dire la mia opinione su film e serie TV, non lo farò nemmeno questa volta.