Immaginate di trovarvi a Pittsburgh, Pennsylvania, nel 1885, e di leggere sul principale giornale della città, il Pittsburgh Dispatch, un articolo intitolato Per cosa sono buone le ragazze. In questo pezzo, l’autore critica aspramente le donne che cercano una fonte di sostentamento fuori casa, voltando le spalle al luogo a loro più consono, il focolare domestico.
Immaginate ora di essere una giovane donna, costretta da ristrettezze economiche ad abbandonare a sedici anni gli studi per divenire insegnante, e che vi capiti in mano un articolo del genere. L’indignazione che potrebbe suscitare in voi fu proprio il motore di Nellie Bly (pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran), che subito spedì al giornale la sua risposta in difesa delle lavoratrici, firmandosi “lonely orphan girl”, cioè “orfanella sola”. Il direttore del Dispatch, Robert Madden, fu talmente colpito da questa lettera di protesta e di denuncia che fece immediatamente pubblicare un annuncio per assumere la misteriosa orfanella, e dopo qualche giorno Elizabeth si presentò alla sua porta.
Nessun uomo all’epoca avrebbe immaginato che a scrivere così bene fosse stata una ragazza, ma Madden non volle rimangiarsi la parola e le offrì un posto stabile in redazione. Fu lui stesso a trovare per Elizabeth il suo celebre pseudonimo, ispirandosi al titolo di una canzone di Stephen Foster. Così, ad appena ventun anni, Nellie Bly iniziò la sua carriera. Nessuno avrebbe mai immaginato che una apparentemente insignificante orfanella avrebbe rivoluzionato il mondo del giornalismo, con la sua grande determinazione e voglia di cambiare le cose. Non a caso, grazie ai suoi sforzi e alla sua grande iniziativa, diverrà una delle migliori croniste di tutti i tempi.
Il posto al Dispatch le permise di condurre importanti inchieste sul mondo delle lavoratrici e si appassionò in fretta al giornalismo investigativo. Nel 1884, fu una delle poche a intervistare Belva Ann Lockwood, la prima donna candidata alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Ben presto, però, aumentarono le pressioni degli industriali, che non volevano che si occupasse di questioni sindacali e di lavoro; Madden relegò Bly alle pagine di costume, più adatte a una donna.
L’anno successivo, lei abbandonò il Dispatch e si trasferì a New York, nella speranza di ottenere un posto presso il New York World di Joseph Pulitzer, una delle più importanti testate dell’epoca. Pulitzer le propose di fingersi pazza per infiltrarsi nel reparto femminile dell’ospedale psichiatrico New York Mental Health Hospital di Blackwell’s Island (l’attuale Roosevelt Island, situata a nord-est di Manhattan), e di scrivere sulle condizioni delle pazienti.
L’idea funzionò alla perfezione: Bly prese una stanza in un dormitorio femminile e in pochi giorni riuscì a convincere il personale di essere malata di mente. Fu subito spedita a Blackwell’s Island a seguito del giudizio di un medico. La giornalista capì subito una cosa, una volta all’interno dell’ospedale: lì dentro chiunque, anche perfettamente sano, sarebbe potuto impazzire per colpa dei trattamenti che le pazienti ricevevano. L’inchiesta che poi venne pubblicata (nota con il nome del volume che ne fu tratto, Ten Days in a Mad-House) parlava chiaro: Bly definì il sanatorio “una trappola umana per topi. È facile entrare ma, una volta lì, è impossibile uscire”. Il cibo e l’igiene erano pessimi, i maltrattamenti costituivano la regola, e oltre a coloro realmente affette da patologie, si potevano trovare anche donne ripudiate dai familiari o emigrate, sane di mente ma sgradite alla società. Da quando Nellie entrò, si comportò in maniera del tutto razionale. Eppure, i medici non cambiarono parere sul suo stato mentale; fu necessario l’intervento dell’avvocato del World per tirarla fuori. L’inchiesta di Nellie Bly destò grande scalpore, tanto che furono presi provvedimenti e aumentate le sovvenzioni per migliorare lo status dei pazienti. Non solo: grazie a Ten Days in a Mad-House, “l’orfanella sola” era riuscita a fondare un nuovo genere di giornalismo, l’inchiesta sotto copertura, che diventò il suo marchio di fabbrica.
L’avventura nel manicomio, però, non fu la sua unica grande impresa: nel 1888, Bly accettò un’altra sfida da Pulitzer, che si ispirò al romanzo Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne e le propose di realizzare l’incredibile viaggio in meno di 80 giorni.
Nellie partì il 14 novembre 1889 da Hoboken, nel New Jersey, e arrivò il 25 gennaio 1890 a New York. Con sulle scarpe un totale di 40.000 chilometri, percorsi portando con sé solo due vestiti (ma dimenticando la macchina fotografica, con suo grande rammarico), rimise piede negli Stati Uniti dopo 72 giorni, non solo stravincendo la sua sfida, ma anche dimostrando al mondo intero che le donne erano e sono tuttora capaci di qualunque cosa. Fu la prima donna a viaggiare attorno al mondo senza essere accompagnata, visitando Europa, Giappone, Cina, Hong Kong e Sri Lanka.
Tra i suoi primati, anche quello di prima corrispondente di guerra donna, per testimoniare direttamente dalla trincea l’assurdità della Prima Guerra Mondiale. Parlò anche al Congresso delle suffragette del 1913, che riuniva le donne appartenenti al movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto per le donne. Si spense all’età di 57 anni, a causa di una polmonite. Poche settimane prima della sua scomparsa, lasciò detto: “Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò”.
di Vittoria Tosatto
Sono Vittoria Tosatto e frequento il primo anno di Lingue Comunicazione e Media all’Università Cattolica di Milano. Ho tante passioni, come il cinema, l’arte, la musica, il teatro, e spero di farvene innamorare. Il mio tema principale però sono le donne: parlerò della vita di importanti figure femminili, per rivendicare il loro posto nella storia e dare luce ai loro meriti.
Interessantissimo articolo, mi ha fatto scoprire una storia straordinaria, che non conoscevo. Lo stile preciso, ma mai pedante lo rende una piacevolissima lettura. Grazie!